Il padrone di Hollywood? Era un prete irlandese

Il padrone di Hollywood? Era un prete irlandese Il padrone di Hollywood? Era un prete irlandese m| LONDRA ili ROVATEMI padre Devlin» era l'invocazione che risuonava, puntuale ±Je smozzicata come una giaculatoria, per gli uffici dei produttori di Hollywood negli anni intorno a Via col vento. Il prete irlandese era il potente capo della Legion of Decency di Los Angeles, in grado di seminare panico negli studios con lo spauracchio del Codice di Produzione, il famoso codice Hays. Quel temutissimo decalogo di nonne morali sull'«intrattenimento corretto» era tagliato su misura della Chiesa cattolica, ovvero del «più potente gruppo di pressione sull'industria cinematografica»: dopo aver condannato i pantaloni di Greta Garho come «perversi», vedeva il peccato occhieggiare dal sovrabbondante décolleté di Jane Russell. Ma la Legione nazionale (piìi che altro, un manipolo di sacerdoti e pie dame) non si limitava a diffidare i fedeli dal pulpito: le fiamme dell'inferno le combatteva con gli estintori dell'insuccesso commerciale. Entrava in sala di montaggio imponendo tagli a destra e a manca, consigliava di buttare interi copioni nell'inceneritore, incrociava le armi sulle battute degli attori: David 0. Selznick, l'osso più duro fra i produttori, dovette sudare sette camicie per far passare l'ultima strafottente battuta di Rhett Butler che lascia Rossella: «Francamente, cara, non me ne importa un accidente». Se fosse stato per la Legione, sarebbe uscito di scena con un: «Non me ne curo». Lo spettro di una condanna in tronco dei cattolici era l'incubo dei grandi studios, i quali preferivano persuadere il regista a sforbiciare metri di pellicola o persino a rigirare intere scene. Le bordate d'incenso si sentivano acutamente al botteghino. Sin and censorship. The Catholic Church and the Motion Picture Industry (Peccato e censura. La Chiesa cattolica e l'industria cinematografica), appena uscito in Inghilterra e America da Yale University Press, racconta la storia di quelle pressioni. L'autore, Frank Walsh, scopre le carte fin dall'introduzione quando dice che il suo libro dovrebbe servire da monito a quelli che oggi vorrebbero un revival della Legione per depurare gli schermi da sesso e violenza: «A volte la cura può essere peggio della malattia». L'arrembaggio dei padri irlandesi a Hollywood divenne realtà nel 1930, quando su intervento del cardinale di hicago George Mundelein i produttori accettarono di non rappresentare «l'amore impuro in modo attraente», e neppure «tecniche omicide» che potessero ispirare imitazione. Proibitissimi anche il bacio francese, le malattie veneree, la droga e l'aborto. Ecco perché L'amante inserì tra le labbra crudeli di Joan Cravvford una goffa apologia dell'amore coniugale; in realtà, il suo personaggio era l'amante impenitente dell'aspirante politico Clark Gable. Stesso trattamento per la fatale Marlene Dietrich, il cui Capriccio spagnolo fu approvato soltanto quando gli sceneggiatori acconsentirono a farle abbandonare in extremis la strada della perdizione. Non c'era da scherzare: il trasgressore Cecil De Mille fu inchiodato al suo II segno della Croce per avervi inserito «una danza indecente». Aiche le scene di parto erano bandite dal Codice: «Sempre timorosa che le doglie dissuadessero qualche spettatrice dalla maternità o incoraggiassero la contraccezione», la Legione permise di malumore a Selznick di mantenere soltanto qualche allusiva goccia di sudore sulla fronte della puerpera Melania in Via col vento: ogni convulsione troppo realistica dovette essere troncata di netto. A sinistra, Joan Crawford; in basso, una scena di «Via col vento»; qui accanto, Marlene Dietrich; in alto, Greca Garbo IL CASO. Un critico inglese spiega i rapporti fra Chiesa e cinema

Luoghi citati: America, Hollywood, Inghilterra, Londra, Los Angeles