«Esecuzione filmata per il pilota» di Fiamma Nirenstein

Gli integralisti annunciano la condanna a morte di Ron Arad, prigioniero da dieci anni Gli integralisti annunciano la condanna a morte di Ron Arad, prigioniero da dieci anni «Esecuzione filmata per il pilota» Gli sciiti: entro 48 ore avrete la videocassetta TEL AVIV NOSTRO SERVIZIO Siano o no Hezbollah, capiscono molto bene gli israeliani quelli che, gettando una manciata di sale sulla piaga aperta giovedì a Kana, ieri hanno minacciato la vita del loro prediletto Ron Arad. Il messaggio viene da un'organizzazione «Oppressi della terra» che gli Hezbollah, in via ufficiale, rifiutano come propria: esso annuncia che il pilota israeliano sarà ucciso entro 48 ore come reazione alla strage perpetrata dagli israeliani nel Libano meridionale. Il messaggio avverte che l'opinione pubblica israeliana sarà ragguagliata a dovere sulla fine del suo caro, con una cassetta distribuita ai media. «Impossibile» mormora rivolta prima ancora a se stesso che a chiunque altro la gente d'Israele, ma un brivido passa inevitabilmente sotto la pelle: e se fosse vero? Se davvero accadesse, insieme al governo Peres sarebbe perduto un grande sogno e il simbolo di una scelta di fondo dello Stato d'Israele: quella di considerare la vita di ogni singolo soldato, di ogni singolo civile preziosa ed unica, degna di essere salvaguardata anche a prezzo altissimo. Ovvero, tutto il contrario di quel che accadde agli ebrei durante l'Olocausto. Ron Arad, pilota di Phantom, precipitò nel 1986 presso il porto libanese di Tiro. Finì nelle mani della milizia sciita di Amai. Poi lo presero in consegna gli Hezbollah con l'aiuto logistico dell'Iran, Lo comprarono dagli sciiti per 300 mila dollari. Nel 1988 gli israeliani hanno tentato di riaverlo con il rapimento del capo degli Hezbollah Jawad Kassafi; nel 1989 prelevarono nel suo villaggio libanese lo sceicco Abdel Karim Obeid e infine, nel 1994, compirono l'ultimo e inutile rapimento. Mustafà Dirani, un altro leader degli integralisti islamici che sparano Katiushe su Israele. Ma l'ultima lettera di Ron risale al 1987, la sua foto con una lunga barba e il volto sfinito da prigioniero torturato è del 1991. L'avvocato tedesco Wolfgang Vogel tentò invano di scambiare Arad con due spie sovietiche detenute in Israele, Marcus Klinberg e Shabatay Kalmanovich, ma poi il crollo del blocco comunista distrusse l'iniziativa. Ancora l'anno scorso Israele e l'Iran si sono confrontate direttamente su questo tema tramite un altro mediatore tedesco, stavolta stretto collaboratore di Helmut Kohl: allora si dette per imminente uno scambio di Arad con Obeid e Dirani, e anche con lo sceicco palestinese Ahmed Yassin. Israele in quel momento manifestò un'enorme emozione al pensiero che ia figlioletta che non aveva mai visto suo padre, la moglie Tami e la madre di Ron, che non smettono un giorno di fare propaganda perché il loro congiunto venga loro restituito, avrebbero presto potuto abbracciare il pilota. Teheran e le sue carceri popolarono le fantasie degli israeliani. E quando più tardi un aereo iraniano finì, dirotta to, in un aeroporto del Sud Israele, la madre di Ron corse ad attaccare sulla sua fusoliera e sulle vesti degli stupefatti passeggeri in attesa di essere rimpatriati, gli sticker che ancora ornano tante automobili israeliane: «Ron Arad, nato per essere libero». Ci fu anche chi criticò il governo Rabin per aver lasciato partire il velivolo senza barattarlo con la vita di Ron. Anche Arafat a suo tempo si è interessato della sorte di Ron Arad. Ma egli è come un remoto, nascosto talismano per qualsiasi governo che potesse renderlo vivo; così come una minaccia per qualunque primo ministro dovesse annoverarlo fra i suoi morti. Perché Arad è divenuto il simbolo stesso della terribile lotta per la sopravvivenza di questo Paese, della sua incertezza, del mistero che sempre circonda il suo futuro. Ed è anche il banco di prova della capacità ebraica di reagire, di farcela, la scommessa di questo Paese stesso. Né i libanesi né gli iraniani hanno mai voluto né forse potuto trattare in prima persona la sorte di Ron Arad: sembra esistere un tacito, cupo accordo, per cui se il pilota è ancora vivo egli è merce utilizzabile dagli Hezbollah, o da chi essi considerano un loro intimo amico. Tuttavia la ra¬ gione induce a pensare che in questi dieci anni di botte, torture, privazioni, odio poiché questo è il quadro che esce da tante storie di prigionia raccontate dagli ostaggi ebrei, Ron possa essere stato ucciso. I suoi amici e suoi familiari, quelli che sperano di vederlo tornare, organizzano meeting annuali ancora molto affollati in cui si cantano le canzoni che sono state scritte per lui, scorrono su schermo gigante le sue foto, si leggono le poesie che amava e ognuno ricorda il tempo in cui era un allegro ragazzo in mezzo agli altri. Israele ancora lo aspetta. Un recente studio di un gruppo di psicologi israeliani testimonia che la sua prigionia e la sua liberazione appaiono continuamente in sogno alla popolazione israeliana. Ognuno qui è un po' Ron Arad: prigioniero di una situazione impossibile. Fiamma Nirenstein L'ufficiale israeliano abbattuto in Libano nell'86 e venduto agli Hezbollah Il pilota Ron Arad, abbattuto in Libano nell'86, e l'arrivo a Atene delle salme dei greci uccisi al Cairo [FOTO ANSA] II