Funerali con rinoceronti di Sabatino Moscati
Un raro manoscritto cambogiano Un raro manoscritto cambogiano Funerali con rinoceronti t IL re è morto, viva il re! I Nelle remote terre della I Cambogia, sull'angolo I meridionale del conti_*J nente asiatico, si snoda il sontuoso corteo funebre in onore del sovrano scomparso. Ed ecco, tra lo stupore degli astanti, avanzare una serie di animali in gran parte favolosi e mai visti in natura: l'uccello elefante e l'uccello leone, il cavallo coccodrillo e la scimmia alata, il cigno cavallo e la scimmia cervo, la tigre alata e il leone cavallo, la tigre leone e il leone vacca... Perché è stata organizzata questa cerimonia immaginifica, della quale abbiamo notizia almeno per due secoli, dal Seicento all'Ottocento, ma che certo rimonta assai più indietro nel tempo? Chi sono gli esseri favolosi? E perché ne è stata immor talata l'immagine in un prezioso manoscritto che tutti possono vedere oggi al Cesmeo di Torino e che è stato elegantemente edito dallo stesso Cesmeo, con contributi di studiosi stranieri insigni quali Jean Boisselier e Khaisri Sri-Aroon? Si tratta, senza dubbio, di un rito della religione buddhista. Il sovrano muore e deve essere cremato; ma la sua appartenenza al mondo superiore, la sua universalità viene celebrata dal corteo che lo accompagna, in cui il surreale ha un evidente predominio. E il surreale è espresso da quegli esseri che, per generale convinzione, scendono nella circostanza dalle vicine, impervie montagne dell'Himalaya. Là nessuno può arrivare a vederli; e dunque la fantasia si sbriglia libera, lussureggiante neL riprodurre le immagini. Ma il passaggio dalla realtà alla fantasia è pure evidente. All'inizio della processione, alcuni animali sono di tipi presenti nella realtà: il rinoceronte, il cavallo, l'elefante... E dunque il corteo esprime quasi un'evoluzione, quasi un riconoscimento di ciò che esiste in natura, insieme all'affermazione che il naturale deve essere superato da ciò che è meno visibile, ma più profondamente e durevolmente vero. D'altronde, che gli animali veri o fantastici siano rappresentati per la processione, e come parte di essa, è subito chiaro quando si osserva che poggiano su un piedistallo, destinato a scorrere su un supporto di ruote, e che sostengono sul dorso una specie di baldacchino, inteso a contenere sia il fuoco sacro sia le offerte del sovrano regnante, in particolare le vesti destinate ai sacerdoti che partecipano alla cerimonia. Quando l'equilibrio della figura è precario, si aggiunge nella parte anteriore il sostegno di una canna o bastone elegantemente decorato da motivi ornamentali. Una curiosità significativa concerne il baldacchino. L'osservatore attento noterà che ve ne sono di due tipi, nettamente diversi tra loro: il primo, più diffuso, ha la forma di un obelisco con lungo pinnacolo a punta; il secondo, meno diffuso, è coperto da una cupola a campana. Non si tratta di varianti dovute semplicemente alla libertà degli artisti, bensì dell'indizio di due diverse correnti etniche e religiose che confluiscono nel rituale: la prima è quella propriamente thailandese, la seconda deriva dall'apporto di una tradizione chiese e vietnamita. Ma il discorso sulle componenti storiche che confluiscono nel rito porterebbe lontano, sicché conviene concentrarsi, da ultimo, sul suo destino. Nel 1882 il re della Cambogia Rama V decide di abolire la cerimonia, nel quadro di un programma di modernizzazione dello Stato. Non è, pur strano che sembri, la negazione del passato, verso il quale anzi Rama V si mostra nei suoi scritti particolarmente devoto; è, invece, il volontario sacrificio di una manifestazione esteriore soipassata (o almeno ritenuta tale) per far accedere il regno al rango di nazione moderna. Sull'esito della decisione, si può discutere; ma in ogni caso era destino che i mostri dell'Himalaya tornassero prima o poi tra le loro montagne impervie, dove sarebbero rimasti per sempre. Sabatino Moscati
Persone citate: Jean Boisselier, Rama V
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