«La mia vita in bilico tra eroina e biberon»

«La mia vita in bilico tra eroina e biberon» «Sono diventata madre prendendo il metadone, quando il bimbo piangeva era un incubo» «La mia vita in bilico tra eroina e biberon» PAPA' E MAMMA DROGATI ALESSANDRIA DAL NOSTRO INVIATO «Un bambino... la droga... un bambino in coma per colpa dei genitori drogati. Subito la notizia non l'ho capita bene, perché eravamo in un bar a mangiare un panino. Ma poi sì che l'ho capita: un bambino drogato dai genitori. Anzi, 'ano a Roma e l'altro al Sud. Ecco, hi quel momento, appoggiata li al bancone dei tramezzini, io ho pensato che se nessuno mi avesse aiutata, forse anche io avrei rischiato qualcosa del genere». Anna ha trontadue anni, una bella camicetta bianca e blu, gli orecchini di perle e sulle spalle quel che si dice un passato di tossicodipendenza. Un passato pesante pesante, anni di eroina, e spacciatori, e buchi nel braccio, e star male come delle bestie quando si è senza dose, e star benissimo subito dopo averla fatta, ma con già il pensiero alla prossima. E via così, quelle storie che tutti sappiamo perché le abbiamo sentite raccontare e le abbiamo lette, o perché le abbiamo vissute. Ma la storia di Anna, e di Marco, che è il suo compagno da dieci anni, e la storia di Giusy e di Arturo, marito e moglie, hanno una cosa in più: figli, bambini nati «durante il periodo in cui ci facevamo», cioè comprare pannolini e eroina, preparare la pappa e prepararsi la dose, la siringa della vaccinazione e quelle nascoste nel bagno, in alto, là dove le mani di Federico e di Deborah non possono arrivare. Giusy e Arturo vivono a Murisengo alla Cascina Abele, cinquanta chilometri da Torino, persa nel verde tenero di questa primavera, da otto anni il cuore di un esperimento su cui nessuno avrebbe scommesso una lira, tranne don Luigi Ciotti e i suoi. Arrivi in cima alla collina ed eccola, la «comunità per coppie» e relativi bambini, vale a dire che se una volta tutti pensavano che marito e moglie tossici andavano sempre divisi, e i figli andavano subito dati in affidamento, poi c'è stato chi ha pensato di tenere tutti insieme. Sempre che loro lo vogliano, sempre che ci siano le condizioni perché quei bambini possano crescere bene, sempre che il tribunale dei minori dica che si può fare. E otto anni fa 0 tribunale dei minori di Torino ha detto che si poteva. Così alcune coppie, sposati e non, han chiesto di salire a Murisengo, e lì hanno cominciato il loro percorso. «E' dura, eh. Non ti credere che qui sia l'isola felice», dice imo, tanto per fare subito fuori le retoriche. La comunità felice, la vecchia fattoria, i bambini che giocano in cortile tra i polli e dentro i genitori che parlane con lo psicologo e, quando escono, sono guariti. Arturo ha imparato un mestiere, restauratore di mobili: svernicia e stucca, vernicia e tira a cera i mobili. Giusy, 22 anni, sta imparando a fare le imbottiture, a impagliare le sedie. Deborah ha quattro anni, va all'asilo, impara a giocare. Poi andrà a scuola in paese, con il pulmino giallo, e poi un giorno i suoi genitori si sentiranno pronti per uscire dalia comunità, e la porteranno in un'altra casa. Anna e Marco invece qualcosa hanno già imparato: «a sentirsi liberi, ma davvero. A non dipendere più dalla roba, a svegliarsi al mattino senza più quel peso addosso». E un mestiere, e ad essere responsabili, e ad essere genitori. Federico ha sei anni, entra di corsa e dice «mamma posso andare con gli altri?» e già scappa via, giù per la stradina. In questa cascina ci ha vissuto per anni, «siamo arrivati che aveva 11 mesi, un giorno che io ho realizzato nella mia testa una cosa fondamentale: sono una tossica, e così non posso più andare avanti». Anna dice: «Quando sono rimasta incinta io e lui abbiamo detto che dovevamo smettere, ma poi finiva che stavamo senza dal lunedì al venerdì sera, e nel week end ci facevamo. Poi è nato 0 bambino. Pensavo di aver fatto una gravidanza splendida, per anni ho rimosso tutto il negativo di quel periodo. Balle. Era una gravidanza con il Metadone. E comunque Federico era nato. Io ero contenta. Ma, e riesco a dirlo solo adesso, ero felice perché avevo un bel bambolotto. Ma quando piangeva era solo una rottura di scatole. Se cominciava a strillare perché doveva essere cambiato, doveva aspettare che a me andasse di farlo, perché prima c'era il mio benessere, poi il suo. E anche dopo, sensi di colpa come macigni». Marco ha letto del bambino in coma, delle analisi che dicono «da mesi qualcuno gli dava l'eroina», e gli sembra impossibile, «bisogna davvero mandarli in galera per trent'anni, padre e madre, e toglierglielo, quel bambino, ma subito. Perché tu puoi scegliere di drogarti, ma lui che c'entra?». Lei dice che no, «piuttosto bisogna aiutarli, perché quel bambino avrà bisogno, un giorno, dei suoi genitori, e la galera non aiuta nessuno». Arturo in carcere c'è stato, undici mesi per una vecchia pendenza. «E a casa c'era Giusy, con Deborah, e l'unico a lavorare ero io, così lei si è messa a fare le pulizie». Racconta che quando è uscito aveva ripreso a «farsi», e subito dopo ha ricominciato anche lei. Ma l'eroina ai bambini, a Deborah... «Neanche se era troppo piccola per capire che cosa stavamo facendo. Lei non ha mai visto una siringa. Quando veniva il momento, io andavo in un'altra stanza, o in bagno, e poi io tornavo, e ci andava Giusy. Avevamo un pudore, almeno eravamo consapevoli di fare una cosa non giusta per lei». Anna ricorda quella volta «che siamo andati tutti e tre a comprare la roba. Per farsela subito. Io sono rimasta in macchina col bambino, e Marco si è fatto nei giardinetti. Poi è tornato, e sono scesa io. Di quella volta lì ho sempre il rimpianto». E poi? Walter Sartoretto, che è responsabile di Murisengo, dice che «sono storie normali, nelle loro fatiche». E «fatica», anzi, rispetto per la fatica di vivere, al gruppo Abele è una parola chiave, che apre le porte di una comunità come questa, dove l'esperimento impossibile è diventato possibile, e ti dicono che «quando uno si pone nella condizione di affrontare davvero i problemi, allora si è uomini». Però bisogna volerlo, e voler anche crescere i figli, e voler far crescere il rapporto della coppia, che non si basi sulla mezza dose a me e mezza a te. Giusy, che è timida, dice «quest'estate ho avuto una piccola ricaduta», il marito liscia con la mano il vecchio tavolo di noce, «tutto si restaura», e si avanti così, con i graffi e i nodi del legno vecchio, ma alla fine il tavolo resta. Brunella Giovare «Aspettavo a cambiarlo prima c'era il mio benessere, poi il suo»

Persone citate: Cascina Abele, Walter Sartoretto

Luoghi citati: Alessandria, Murisengo, Roma, Torino