Il «clan di Rumano» Dai tortellini al «Mulino»

clan di Rumano TUTTI GLI UOMINI DEL VINCITORE clan di Rumano » tortellini al «Mulino» E ROMA dunque: oratori, cascine e centri studi. Famiglione e Partecipazioni Statali, un po' di fitness e parecchia università, con le dovute nostalgie goliardiche, rinverdite a più riprese da loquacissimi ex colleghi di gavettoni e papiri. Scienze sociali americaneggianti, poi, e lambnisco emiliano servito in caraffe di coccio. E piccoli imprenditori, malinconici cantautori, inorotei inconsolabili, testimonial inevitabili, ciclisti ed autisti... Il mondo di Prodi, già ampiamente illustrato in pillole giornalistiche con i suoi oggetti di culto, i suoi feticci di riconoscibilità sempre più immediata, dall'Ulivo al pullman, dal tortellino al Mulino. E quindi l'universo sociale del nuovo leader, oggi analizzato a seconda delle varie cerchie di frequentazione: congiunti, maestri, allievi, direttori spirituali, sponsor, consiglieri, sherpa, amici, fornitori e giù fino al barman Ladislao, logico contraltare del cuoco berlusconiano, perché la politica e la comunicazione sono fatte così, non solo hanno un bisogno spasmodico di facce, ma paiono anche di bocca buona. Anche per questo varrà la pena di dire subito che il guardaspalle prodiano, naturalmente grosso, mite e inflessibile fin dai tempi dell'Ili, si chiama Franco Azzi. E che il leggendario autista (25 mila km concentrati in tre mesi), già celebrato con servizi e corredi iconografici, ha nome Fabrizio Cotti. Per puro scrupolo, intanto, si può aggiungere che a fatica il medico personale, Franco Marchesini, ha convinto il futuro presidente del Consiglio a mangiare prima e non dopo i dibattiti. E che la sua anima è in parte affidata al parroco di San Bartolomeo, monsignor Gherardi, che gli donò un antico emblema arboreo con il motto <<Sicut oliva fructifera in domo Domini». Con il che, per il momento - ma attenzione: non è che l'inizio - deve considerarsi esaurito il giro addetto alla pubblica intimità e alla sicurez za, anche spirituale, del leader. Ro mano Prodi, infatti - e di questo gli si può essere grati - non dispone di maggiordomo, né di arredatore, né di preparatore atletico. Ma l'addetta all'immagine, quella sì: è arriva ta nel mezzo della campagna con l'idea di fare un film sul Professore - per le immagini il fotografo Rebeschini ha già pubblicato un libro ed è poi rimasta a dare utili consigli. Si chiama Nene Grignaffini, viene dal cinema militante, ma merita una menzione anche perché, insie me alla signora Flavia - che non do veva «esistere» e poi, per fortuna, è esistita - e alla segretaria Daniela Flamini, è l'unica donna di un am biente quasi totalmente maschile. Così, sia pure per negazione, l'assenza di donne è a suo modo un rimarchevole elemento distintivo del prodismo. Un'altra caratteristica che spicca, per quel che vale in politica, è un bel deficit di cultura umanistica. Il Prof e i suoi non mostra¬ no alcuna passione per la letteratura. L'unico accostamento tra Prodi e un romanzo si è verificato alla presentazione de II ritomo di Andrea, opera del direttore generale dell'Iri Enrico Micheli. Ma qui, più che le lettere, era il mondo delle Parteciuazioni Statali che si auto- rappresentava nel prodismo. Parecchi dei suoi seguaci sono infatti cresciuti e maturati nel palazzone di via Veneto, negli anni detti «del Viet Nani», a contatto con un potere più tecnicamente celato, ma non per questo meno consistente e a suo modo spietato. Dall'Iri viene, ad esempio, il portavoce Silvio Sircana, che si è presentato per la prima volta al grande pubblico negando con comprensibile risolutezza che tra i suoi compiti ci sia quello di mettere calze di nylon sulle telecamere, approntare «tomi rilegati sulla scrivania del capo» prima delle ripreso, consigliare