Un'opera aperta «Immaginata per continuare nel tempo oggi ferita del dileggio della politica»

Un'opera aperta Un'opera aperta «Immaginata per continuare nel tempo oggi ferita dal dileggio della politica» ■w IA pluralità, e, qualche volta, anche la divergenza, se non proprio la contradditto! rietà dei principi costituzionali hanno I I una spiegazione profonda nel pluralismo ^1 politico e nella democrazia che di tale pluralismo è l'espressione. Se la società politica fosse semplice, ispirata a una sola concezione della vita politica e sociale, facile sarebbe immaginare una Costituzione lineare, concreto sviluppo di un solo principio fondamentale. Tutto sarebbe chiaro, nulla vi sarebbe di problematico e controvertibile e ogni norma costituzionale sarebbe precisa, esplicita, armonica rispetto a quelle che le stanno accanto. Ma questo risultato, astrattamente desiderabile anche in nome della certezza del diritto sui suoi punti essenziali, sarebbe possibile solo pagando un prezzo impossibile, cioè a costo di negare il presupposto: la democrazia come formula politica in cui il pluralismo trova espressione. La semplificazione della Carta costituzionale da taluno auspicata presupporrebbe la semplificazione della società politica e civile. Chi mostra insofferenza verso le formule vaghe, compromissorie, spesso elusive che la Costituzione contiene e aspira a sciogliere le ambiguità una volta per tutte sottintende l'aspirazione a mettere radicalmente in discussione il carattere stesso della democrazia pluralista del nostro tempo. Una Costituzione, e massimamente una Costituzione strutturata su formule di principio e programmatiche come quelle anzidette, rappresenta un mandato ad adempiere, affidato alle generazioni a venire. Opera aperta, non involucro chiuso. Una Costituzione di questo tipo richiede il proprio prolungamento nel tempo, in un'adeguata «politica costituzionale», attraverso la quale la pluralità dei principi trovi la sua pratica realizzazione storico-concreta. E' della politica costi¬ tuzionale il compito di sciogliere praticamente, nei modi di volta in volta possibili, i nodi che la Costituzione ha allacciato con le sue formule rivolte al futuro, formule che spesso rappresentano compromessi tra impostazioni diverse e dilazionano le scelte concrete. (...) La voce di Jemolo è sempre stata una voce «da dentro»; di uno che si sentiva partecipe di una sorte comune e di uno sforzo collettivo, il cui fallimento era anche il proprio fallimento. E oggi (...) avrebbe raccolto di nuovo le idee per un «Che cos'è la riforma della Costituzione», come nel 1946 non per spacciare proposte ex cathedra o unirsi al coro degli imbonitori ma per invitare a una nuova riflessione. Ma non è detto che avrebbe trovato un pubblico ben disposto. Oggi in Italia è diffusa un'insofferenza, una tendenza al dileggio verso ciò che suona richiamo a qualcosa di più elevato e di più difficile della semplice blandizie (che ne è strumentalizzazione) degli umori della gente, divinizzati in nome del popolo sovrano. E' un'insofferenza che trova alimento e fomento persino in ambienti intellettuali, i quali hanno fatto proprio, assumendolo come proprio stile e compito, ciò che si è di recente denominato «tersitismo culturale», mutandone il significato, da colpa in merito. Jemolo il quale dall'inizio instancabilmente ha ammonito contro i rischi di una democrazia senza qualità e contro il quietismo etico nelle cose politiche, insieme ad altri maestri come lui sarebbe stato sicuramente colpito dagli strali di costoro. E forse in questa polemica avrebbe potuto scorgere, più che in ogni altra cosa, il motivo di maggiore disperazione e di estremo degrado dello spirito pubblico, quale si presenta nel tempo che attraversa il nostro Paese. Gustavo Zagrebelsky

Persone citate: Gustavo Zagrebelsky

Luoghi citati: Italia