Detersivo, i cinquant'anni che sbiancarono il mondo

Detersivo, i cinquanfanni che sbiancarono il mondo Nel 1946 fu lanciato negli Usa il primo detergente moderno Detersivo, i cinquanfanni che sbiancarono il mondo LA RIVOLUZIONE DOMESTICA AL 1946 la storia si divide in due fasi: l'Età Oscura e l'Età del Bianco. La luce sorse mezzo secolo fa, a Cincinnati, Ohio, quando sul mercato apparve una scatoletta di cartone che avrebbe cambiato gli americani, gli europei e l'umanità, Ir scatoletta del «Tide», il primo ietersivo moderno che ha affrancato miliardi di donne dai saponi e le ha fatte felici con una formuletta che ripulisce tutto, dalla biancheria intima ai pantaloni. «Il trionfo sul sapone rivoluzionò per sempre abitudini che risalivano ai tempi dell'impero romano», dice con l'enfasi delle grandi occasioni Ed Rider storico e archivista capo dell'azienda che compi la magia, la Procter&Gamble. Da allora siamo cresciuti nel tormentone del «Più bianco non si può» e i campioni dell'igiene - lancieri bianchi, olandesine, uomini in ammollo, coccolini e calimeri - hanno resuscitato tutto ciò che poteva essere lavato, ripulito, disinfettato e lucidato. «Non esiste sporco impossibile», ci hanno insegnato e, se lo stupore si fa scappare un «Ava come lava!», si attacca bottone con un «Nuovo? No, lavato con Perlana», in attesa dell'annuncio urbi et orbi che «Arrivano i professionisti del pulito». «Fu come un salto nel futuro: d'improvviso le donne italiane si sentirono proiettate nel ventesimo secolo», osserva il sociologo Giampaolo Fabris. «I detersivi hanno dato il via a una nuova epica, la mitologia del bianco, trasformando le casalinghe in "operaie specializzate" scientificamente impegnate tra le mura domestiche». Anche se in ritardo, a metà Anni Cinquanta, in Italia approdava «la cultura della società senza odori - sottolinea un altro sociologo, Sabino Acquaviva - in cui pulizia significa integrazione e sporcizia è sinonimo di emarginazione». Il lavasbianca si è imposto impetuosamente - lo sappiamo bene - e alimenta oggi un mercato esploso a 1500 miliardi. La guerra antimacchia e ammazzasporco è entrata nel nostro Dna. Il buon senso suggerisce che l'essere profuma e che il non essere puzza e i cocktail chimici si sono talmente radicati da influenzare abitudini, consumi e linguaggi, cavalcando ogni tendenza, compresa quella ecologista. Oggi, i professionisti del bianco remano su barchette in mezzo a laghi azzurri e - come fanno sapere gli spot televisivi - controllano compiaciuti campioni di acqua cristallina già pronta da bere. Devono competere con le immagini ripugnanti dei fiumi sfigurati da schiume indistruttibili e dei mari su cui la patina dei composti artificiali disegna innaturali arcobaleni. «Nell'ultimo quinquennio l'impatto ambientale dei detersivi è diminuito - nota compiaciuto il direttore di Legambiente Francesco Ferrante - e gli ambientalisti, da noi come nel resto dell'Occidente, continuano a battersi perché tensioattivi, reagenti anticalcare, enzimi e regolatori del pH vengano progressivamente sostituiti da sostanze vegetali non dannose». Una prima vittoria è stata la messa al bando dei fosfati (quelli che nell'Adriatico contribuivano a nutrire incontrollabili colonie di alghe e a rovinare le vacanze d'agosto). Ingentilitisi, ora vantano fustini e bottigliette di seconda generazione, riutilizzabili dopo ogni uso oppure completamente riciclabili per ricavarne altri cloni. «I produttori si sono sforzati di ridurre la tossicità anche degli imballaggi: non si può dimenticare - sottolinea Ferrante - che dopo i rifiuti organici e quelli solidi della vita di ogni giorno, i pro¬ dotti per la pulizia, da quelli per i vestiti a quelli per la casa e la persona, sono il terzo grande gruppo di inquinanti che ciascuno di noi produce direttamente da casa». «Pulire non è un optional, certo, ma non si può farlo devastando l'ambiente». Certo che no. E questo è l'ultimo e definitivo miracolo che si chiede ai replicanti del «Ti¬ de» archetipico, quello che già negli slogan degli esordi prometteva miracoli superdotati di punto esclamativo. Dai cartelloni di strada alle microstorie in video, non ha smesso di sedurre ragazze con sorriso smagliante da dentifricio e, infatti, «le famiglie radiose e maniacalmente euforizzanti che si realizzano nel confronto con il bianco sono sopravvissute indenni nelle pubblicità dei giganti del settore», osserva Fabris. Il tempo le ha appena scalfite (limitandosi a modellare pettinature e scollature) e in questa permanenza «si è consumata una singolare nemesi: i prodotti che avevano acquisito l'allure del progresso sono precipitati in una crisi drammatica. Da vere e proprie università di marketing e comunicazione, le aziende del pulito sono invecchiate di colpo, perché incapaci di rinnovare i loro messaggi da nevrosi igienista». Le antiche ipnosi traballano e la liberatoria associazione detergenti-lavatrice studiata da Francesco Alberoni non comunica più emozioni trascinanti. Finalmente scintillanti, abbiamo voltato le spalle ai nostri acciaccati benefattori che festeggiano il primo mezzo secolo. Gabriele Beccaria ■ Un'invenzione che ha cambiato per sempre abitudini, consumi e anche il linguaggio t's Procter & Gamble's Un'invenzione che ha cambiato per sempre abitudini consumi derno Franco Cerri Presto Soflan Il detersivo «Tide» (in basso) ha rivoluzionato il modo di lavare (a fianco) Sotto, Calimero, il pulcino nero della Mira Lanza Franco Cerri Presto Soflan

Persone citate: Fabris, Francesco Alberoni, Francesco Ferrante, Franco Cerri, Gabriele Beccaria, Giampaolo Fabris, Procter, Sabino Acquaviva

Luoghi citati: Cincinnati, Età Del Bianco, Italia, Ohio, Usa