Ghosh: «Le piaghe del futuro un dono della scienza»

Ghosh: «Le piaghe del iuturo un dono della scienza» Incontro con lo scrittore indiano, di cui esce da Einaudi, in prima mondiale, il nuovo romanzo Ghosh: «Le piaghe del iuturo un dono della scienza» ~7~] ROMA fi VETE notato che l'India si /■ è rifiutata di dare asilo alle ri mucche inglesi?». Al penaAJ siero che qualcuno abbia potuto pensare di risolvere così il problema delle mucche pazze Amitav Ghosh scoppia in una risata, attirando su di sé lo sguardo dei vicini, rassegnati a mangiar mozzarella in un buon ristorante nei pressi del Pantheon. Del resto, è proprio il suo terreno, il confronto tra il progresso scientifico e un grande Paese povero come il suo - che si tratti dell'aberrazione di infliggere una dieta di farine animali ai bovini di Sua Maestà e dell'induismo che sacralizza le vacche, o di altro. E lo dimostra anche nel suo ultimo e più ambizioso libro, questo scrittore quarantenne con il viso da ragazzo e i capelli bianchi, a tutti gli effetti indiano e cittadino del mondo, che dopo aver studiato a Calcutta e a Oxford, aver vissuto in Egitto e nelle Murge, da quattro anni abita «vicino al futuro» nell'Upper West Side di New York, con una moglie americana e due bambini, insegnando antropologia alla Columbia University, scrivendo reportage per il New Yorker, e godendosi la fama, meritatissima, di essere il migliore scrittore nato nell'India del dopo spartizione. Ricerca scientifica e umanità indiana sono infatti il cuore del Cromosoma di Calcutta di Amitav Ghosh, che in anteprima mondiale esce in questi giorni in Italia da Einaudi, nella traduzione impeccabile di Anna Nadotti. Prevedibilmente, trattandosi di Ghosh, un romanzo imprevedibile: un thriller ambientato tra New York, l'Egitto e Calcutta, che attraversa fantascienza, ricerca scientifica e filosofia in altrettanti piani temporali, tra un futuro prossimo sconvolto dalle nuove tecnologie informatiche e un passato che risale fino a Ronald Ross, classe 1857, bell'uomo con i baffi folti, perfetto tipo coloniale tutto caccia e pesca, che nel 1906 conquista il Nobel per la scoperta del legame tra la zanzara anofele e la malaria e non si avvede - nella finzione - che tutto questo è parte di un'avventura infinitamente più grande, che porta ol- tre la gloria, oltre il Nobel, fino alla trascendenza ultima della natura... «Quando ho cominciato a leggere di Ronald Ross ho pensato quanto fosse strano che quest'uomo che stava facendo le sue ricerche in India non abbia mai capito quanto l'India gli stesse Disegnando. L'assoluta arroganza della scienza gli impediva di vedere che le cose non accadevano solo nel suo cervello, ma anzi, che tutti i passaggi importanti gli venivano suggeriti dai suoi servitori. Infatti fu proprio uno dei suoi domestici a mostrargli la differenza tra la zanzara anofele e le altre». Strana figura di uomo, questo Ross. Visse per vent'anni perseguitato dal dubbio che uno scienziato italiano, Giovanni Battista Grassi, avesse scoperto il ciclo vitale della zanzara prima di lui. Scrisse dei romanzi, delle poesie, e anche dei lavori teatrali, e morì in miseria, molto vecchio, completamente dimenticato. «Era un vecchio eccentrico, e una persona molto stimolante a suo modo», dice Ghosh mettendo l'accento su un lato ironico della sua carriera scientifica. «Se si guarda la sua scoperta, in un certo senso è un trionfo, in un altro è un esercizio di pura futilità. Perché lui era convinto che se si fosse trovata una soluzione a! "puzzle" della malaria, lo si sarebbe risolto. Ma guardate invece la malaria oggi. Le cifre non sono cambiate da allora. Anzi, se mai sono salite. E ci sono nuove mutazioni della malaria che vengono dalla Birmania e dalla Thailandia, che non si possono nemmeno curare col chinino» (Ghosh è reduce dalla Birmania, dove il New Yorker l'ha inviato per un lungo reportage). Ma Ross avrà almeno contribuito a trovare una cura? «Oh, no, nemmeno questo. Il chinino come terapia era conosciuto già da molto tempo. Ha solo scoperto che la malaria si prende dalla zanzara» ride, «e questo ha portato a misure epidemiologiche, come bonificare le paludi. Ma d'altro canto tutti sapevano che se si fossero ripulite le paludi la malaria se ne sarebbe andata». Insomma, ancora una volta dopo Il cerchio della ragione, uscito da Garzanti nell'86, e Le linee d'ombra, che Einaudi ha pubblicato nel '90, sembra che a modo suo, con un libro che profetizza il ritorno della malaria come una delle grandi piaghe del secolo, questo brillante scrittore bengalese abbia voluto pagare un tributo a Garcia Màrquez e rileggere la storia dal punto di vista di chi ne è stato trascurato, come le semplici persone che davvero portarono Ronald Ross sulla giusta strada, e che nel suo libro diventano «l'altra mente», quella «che lavora parallelamente» per un fine misterioso, che potrebbe essere qualcosa che permette di migliorare se stessi nella prossima reincarnazione, qualcosa di impalpabile ma scientificamente definibile come un cromosoma, unico, non omologabile, un cromosoma che, come dice nel hbro un ometto panciuto che regge il filo di Arianna della storia, «sta al nostro pantheon mendeliano di ventitré cromosomi come Ganesh sta agli dei...». Ma è la scrittura, tuttavia, la precisione elegantissima di quell'inglese che gli permette di superare i limiti della tipicità indiana, al centro dell'opera di Ghosh al di là della sua rilettura della Storia, dei suoi interessi antropologici, del rapporto tra scienza, colonialismo e cultura popolare. E in questo, per sua stessa ammissione, il suo debito con V. S. Naipaul è decisivo. «Vede, quello che significa essere indiani oggi non è davvero vivere in India, non lo è mai stato. L'emigrazione indiana è sempre stata molto forte: in un certo senso questo è un Paese che esercita una potente forza centrifuga. Però quando pensiamo alla scrittura indiana pensiamo agli indiani che scrivono sull'India. Mentre per gli inglesi è diverso, e lo è anche per Flaubert che fa venire in mente subito l'Egitto e la Tunisia. Penso che noi indiani abbiamo trascurato l'idea di rivendicare che il mondo è anche nostro. E credo che come ci ha insegnato Naipaul, sia questo, oggi, il nostro compito». Livia Manera «Le mucche pazze dell'Inghilterra?. Non hanno trovato asilo neanche in India» Un thriller tra New York, Egitto e Calcutta, che mescola fantascienza e epidemie di malaria lalte &:m % 111 :>;*:.*fi; -i- ■■ - ■■■■ Un porticato sulla riva del laghetto di Bodh Gaya con pellegrini al bagno per purificarsi; sotto, lo scrittore indiano Amitav Ghosh: il suo ultimo romanzo «Cromosoma di Calcutta» viene pubblicato da Einaudi