La prima volta, 50 anni dopo Foa: ma questa non è la sinistra di un tempo di Vittorio Foa

La prima volta,, 50 anni dopo EREDI DEL PCI AL POTERE La prima volta,, 50 anni dopo Foa: ma questa non è la sinistra di un tempo LROMA A prima volta. «Erano cinquant'anni che aspettavo questo momento», sospira Vittorio Foa. «Una novità assoluta, un vero e proprio passaggio d'epoca», sentenzia Stefano Rodotà. La prima volta, il momento particolare, la novità assoluta sono quelle degli eredi del pei che assumono responsabilità di governo sull'onda di un esplicito mandato elettorale. Un tabù storico violato. Una precondizione della politica italiana, quella che i politologi definivano conventio ad excludendum nei confronti di un pei condannato per definizione a non governare mai in un Paese dell'Occidente come l'Italia, definitivamente consegnata al museo del passato, assieme ai cocci del muro di Berlino. Un Paese spaccato a metà, anche nella percezione del passato. Per il centro-destra la sinistra ha governato più o menò da sempre. Surrettiziamente e obliquamente, ma pur sempre ha governato grazie al «consociativismo», alla concertazione col sindacato, alle regioni rosse, alla lottizzazione, all'«egemonia culturale». Per la sinistra emotivamente legata al pds, la sinistra, invece, non ha governato proprio mai. Alberto Asor Rosa, recentemente, ha rievocato l'«utopia» mai realizzata della «cultura progressi¬ va» sempre tenuta fuori dalle porte del governo. Un intero mondo si è rappresentato come un microcosmo condannato per sempre all'opposizione. E Michele Serra, sull' Unità, ha inviato un saluto augurale ai «vecchi compagni» che alle elezioni non hanno vinto mai. E che adesso, 21 aprile 1996, hanno portato il loro partito il partito nei paraggi di Palazzo Chigi. La prima volta della sinistra. Certo, anche i socialisti erano sinistra, il centro-sinistra non si è chiamato così per scherzo e Craxi non ha mai accettato l'estromissione dalla sinistra decretato dai suoi cugini-nemici del pei. Fatto sta che la parte maggioritaria della sinistra, quella che non conosceva suoi rappresentanti al governo dai tempi di Togliatti e di Scoccimarro subito dopo la Liberazione, non aveva mai assaporato l'emozione di una vittoria elettorale che ha come conseguenza logica e naturale l'ingresso nel governo. Si riuniva sotto Botteghe Oscure a sventolare le bandiere, ritmava slogan che suonavano promesse come «è ora, è ora, è ora di cambiare/il picei deve governare» quando il gruppo dirigente del partito si mostrava con Enrico Berlinguer dal balcone comunista. Ma persino nel 1976, nel momento di maggior successo elettorale del partito, il governo appariva una chimera, tanto da inaugurare la stagione della «solidarietà nazionale» con l'ingresso nella maggioranza ma non nella stanza dei bottoni saldamente presidiata dalla de. Oppure il pei, trasformato in pds, ha vissuto l'esperienza del governo per procura, come con Ciampi e con Dini. Ma nulla di più. «E soprattutto», aggiunge Rodotà, «senza una formale assunzione di responsabilità, senza che che ci fosse l'imputazione formale delle decisioni. Oggi è tutto diverso». Ed è diverso, prosegue Rodotà, l'ingresso nel governo dalla porta principale dall'esercizio di «forte influenza sulle decisioni parlamentari» che alimenta lo spauracchio consociativo agitato dal centro-destra quando parla di un pci-pds che avrebbe sempre e ininterrottamente «governato». Ora, dopo cinquant'anni di «speranze frustrate», puntualizza Vittorio Foa, «siamo alla svolta»: «Con l'avvertenza, però, che questa sinistra che va a governare dopo un successo elettorale non è più la sinistra di una volta. E' un'altra cosa grazie al suo rapporto con il Centro, grazie al suo farsi carico dei problemi degli altri». Certo, per quanto diversa, è pur sempre la stessa sinistra, si è lasciato sfuggire in un momento di euforia Luigi Berlin¬ guer improvvisamente insensibile verso la storia e le ragioni di un alleato come Gerardo Bianco, che attende da «una quarantina d'anni» il suo momento. E' la sinistra che ha combattuto per tutto il dopoguerra con il dèmone della «delegittimazione»: delegittimazione a governare, delegittimazione all'interno di un elettorato che comunque, strappo o non strappo, non ha mai voluto sapere di fidarsi e mandare i comunisti al governo. Da qui, secondo Rodotà, una «ricerca quasi ossessiva di legittimazione che tra l'altro è all'origine di quel coinvolgimento obliquo nei meccanismi della decisione che va sotto il nome di consociativismo». Un'ossessione che probabilmente è finita una volta per tutte con la scelta di un leader rassicurante, ed estraneo alla storia del pei, come Prodi. Una «novità assoluta». Pierluigi Battista Rodotà: un vero passaggio d'epoca Una novità assoluta E Michele Serra manda un augurio ai compagni «che non hanno vinto mai» Vittorio Foa Simpatizzanti pds con una foto di Enrico Berlinguer A ds. Stefano Rodotà

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