«Israele ci regali la vittoria»

«a ogni cannonata risponderemo sempre con una salva di katiusha, ma non attaccheremo civili» «a ogni cannonata risponderemo sempre con una salva di katiusha, ma non attaccheremo civili» «Israele, ci regali la vittoria» Nella tana dello sceicco di Hezbollah BEIRUT DAL NOSTRO INVIATO A cercare gli hezbollah nel campo di battaglia si rischia soltanto la pelle senza nemmeno poter contare su grandi probabilità di successo. Finisce allora per essere certamente più sano, e probabilmente più utile, venirseli a cercare nel dedalo di stradine impolverate che fanno l'immensa periferia Sud di Beirut. Gli hezbollah sono nati tra i poveri del Libano, nella società sciita che da sempre ha formato la quota più diseredata del complesso intrico di religioni su cui si costruisce questa scommessa di Stato. Sciita è l'immensa maggioranza di popolo che abita il Sud del Libano, contadini di poca terra e di molta fame; e sciita è questa banlieu disperata di polvere, di puzza, di spazzature all'aria libera, di topi e di bambini che frugano in concorrenza tra i rifiuti. In questo brodo di coltura fertilissimo, gli hezbollah sono nati nella prima metà degli Anni Ottanta, suhito dopo l'occupazione israeliana, un movimento militare e religioso che metteva assieme il fanatismo testimoniale della componente sciita dell'Islam con il radicalismo ideologico e militare della rivoluzione khomeinista. Grazie ai soldi dell'Iran (25 milioni di dollari quest'anno), e grazie alla copertura politica e militare che gli fornisce la Siria, grazie a quelle casse ben fornite e alla totale libertà di movimento e di azione gli hezbollah hanno finito per formare, nel tempo, una sorta di Stato nello Stato. Danno aiuti a chi è povero, aprono scuole, ambulatori, e moschee, formano brigate di combattenti (500 dollari al mese di salario), costruiscono una società clericale, antigiudaica, e rigidamente ortodossa (il velo - lo chador - che ima donna accetti di indossa- re viene pagata 100 dollari). E il governo del Libano guarda e tace. Ieri mattina siamo venuti così a far visita nella banlieu Sud allo sceicco Fdlallah, capo spirituale del movimento, l'uomo più ricercato da Israele. Lo sceicco era fuori casa, «per il momento», ci hanno spiegato con un ammicco i suoi fedeli guardiani, dopo che avevamo girato per quasi due ore nel dedalo di viuzze e cortiletti, tentando di risalire la rete clandestina con l'aiuto della presentazione scritta di un potente amico dello sceicco, che ci permetteva di aprire porte altrimenti invalicabili per tutti. Ci hanno portato a parlare con il suo portavoce: «Quello che dice lui è come se lo dicesse lo sceicco», hanno assicurato i nostri accompagnatori. E lui, la voce dello sceicco, ha fatto un'analisi di questa guerra che lascia pochi dubbi. Riassumendo il suo lento e lungo discorso, questi sono i punti: 1) Se Israele pensa di poterla finire militarmen- te con gli hezbollah si sbaglia di grosso, e già lo si vede; a ogni cannonata risponderà sempre una salve di katiusha. 2) Se Israele però finisce di sparare cannonate sul Libano del Sud, allora - e soltanto allora - gli hezbollah finiranno di tirare razzi su Israele. 3) Nessun civile israeliano sarà attaccato da un hezbollah, ma ogni soldato israeliano è l'obiettivo militare di ogni guerrigliero islamico. 4) Israele potrà vivere tranquillo solo quando avrà abbandonato il territorio occupato del Libano, altrimenti che si aspetti ancora morte e distruzioni. 5) Hezbollah non è come Hamas, che tira sui civili, ma Hamas lotta per liberare la Palestina occupata dai giudei. 6) Ai giudei non si può credere, perché i Protocolli di Sion lo dicono chiaramente, che gli ebrei vogliono fare schiavi tutti gli altri uomini. Gli spazi dell'azione politica, visti dall'interno di questa stanzetta, si mostrano quasi inesistenti. La propaganda religiosa e il fanatismo ideologico coprono ogni margine di mediazione; però è anche vero che non sempre le parole sanno disegnare il futuro. Quando 0 barbuto portavoce dice «noi non siamo soltanto una rivoluzione, siamo anche un partito», si capisce bene che spiragli di intendimento si possono ancora aprire. La miseria che circonda e soffoca queste povere stanzette resta però l'interlocutore vero, con il quale fare i conti finali. La religione, naturalmente, è solo un elemento sussidiario della crisi. Quando infatti torniamo in strada, ci possiamo rimettere le scarpe lasciate, prima, sul pavimento. Perché avevamo parlato di politica, ma era stato come quando si va in una moschea. [m. e] «Noi non siamo Hamas, uccidiamo solo i soldati finché non si ritireranno, ma gli ebrei vogliono conquistare il mondo è scritto nei protocolli dei savi di Sion» La stretta di mano tra Peres e Arafat che ieri si sono incontrati al valico di Erez per rilanciare i negoziati bilaterali Hezbollah kamikaze e lo sceicco Fdlallah

Persone citate: Arafat, Erez, Peres