Lou Reed, il sorriso del duro

bui Reed, il sorriso del duro Milano: trionfale apertura del tour italiano, Laude Anderson dietro le quinte bui Reed, il sorriso del duro Dalla fredda follia ad una inattesa gaiezza MILANO DAL NOSTRO INVIATO Due note lancinanti. Una sagoma nel buio scatena gli urli dei duemila asserragliati da due ore nel teatro Smeraldo, ad aspettarlo come un messia. La luce si accende e Lou Reed è al centro del palco. In nero, naturalmente. Il colore dei maledetti. Braghe di pelle, maglietta, riccioloni incolti su quella faccia da bambino imbronciato attraversata da rughe come autostrade. Sorpresa, stupore: agli urli del pubblico, il poeta maudit sorride. E sorriderà almeno tre volte durante la serata: nel suo piccolo è una notizia da prima pagina, perché Lou è sempre stato uno dei personaggi più scontrosi del rock. Tutti adesso dicono che lo ha cambiato il rapporto con Laurie Anderson, la musa dell'avanguardia newyorkese con cui egli si è messo da un paio d'anni, dopo il divorzio e alla quale ha de¬ dicato di recente una canzone, «The Adventurer», in cui la definisce «una forza della natura alla ricerca della grazia perfetta». Anzi, addirittura la musa sta nascosta dietro le quinte. Lo segue in tour: viene in mente il periodo di misoginia del poeta, quando si dice che pretese per contratto di non incontrare alcuna donna nel tragitto fra il camerino e il palco. Leggende? Vai a sapere, quando si è di fronte a uno che sta sui manuali di storia del rock, non sai mai dove spostare il confine della fantasia. Si scopre che alcuni adoratori diffidano di questa sopravvenuta cordialità o gioia di vivere, temendo magari per l'idolo un futuro di cartoon. Lo sconcerto perdura in sala fra i fans più tradizionalisti anche perché Lou non solo sorride, ma si diverte a suonare: intanto spara subito «Sweet Jane», condita di un rock durissimo, tanto per far capire che lui è sempre lui. Poi, via labe- ra. S'è portato dietro un trio di chitarra, batteria e basso - il bravissimo Fernando Saunders - e per quasi tre ore dialoga con ogni strumento, intrecciando con gusto saporiti e tostissimi duetti, cimentandosi anche in amene scenette: «Y Love You Suzanne», per esempio, è tutta un gustoso passare da una vocetta ad un vocione. In fatto di trasformismi sessuali, Lou' non deve prendere lezioni da nessuno. Il batterista ha messo i tamponi alla bacchette ma picchia co- me un dannato, evocando chissà perché la tecnica di mamma Moe Tucker, percussionista dei Velvet Underground. Ma la lezione del gruppo che fu sua culla artistica, e che con la morte di Sterling Morrison non potrà tornare mai più, emergerà poi anche nei bis, con un successo antico, «Pale Blue Eyes», che suona come affettuoso omaggio. Non si può ricantare per sempre le vecchie canzoni com'erano: e sempre nei bis spunta fuori, acclamatissima, «Walkin' On The Wild Side», quasi irriconoscibile, sommersa di suoni, privata di quella grazia allucinata che ne faceva un gioiello raro. Ecco cos'è scomparso dalla sua poetica in concerto: quel senso di allucinazione magnetica, di fredda follia, che era un poco un marchio. Ma Lou ricrea anche le canzoni più recenti: per esempio «Set The Twilight Reeling», che dà il titolo all'ultimo album, diventa una sorta di elegante filastrocca, con un finale di suoni elettrici strappacuore. Il resto - «New York City Man» e «Dirty Boulevard», «Doing The Things» e «Video Violence» - trascorre sempre all'insegna di arrangiamenti elettrici vivacissimi, con acide punte metalliche e punk, guardando agli Anni Settanta. Trionfo incondizionato. Marinella Venegoni Concerti: 9 luglio Codroipo 10 Correggio, 11 Roma Il nuovo corso turba i vecchi fans a loro è dedicata «Sweet Jane» Lou Reed ha tenuto due concerti a Milano e Firenze, e ora prosegue il tour italiano accompagnato dalla sua «musa» Laurie Anderson

Luoghi citati: Codroipo, Correggio, Firenze, Milano, New York, Roma