El Banna, il piccolo sheik padre del grande terrore di Domenico Quirico
El Banna, il piccolo sheik padre del grande terrore El Banna, il piccolo sheik padre del grande terrore UN NEMICO DELLA MODERNITÀ' E RA un uomo piccolo, il colorito smorto, la barba scura e mal curata. Ma quando prendeva la parola, lo sceicco Hassan elBanna ti rubava l'anima. Davanti alle folle di fellah, nell'Egitto degli Anni Trenta sonnolento e perduto fuori dalla Storia, il suo sguardo si faceva di fuoco, la voce vibrante, il capo si alzava a inseguire le parole e gridava i versetti del Corano trasformati, liricamente, in un proclama di battaglia. Questo piccolo maestro della scuola coranica di Ismailiya aveva davvero la stoffa dei profeti, la magia dei trascinatori di uomini usciti dal deserto per scuotere le città scettiche e inerti. Tutto è cominciato da lui, dal piccolo professore che gli inglesi, padroni sospettosi dell'Egitto, lasciavano fare pensando che fosse «solo» un uomo di fede, innocuo e un po' pittoresco. E che poteva diventare utile per neutralizzare il partito indipendentista. Invece lo sceicco lavorava al Grande Disegno: risollevare l'Islam dall'«inhitàt», la decadenza materiale e la deriva spirituale, guarirlo dallo choc del mondo mo¬ derno. Sotto la sua bandiera, il Corano e la spada, e la sigla dei «fratelli musulmani», fondava associazioni sportive, circoli culturali, centri religiosi e sociali, raccoglieva la gente smarrita del popolo di Dio, le regalava parole d'ordine e di speranza. Una delle spire della Grande Ombra, il fondamentalismo, è nata sulle rive del Nilo, nel più tollerante, scettico, sonnacchioso dei Paesi dell'immenso mosaico del Profeta. Non è stato un caso: l'Egitto, infatti, per primo ha cercato di conquistare già nell'800 la modernità, ha vagheggiato lo Stato come meccanismo illimitato capace di produrre potere e potenza. Ma quando questo sogno è finito, annegato nei debiti, nell'incapacità delle classi dirigenti, nella umiliazione nazionalistica, anche la modernità non ha potuto sopravvivere al fallimento. E lo Stato, privo di legittimità, si è ridotto a pu¬ ra macchina repressiva, brutale, autoritaria e corrotta. Hassan Banna non era il primo che gridava la rabbia della fede come alternativa a questo disastro. Ma è stato il primo ad aver capito che il corpo a corpo con il mondo moderno doveva essere affrontato con un'arma rubata al satana d'Occidente, un partito e un programma politico. E, diabolica intuizione, capì che per mobilitare le plebi arabe disperse e confuse bisognava inventare un nemico da odiare. Lo trovò in Palestina, dove il sionismo cominciava lentamente il suo cammino verso la Terra Promessa. Dall'Egitto arrivarono le parole d'ordine dei primi moti contro i coloni ebrei. I Fratelli musulmani, sostenuti da mtellettuali rabbiosi e impoveriti, inventarono la strategia che ha guidato tutte le battaglie delle moderne annate di Allah: infiltrarsi nella polizia e nell'esercito, moltiplicare le quinte colonne, demoralizzare il nemico con una impressione di onnipotenza. E poi uccidere: uccidere gli uomini dello Stato, per mostrare chi ha il vero, definitivo potere, quello della vita e della morte. Per questo crearono due organizzazioni segrete, che affiancavano il partito ufficiale: jawala e kataib, fatte da militanti pronti a tutto, discepoli dell'estremismo che spesso non obbedivano più ai «politici», deboli e pronti al compromesso. Una vicenda anche questa che ha fatto scuola, per esempio nell'Algeria degli orrori. Avevano un modello, le camicie brune di Hitler, che raccoglieva, con il suo antisemitismo e la sua lotta agli inglesi, l'applauso dei popoli musulmani. I «fratelli» assassmarono ministri e generali; fino a quando un killer spense la voce di El Banna. Cancellati da Nasser che li considerava rivali pericolosi per la sua crociata panaraba, ma laica e socialisteggiante, i Fratelli sono usciti dalle catacombe dell'illegalità negli Anni Ottanta pagando il pedaggio di dichiararsi moderati e democratici. Ma al loro fianco è cresciuta una sezione dell'Internazionale islamica. Spietati e efficienti, gli uomini di Al Jihad, la guerra santa, lottano per cancellare l'Egitto di Sadat e Mubarak: l'Egitto che stringe empiamente la mano al nemico Israele, che organizza le assise mondiali contro il terrorismo. Si finanziano imponendo il pizzo agli 8 milioni di copti cristiani, sono padroni di «zone liberate» del Paese dove uccidono poliziotti e governativi. Sadat lo hanno già ucciso, ora puntane a tagliare una delle vene che tengono in vita l'Egitto: i 3 miliardi di dollari del turismo. Domenico Quirico Dalla sua predicazione negli Anni Trenta è nata la malapianta degli ultra di Allah L'Egitto è stato una delle culle del fondamentalismo islamico
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