E Romano torna il Re nel mondo dei boiardi di Fabiano Fabiani

E Romano torna il Re nel mondo dei boiardi E Romano torna il Re nel mondo dei boiardi A sinistra: Ernesto Pascale A destra: Fabiano Fabiani ed Ettore Bernabei Tra gli amici del Professore Ciò, Sarcinelli Fabiani e il presidente dell'Eni Bernabò Tempi difficili per Valori e Pascale quell'ingenuo Balanzone, avevano riversato quintali di ironia e di sarcasmo. Quante volte, nei palazzi romani, abbiamo sentito i vecchi e i nuovi boiardi sussurrare l'immancabile «hai visto Romano, ieri sera in tv? Che delusione...». E al contrario, specialmente all'inizio della campagna elettorale, fiorivano i peana per il Polo, e soprattutto per An, la grande «nutrice» dei nuovi statalisti. C'erano i presunti «schierati». Valori, appunto, ma poi anche e soprattutto i manager delle telecomunicazioni, da mesi pressati tra l'imperativo categorico delle privatizzazioni veloci e quello de¬ gli «spezzatini» industriali. Primo tra tutti, Ernesto Pascale, amministratore delegato della Stet. «Ma non è vero - ha sempre negato - noi manager pubbhci parhamo con tutti, ho avuto incontri anche con Armando Cossutta...». E però i gossip su «Ernestone», abilissimo John Wayne delle telecomunicazioni, erano ricorrenti. «Ma sì, che c'è un feeling tra An e la Stet», confidava poco dopo lo scioglimento delle Camere Sante Perticaro del Ccd, ex presidente della Commissione trasporti e telecomunicazioni ed esperto, per averla subita, di lobbying parlaI mentare. Un feeling che poi s'era allargato anche a Francesco Chirichigno, amministratore di Telecom Italia, «sorpreso» una volta tra i discreti drappeggi di «George V», esclusivo ristorante romano, a tavola col solito Gasparri. Persino il riservatissimo Michele Tedeschi - riferiscono le voci di Palazzo - doveva aver colto, nella cautela di An sulle dismissioni, un'opportunità per tentar di portare avanti il suo pur nobile progetto di sopravvivenza dell'Iri, come una Treuhandstalt italiana, agenzia pubblica per le privatizzazioni grandi e piccole, comprese le municipahzzate. E persino Franco Viezzoli, presidente inquisito dell'Enel, uno degli storici «Alani» dell'Iri dei tempi d'oro, ha rischiato di farsi irretire dal canto delle sirene di Arcore, che pare gh avessero offerto una candidatura. E poi c'erano gh equilibristi. Come Lorenzo Necci, amministratore delegato delle Ferrovie, che pur senza abbracciare mai la Sinistra, poco prima di Pasqua ci confessava pensoso, nel suo studio di piazza della Croce Rossa, che in realtà «Berlusconi bada solo ai suoi interessi personali, mentre An marcia verso una deriva populista pericolosissima...». O come Fabiano Fabiani, presidente di Finmeccanica e amico di Prodi - fin da quando trattarono insieme, nel giugno dell'86, la vendita dell'Alfa Romeo alla Fiat, con Tramontana, Romiti e Gradella che oggi è un convinto assertore della necessità che il manager pubblico interloquisca con tutto l'arco costituzionale. Schierati, equilibristi... Comunque tutti, in questi ultimi giorni, da bravi «Re» calviniani cultori del potere e rimasti davvero in ascolto costante e ossessivo, avevano alla fine in qualche modo captato il lontano tam tam dei sondaggi, che davano l'Ulivo in forte ripresa. Così, in ordine sparso, hanno tentato l'estrema «virata». E allora, dopo gh squilli in via dell'Anima o in via della Scrofa, ha ripreso a trillare anche il telefono di largo de' Brazzà, sede dei Comitati Prodi. «E il Professore nelle ultime settimane - confidano i suoi collaboratori - se li è ripassati a cena un po' tutti...». Chissà se questo avrà placato almeno in parte le ansie di ogni grande e potente Boiardo. Che è un Re, sì, ma è prigioniero: «Ogni tuo tentativo di uscire fuori dalla gabbia - scriveva Calvino - è destinato a fallire: è inutile cercare te stesso in un mondo che non ti appartiene, che forse non esiste. Per te c'è solo il Palazzo...».

Luoghi citati: Arcore