Sogno, partigiano di Fini di Massimo GramelliniGiorgio BoccaGiorgio Bocca

Sogno, partigiano di Fini «Io ho sparato ai nazifascisti, ma ora dico basta con l'odio. Gianfranco? Un vero liberale» Sogno, partigiano di Fini «E'D'Alema il nuovo Almirante» SALUZZO DAL NOSTRO INVIATO Il comandante Franchi si arrampica sui gradini a strapiombo che portano al sacrario di Pesio, omaggio ai martiri della Resistenza. Nell'aria si respira quello strano impasto odoroso di bosco e di letame che è tipico della montagna cuneese. Proprio qui, in questa valle disabitata e così ansiosamente silenziosa, nel gennaio del 1944 i buoni e i cattivi si sparavano addosso i colpi più feroci. Il comandante Franchi stava con i buoni e non smette mai di ripeterlo, nemmeno quando incespica sull'ultimo spigolo e con un colpo di reni da vecchio ufficiale di cavalleria si mantiene in piedi, gli occhi fissi su quelle lapidi dai nomi familiari come Eugenio Vian. Ha ancora grandi polmoni e una bella faccia, il comandante. Molto meglio dal vivo che nei poster elettorali del Polo, dove gli occhiali troppo scuri gli danno un aspetto in bilico fra Previti e un colonnello greco. Dice di rivedersi trentenne incespicare su questa stessa salita, con il mitra in spalla e la neve fresca fino alla cintola, mentre i fiocchi depositati sui pini cadevano a grosse falde sulla marcia dei partigiani come subdole bombe di ghiaccio. Appoggia al muro la corona di fiori con una scritta blu: «Gli italiani». Forse è lo scenario struggente che lo spinge a librarsi sopra la Storia: «A FarsaIo Cesare pianse per i morti di Pompeo: erano romani anche loro. In Spagna Franco si è fatto seppellire fra i combattenti di entrambi gli eserciti. Possibile che l'odio di parte debba sopravvivere solo qui? Io ho sparato ai nazifascisti e lo rifarei ancora, perché avevamo ragione noi e loro, anche chi era in buona fede, torto marcio. Ma è passato mezzo secolo, basta. Basta speculazioni, basta odio. Il problema è che Fini è diventato un liberale e D'AJema è rimasto un comunista». Ma così non la si finisce mai. Ci sono gesti in politica che nascono come carezze e diven- tano schiaffoni. La decisione del postcamerata Gianfranco Fini di candidare il «comandante Franchi» Edgardo Sogno nel collegio simbolo della Resistenza, dove ogni settantenne ti racconta di esser stato partigiano, è una di quelle operazioni di marketing elettorale che volendo ricucire le ferite della storia finiscono per riaprirle. Tanto da essere scambiate per provocazioni: «Noi partigiani di Cuneo la vediamo come una sfida di cattivo gusto, un insulto alla città». La voce di Giorgio Bocca è più delusa che arrabbiata. «Questa candidatura ha creato impaccio nel nostro mondo. Non è fascismo, quello di Sogno. E' cretinismo. Dico: sei una medaglia d'oro della Resistenza e vieni proprio a sfidare i tuoi partigiani nella provincia più forte?». A proposito di riappacificazione: di Bocca il comandante dice che scrive bene, ma «c'è una cloaca che scorre sotto i suoi libri e ogni tanto affiora, come un fiume carsico». L'Anpi, l'associazione partigiana che Sogno ritiene ancora manipolata dai «togliattiani», ha reagito alla candidatura con scontato sdegno e sorprendente mancanza di clamore. Il verbale dell'ultima riunione cuneese, smaltita «la sorpresa di ritrovarsi ancora in tanti», accusa Fini di «aver voluto dare uno schiaffo alla convinta tradizione antifascista di Cuneo» e si dilunga perfido su Sogno, che «durante la guerra partigiana, nel Cuneese ci sarà passato un paio di volte per puro caso e già allora non era molto amato». Concordi nella scomunica, i superstiti delle brigate Garibaldi si sono divisi sul «che fare». Qualcuno ha chiesto un proclama all'Anpi nazionale. Ma è prevalsa la linea dell'oblio, che considera Sogno «uno qualunque, sul quale non vale la pena di spendere parole». Il comandante dice che se l'aspettava : «Una mossa in tipico stile leninista per fare il vuoto intor¬ no all'avversario». Li chiama, un po' sprezzante, «reduci a consumo». I partigiani sono usciti dalla campagna elettorale, disertando le occasioni di scontro. Lido Riba, il candidato dell'Ulivo, ogni volta che incrocia il rivale anziché la Resistenza gli getta addosso le sue braccia gigantesche: «Caro conte!» e Sogno s'arrabbia: «Se mi chiama conte, allora anch'io devo chiamarla per quello che lei è: un funzionario comunista!». Tacciono i partigiani, ma mormorano le città. Per le strade di Cuneo o di Saluzzo si trova sempre qualcuno che chieda a Sogno «perché un partigiano sta con i fascisti» o comunque con gli eredi di quell'Almirante da lui combattuto in guerra e anche in pace, quando lo accusava di «far risorgere l'ombra del fascismo nelle sue mutevoli reincarnazioni». Sogno ha molta ansia di rispondere. Dice che il fascismo era un regime totalitario ma dal volto umano e seppellito mezzo secolo fa, mentre il comunismo è morto solo da poco, forse. Che Fini non è Aimirante ma un liberale di destra alla Chirac. Che chi assomiglia ad Almirante è piuttosto D'Alema: «Anche lui si è messo una giacca liberale sopra la camicia di regime». Alla fine, gli unici a danzare con Sogno intorno alla Resistenza sono proprio coloro che prima non ne parlavano mai: i giovani di Alleanza Nazionale, che al congresso di Fiuggi gli baciarono le mani e adesso un po' provocatoriamente gli chiedono: «Ammette che il fascismo che lei ha combattuto era meno corrotto della partitocrazia?». Sogno ammette quel che può. Dice che l'errore più grande del fascismo è stato quello di allearsi con i nazisti. Senza la guerra, si sarebbe evoluto democraticamente in una specie di Alleanza Nazionale. «Il pericolo viene dall'altra parte. D'Alema il finto, Violante il viscido, Veltroni il buonista. Non sono cambiati. Mi hanno già fregato una volta, 50 anni fa: quando credevo che combattessero per la libertà e invece volevano instaurare la dittatura». Giorgio Bocca è sbalordito: «Il suo anticomunismo ormai è psicotico. Lo capivo nel '48, non adesso. Sogno parla come Berlusconi, solo che quello là fa finta, lui invece ci crede davvero». Il comandante Franchi sta scendendo i gradini del sacrario. Scruta la valle come se cercasse qualcuno: «Se gli tolgono la libertà, un buon liberale ha una sola cosa da fare: impugnare il fucile. E venire qui». Massimo Gramellini Giorgio Bocca: candidatura che crea impaccio. Non è fascismo, solo cretinismo Edgardo Sogno il «comandante Franchi» della Resistenza a un raduno partigiano nel 1974 Una recente immagine di Sogno. A destra: Giorgio Bocca

Luoghi citati: Cuneo, Fiuggi, Saluzzo