Londra contro l'Ue: giocheremo duro e sporco

Bando alla carne e ad altri prodotti alimentari europei se non verrà revocato il divieto all'export inglese Bando alla carne e ad altri prodotti alimentari europei se non verrà revocato il divieto all'export inglese Londra contro Pile: giocheremo duro e sporco Major minaccia una guerra commerciale sul dossier «mucche pazze» LONDRA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Dopo le invettive, la guerra. Una guerra commerciale, in diretta replica al blocco dell'export bovino, è la risposta che Londra ha in animo in un crescente afflato anti-europeo. Dopo avere dato delle «merde» ai suoi colleghi europei, colpevoli di non aver voluto abolire il bando entro la fine del mese, il primo ministro John Major sta discutendo con i suoi ministri come replicare a Bruxelles. La filosofia del «pan per focaccia» fa proseliti e lo stesso ministro degli Esteri Malcolm Rifkind, ieri a Lussemburgo per una riunione dei Quindici, ha indirettamente confermato l'ipotesi di una ritorsione britannica. «Non lo escludo», ha detto Rifkind ai giornalisti: «Puntiamo a una rapida decisione di revoca dell'embargo contro la nostra carne bovina e inevitabilmente, se questo non avverrà, considereremo altre opzioni». Le voci che circolano a Londra non hanno avuto finora conferma ufficiale, ma uno dei ministri di Ma¬ jor - Gillian Shephard, la responsabile della Pubblica Istruzione ha rifiutato di smentirle. «L'Furopa - ha detto - sa che facciamo sul serio». I leader dell'Unione europea, ha aggiunto, devono prendere atto della «realtà scientifica»; e cioè che le bistecche britanniche non sono pericolose. Che cosa potrebbe colpire la «guerra»? Anzitutto la carne. Quelli del continente bloccano i prodotti agro-alimentari italiani e tedeschi. Il governo, ha detto un anonimo ministro al Daily Telegraph, ha cercato senza successo di rispettare le regole del gioco: ora è venuto il momento di «giocare duro e sporco». Né Major può tirarsi indietro. A un anno dalla data entro la quale deve indire le elezioni politiche la sua posizione è sempre più fragile: non solo nello scontro diretto con l'opposizione laborista, che secondo i sondaggi mantiene un cospicuo vantaggio, ma anche all'interno del suo partito. I Tories sono divisi e gli euroscettici diventano sempre più numerosi. Non è allindi unicamente il timore di perdere i voti della comunità agricola a spingere Major sul sentiero di guerra, ma anche l'esigenza di mantenere l'unità del partito, di soddisfare la destra anticomunitaria e i suoi leader, che non molti mesi fa egli aveva sprezzantemente definito «i bastardi». Da John Redwood, che l'estate scorsa lo aveva sfidato per la leadership conservatrice, a Nor¬ man Lamont, l'ex cancelliere silurato proprio per il suo euroscetticismo, vengono le maggiori minacce, polarizzate in questi giorni attorno a sir James Goldsmith, il miliardario che ha fondato il «partito del referendum» e che da posizioni anticomunitarie intende sfidare Major alle prossime elezioni (senza alcuna speranza di vittoria, ma con abbastanza seguito da togliere voti ai Tories). Goldsmith sostiene che bisogna rivolgere agli inglesi una semplice domanda: «Chi governa la Gran Bretagna? Westminster o Bruxelles?». Redwood non ha dubbi che, nel clima di crescente insofferenza britannica per l'erosione di sovranità dovuta al processo d'integrazione europea, vincerebbe il partito contrario al super Stato e ai diktat europei Proprio per far tacere la frangia, estrema e pericolosa, Major fa la voce grossa con Bruxelles. Ma è davvero disposto alla crisi diplomatica che la sua guerra com merciale scatenerebbe? l'Irpef (5500 miliardi in più nei prossimi 5 anni), il 15 per cento dell'Iva e delle tasse speciali (tabacco ed alcolici), 2500 miliardi del «debito storico», investimenti statali pari a mille miliardi. Ma il «Molt President» vuole anche che Aznar riconosca la Catalogna come nazione, che Madrid non interferisca nella iperpolemica legge sulla «immersione linguistica» (catalano obbli¬ gatorio dai 5 anni, spagnolo dagli 8), che Barcellona possa gestire porti, aeroporti ed autostrade. Dulcis in fundo, nientemeno che la «Guardia Civil», in un futuro non troppo lontano, faccia le valigie e che, in sei anni, l'esercito di leva venga abolito. Le più che esose richieste di CiU, che si è permessa persino il lusso di rivendicare «un federalismo asimmetrico, uno statuto speciale simile a quello del canadese Quebec», trovano in Aznar, fino al 3 marzo strenuo alfiere del centralismo anticatalanista, un acquiescente vassallo. «(Aznar è disposto a cedere tutto ciò che gli chiede Pujol pur di arrivare al potere», accusano i socialisti, che piegarono i catalani in soli 23 giorni cedendo, al confronto, briciole. Persino «El Mundo», antiso¬ GRAN BRETAGNA