Una «talpa» nella scorta di Falcone

Palermo, l'agente era stato in servizio con il giudice due anni prima della strage di Capaci Palermo, l'agente era stato in servizio con il giudice due anni prima della strage di Capaci Una «talpa» nella scorta di falcone Manette a un poliziotto, fece ammazzare un confidente PALERMO DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Un poliziotto di Palermo, Michele Condipodaro, di 34 anni, che aveva fatto parte della scorta di Giovanni Falcone, almeno una volta fece la spia con i mafiosi, determinando la condanna a morte di un uomo. L'hanno arrestato ieri mattina sulla base di riscontri, pare precisi, a un'accusa rivolta dal pentito Aurelio Neri della «famiglia» mafiosa del rione Noce. Condipodaro è stato ammanettato nelle stanze del commissariato di polizia Politeama in via Dante, nel centro nevralgico della città, fra lo sconcerto dei suoi colleghi all'oscuro di tutto. E' stato formalmente incriminato dal sostituto procuratore della Repubblica Maurizio De Lucia per concorso esterno in associazione ma¬ fiosa e favoreggiamento personale. Neri, uno degli autori di una rapina alle Poste centrali di Palermo che nell'ottobre scorso fruttò 20 miliardi a banditi collegati con la mafia, attribuisce al poliziotto anche un ruolo di primo piano nell'assassinio, il 18 febbraio 1993, di un suo nipote spacciatore di droga, Rosario Alaimo, 30 anni. L'esecuzione, alla quale Neri ha ammesso di aver partecipato, fu decisa dal clan dei Ganci (padre e figli ora in prigione per concorso nella strage di Capaci) perché Condipodaro avrebbe rivelato al capo della cosca Raffaele Ganci che Alaimo era un confidente della polizia. La vittima fu torturata e strangolata e il corpo (la testa avvolta in un sacco di plastica) abbandonato in un cassonetto portarifiuti a poche decine di metri dalla sede del commissariato Politeama. Di «talpe» nella questura di Palermo si è parlato a cicli ricorrenti. Scalpore per esempio suscitarono i sospetti che nell'estate del 1985 pesarono sull'agente Natale Mondo, scorta e «spalla» del vicequestore Ninni Cassare, il vice capo della squadra mobile ucciso con il poliziotto pugliese Roberto Antiochia di soli 20 anni in un agguato in via Croce Rossa. Mondo fu poi scagionato e anni dopo ucciso dai boss, un delitto che fu la controprova della sua innocenza. E di «talpe» si è sussurrato via via, perfino a sfiorare Bruno Contrada, il questore ed ex dirigente del Sisde condannato di recente a 10 anni di reclusione per associazione mafiosa. Ora l'arresto di Michele Condipodaro fa sensazione anche per l'inevitabile accostamento a Falcone, del quale egli fu uno degli «angeli cu- stodi» per un breve periodo, dal 18 dicembre 1989 al 20 agosto 1990 quand'era poi passato al «113» per essere quindi trasferito al commissariato Politeama. Dalla scorta al giudice italiano più d'ogni altro nel mirino della mafia - ha detto ieri il questore Arnaldo La Barbera Condipodaro era stato tolto perché «professionalmente non adeguato» e non perché si dubitasse della sua fedeltà. Nessun collegamento diretto pertanto fra lui e la strage del 23 maggio 1992 in cui allo svincolo autostradale per Capaci, fra l'aeroporto di Punta Raisi e Palermo, furono massacrati Falcone, la moglie Francesca Morvillo e tre poliziotti della scorta, Rocco Di Cillo, Antonino Montinaro e Vito Schifani, dei quali Condipodaro era stato collega. Il fatto che egli non fosse più da un anno nel servizio scorte, croce e delizia per chi vi è inquadrato (giovani che ogni ora del giorno e della notte mettono in conto di poter morire da un momento all'altro in cambio di una paga niente affatto esaltante) porta gli inquirenti a escludere che abbia svolto una parte nell'eccidio di Capaci. Dopo l'arresto, Maria Falcone, sorella del giudice e Liliana Ferrara, che di Falcone prese il posto nella direzione generale Affari penali al ministero di Grazia e Giustizia, hanno insieme dichiarato: «Una mela marcia non può fare dimenticare i tanti uccisi che facevano il loro dovere». E il Siulp e il Sap, i sindacati di polizia, hanno invitato a star attenti alle vendette dei pentiti contro gli agenti e raccomandano «approfondite verifiche». Antonio Ravidà