tinture di capelli e così via. Allìri lavora Alessandro Ovi, l'amico e concittadino esperto di tecnologie. All'Iri si è fatto le ossa Massùno Ponzellini, ora alla Bei, figlio di amici industriali dell'Emilia. Quest'ultimo particolare non va trascurato. Se il presidente Andreotti, come si ricorderà, si tirava dietro Ciarrapico con le sue acque minerali (e altro); se il governo Craxi portava con sé, anche a livello d'immagine, gli stilisti e Berlusconi: e Berlusconi, ima volta raggiunto Palazzo Chigi, promuoveva se stesso come presidente del Milan e tycoon televisivo, ecco, il riferimento imprenditoriale, il circuito produttivo di cui Prodi sembra fautore e perfino espressione è senz'altro quello dei piccoli e medi industriali della sua terra. Vale a dire i Seragnoli (inacetirne impacchettatrici), gli Hilbe (componenti per autoveicoli: è lui che ha rimediato il famoso pullman), i Masotti (intimo e costumi La Perla), i Guidi (trattori e motori), i Possati (sistemi di controllo qualità), i Volta (elettronica), i Fochi (impiantistica), i Ponzellini-Castelli, appunto (mobili), i Mascagni (sempre mobili), i Minozzi e Morazzi (piastrelle). A tutti loro, da anni, Prodi ha offerto consigli e incoraggiamenti pure attraverso Nomisma, quella sorta di laboratorio di idee e ricerche che nel coreo dell'ultimo anno i nemici politici del Prof hanno analizzato con cura, alla ricerca di eventuali impicci e trappolette. Per la verità - a parte qualche bulla analisi sull'accoppiamento degli asini in Somalia - non haimo trovato un granché. E tuttavia, concentrati com'erano su Balanzone e sull'uomo-mortadella, hanno forse sottovalutato i 93 azionisti di Nomisma, tra cui la Banque Paribas, la Banque Nationale de Paris, l'inglese Schroder, il Banco Bittiao Vizcaya. Istituzioni finanziarie - Prodi è stato consulente della Goldman Sachs - che danno un po' l'idea dei contatti intemazionali. Il problema di Nomisma, semmai, è che è stata impoverita dalla scelta politica del suo fondatore. Direttore del think-iank era Giovanni Pecci, un avventuroso quarantenne (ha fatto il bombolaro, il tour operator, il pollivendolo e il marine) che si è sobbarcato l'organizzazione dei comitati. Se Prodi, per mestiere oltre che per vocazione, offriva suggerimenti, c'è anche da dire che una volta entrato in campo ne ha certamente ricevuti da amici, allievi e colleghi delle facoltà: Zamagni, Mosconi, Bianchi, Tantazzi, Gobbo. C'è poi il gruppo dei professori del Mulmo (tra cui Pasquino e Pedrazzi) e il cenacolo milanese del collegio Augustinianum (Treu, Flick, Balboni, Morese, Manghi). Completano il network, elencandoli un po' alla rinfusa e senza tener conto del grado d'mfluenza che continueranno ad esercitare sul prossimo presidente: Arturo Parisi, politologo amico di Segni, Giancarlo Bressa, già smdaco di Belluno, il prete antidroga Luigi Ciotti, il pietre israelita Luciano Segre, Bachelet, Lombardi, De Rita e Scoppola. Dossetti, infine, rappresenta per il leader un passato da non dimenticare, Andreatta 0 presente. Il futuro del prodismo si vedrà. La speranza, una volta insediatosi a Palazzo Chigi, è che, sia pure opposto alla monarchia aziendale di Berlusconi, non finisca per seguire le tracce della gens andreottiana, della tribù craxiana e anche del clan avellinese di De Mita. Filippo Ceccarelli Ppi e Quercia puntano alla presidenza del Senato In lizza Elia e Salvi a a e r a o a : o l i a o i I A e e tle niri. ti, in noenhe eiù n, di er, anpia, an clan di Rumtortellini al «MFoto grande: Romano Prodi in bicicletta Qui accanto: Giuseppe De Rita e Nino Andreatta Da sin. Gianfranco Pasquino e Bruno Manghi Qui sotto: la conferenza stampa di Prodi e Veltroni Foto grande: Romano Prodi in bicicletta Qui accanto: Giuseppe De Rita e Nino Andreatta

Luoghi citati: Belluno, Emilia, Roma, Somalia