Vendetta della Jihad rapito un americano di Aldo Baquis

«Lo uccideremo», la notizia gela le speranze. La Agnelli da Peres, oggi con Christopher in Siria «Lo uccideremo», la notizia gela le speranze. La Agnelli da Peres, oggi con Christopher in Siria Vendetta delta Jihad, rapito un americano Mentre sipario di tregua imminente TEL AVIV NOSTRO SERVIZIO All'indomani del catastrofico bombardamento israeliano sui profughi libanesi riparati a Cana (oltre 100 morti), si sono diffuse ieri sera voci su un americano che sarebbe stato rapito in Cisgiordania e rischia di essere messo a morte se Israele non ritirerà subito le sue truppe dal Libano. Un uomo che sosteneva di parlare a nome della Jihad islamica ha telefonato a Gerusalemme alla televisione israeliana e sostenuto che l'ultimatum per l'ostaggio americano scadrà alle 9,30 di oggi (ora italiana). In serata il Dipartimento di Stato stava controllando la veridicità di questo messaggio. Sul fronte diplomatico potrebbe esserci una schiarita: il premier israeliano Peres ha affermato che «la tragedia di Cana» ha sensibilmente accorciato i tempi dell'Operazione Furore e che un cessate-il-fuoco è ormai imminente. Forse questione di ore. ((Ad annunciarlo dovrebbe essere il governo libanese - ha detto Peres la scorsa notte alla tv commerciale israeliana - ma in effetti si tratta di un accordo elaborato dagli Usa». Però in serata il primo ministro libanese Rafie Hariri ha smorzato gli entusiasmi, dichiarando che «occorrerà del tempo». Oggi il segretario di Stato Warren Christopher sarà a Damasco e a Gerusalemme per assicurarsi che il cessate-il-fuoco venga rispettato da tutte le parti e per impostare il negoziato su future intese fra Israele, Libano e Siria che impediscano che la Galilea e i villaggi sciiti del Libano Sud tornino a essere coinvolti in combattimenti. La necessità immediata di una tregua - già affermata dall'Onu - è stata ribadita ieri a Peres da Susanna Agnelli. Il ministro degli Esteri ha detto al premier che fin dall'inizio della nuova crisi mediorientale l'obiettivo principale dell'Ue è stato quello di far cessare immediatamente la violenza e le operazioni militari. «Dopo questa escalation - ha aggiunto un cessate-il-fuoco è divenuto ineludibile»: non può dunque attendere che dall'intensa attività diplomatica maturino le nuove intese per la sicurezza regionale in Galilea e Libano. Dopo la strage di Cana anche Peres comprende ormai che la trattativa per le nuove intese inizierà solo dopo che i cannoni siano stati messi a tacere. «Siamo disposti a sospendere subito le attività militari - ha detto ieri Peres - se Siria e Libano si impegneranno ad arginare le attività degli hezbollah». L'attenzione converge dunque su Damasco, dove oggi si troveranno la signora Agnelli, Christopher e il ministro francese degli Esteri Hervé de Charette. Di passaggio dall'aeroporto internazionale di Damasco i tre statisti avranno modo di riflettere sulle rivelazioni del Los Angeles Times secondo cui durante lo scorso fine settimana in quello stesso aeroporto è atterrato un aereo iraniano carico di armamenti destinati alle milizie sciite. Crescono intanto le polemiche per lo sventurato bombardamento di Cana da parte dell'artiglieria israeliana che fino a pochi giorni fa si vantava di disporre di un sistema computerizzato in grado di identificare e azzittire i lancia-razzi hezbollah senza errori. Fonti dell'Unifil (la forza di pace delle Nazioni Unite) a Beirut hanno detto ieri che la postazione sciita su cui gli israeliani hanno sparato giovedì (colpendo invece il villaggio di Cana) si trovava a tre chilometri e non a 300 metri dalla base Unifil. Altre polemiche riguardano i contatti radio fra l'Unifil e l'esercito israeliano. Secondo una ricostruzione, subito dopo i primi due proiettili israeliani esplosi fra i profughi libanesi i soldati del contingente delle isole Figi hanno dato l'allarme via radio. «Dite agli israeliani che stanno compiendo un massacro di civili, che cessino subito il fuoco» hanno urlato. «Li abbiamo già infonnati» ha risposto la loro stazione radio di zona. E invece il bombardamento è proseguito: fra il primo e il quinto proiettile è passata una drammatica mezz'ora. La strage ha innescato un'ondata di proteste sia fra i palestinesi dei Territori sia fra gli arabi israeliani che hanno indetto due giornate di sciopero e mobilitazione. A Ramallah gli islamici di Hamas sono sfilati per le strade inneggiando agli hezbollah «che parlano con gli israeliani l'unico linguaggio che essi comprendono: quello dei katiuscia». Per tutta la giornata i razzi degli sciiti si sono abbattuti sulla Galilea a decine: tanti i danni materiali, ma nessuna vittima. Giornata di fuoco anche in Libano dove Israele ha bombardato obiettivi palestinesi a Tiro, una centrale elettrica presso Nahatye, il ponte sul fiume Avvali e una base hezbollah nella Beqaa. Quattro militanti (tre sciiti e un palestinese) sono rimasti uccisi. Aldo Baquis