Romano degli spiriti nel mirino dopo 18 anni

In campo la Comunità cristiana Fininvest IL LEADER «MEDIUM» Romano degli spiriti nel mirino dopo 18 anni ROMA I N un giorno di pioggia in camB pagna, con bambini e altre persone, si faceva il cosiddetto gioco del piattino. Uscirono Bolsena, Viterbo e Gradoli...». Quella rievocazione, che Romano Prodi fece alla commissione Moro, a Luigi Covatta, Leonardo Sciascia e Luciano Violante, la rievocazione di un piovoso pomeriggio d'aprile in un anno orribile, quello del sequestro Moro, si è riaffacciata ieri, a pagina 4 del Foglio di Giuliano Ferrara, in una «lettera» firmata dal direttore di Raitre Luigi Locatelli. «Basse e ridicole insinuazioni a fini elettorali» le bolla il leader dell'Ulivo. E in effetti la commissione archiviò, «ma dopo interrogatori che durarono un'ora e mezzo» come ricorda oggi Luigi Covatta, il curioso caso di un gruppo di economisti, Prodi, Alberto Ciò e Mario Baldassarre che con mogli economiste anche loro, più cognati e bambini, ingannarono il tempo con una seduta spiritica dalla quale venne poi fuori il nome di Gradoli. Che è, come si sa, il nome della via in cui fu tenuto prigioniero Moro. A tirar fuori la storia è Luigi Locatelli, attuale direttore di Raitre. «Ho solo mandato una lettera a un vecchissimo amico, se poi Giuliano Ferrara ha deciso di pubblicarla, è nelle sue prerogative di direttore. Io non ne sapevo niente», dice Locatelli. Epperò l'abbrivio della missiva non lascia spazio a dubbi: «Penso possa interessare al suo bellissimo giornale l'appunto che riguarda la vicenda che ha avuto Romano Prodi nei giorni del sequestro Moro». Romano Prodi protesta: «Ma vi ricordate che clima cupo abbiamo respirato in quei giorni del 1978? Io lo ricordo ancora: avrei fatto qualsiasi cosa per salvare quella vita e, soprattutto, avrei riferito alle autorità qualsiasi elemento, anche il più assurdo e incredibile». E accusa Locatelli di cattiva memoria, o, peggio, di cattiva coscienza. Perché questa è la storia che è agli atti in uno dei 116 volumi della commissione parlamentare che indagò sul caso Moro: Alberto Ciò invitò nel suo casolare in campagna virino Bologna, a Zappe-lino, un gruppo di amici. Pioveva. Si misero a fare una specie di seduta spiritica, su un tema molto attuale e un po' macabro: in quei giorni tutti si interrogavano su dove potesse essere tenuto prigioniero Moro. «Erano così inesperti di pratiche magiche - ricorda ancora Covatta - che dovetti chiedere al senatore Corallo, un collega del pei, come si facesse il gioco del piattino». Il grande mistero, clie i membri della commissione cercarono di indagare, era se non si fosse cercato, visto che poi il nome Gradoli nel caso Moro si rivelò importante davvero, di mettere in circolazione una notizia attraverso una pratica «magica», al chiaro scopo di coprirne la fonte. «Ma fu subito chiaro, dopo aver parlato con Prodi, con Ciò, con Baldassarri e con le rispettive mogli, che questo non era accaduto»: caso archiviato, dunque. Ad accusare Locatelli, noto al grande pubblico per aver curato molte delle trasmissioni di Renzo Arbore, e per essere stato defenestrato da Bettino Craxi che pretese da Enrico Manca la sua destituzione da direttore di Raidue, è anche e soprattutto il senatore Antonello Falomi, esponente progressista della commissione di vigilanza sulla Rai: «Il giornalista Locatelli può pensare da cittadino ciò che vuole. Ma il direttore di Raitre è uno dei massimi dirigenti del servizio pubblico radiotelevisivo e a questo titolo non si può permettere di prendere pubblicamente posizione, impegnando la Rai in una triviale e strumentale polemica di taglio squisitamente elettorale». A leggere la nota dettata alle agenzie, Locatelli scalpita: «E che, il dirigente di un servizio pubblico è un cittadino di serie B? Credevo, nonostante sia un dipendente Rai, di avere gli stessi diritti d'espressione che la Costituzione garantisce agli altri cittadini». E perché, si chiede ancora Locatelli, non si è protestato quando le vedettes televisive, titolari di ben altri poteri di persuasione, si sono schierate apertamente in favore di questa o quella parte politica? Insomma, una que¬ relle all'italiana, con i buoni e i cattivi che non si sa mai da che parte stiano. Certo è che qualche strano sentore nella lettera c'è. Perché, per esempio, mandare un «appunto», con tanto di virgolette, per rievocare tutta la vicenda? «Perché quello è davvero un appunto, scritto non da me, ma da un collega. E' una ricostruzione esatta. Solo che non mi ricordo più chi me l'abbia fornita». Tanto esatta, poi, non è: vi si dice che Prodi avrebbe «interrogato» le anime di La Pira e don Sturzo. Men¬ tre negli atti della commissione Moro La Pira è il solo citato. Insomma, Locatelli lancia il sasso. E Prodi si dimostra preso dal più diffuso vizio nazionale: la superstizione. «Non è vero. Io non credo ai fenomeni paranormali. Ma c'era una profonda emozione, quella sera, che mi spinse - come è noto - a riferire alle autorità quanto avevo appreso in quella circostanza». Come dire: non è vero, ma ci credo. Antonella Rampino Il direttore di Rai 3 rievoca sul Foglio la seduta medianica per trovare Moro Prodi: avrei fatto di tutto pur di salvarlo grodi ha «lanciato» la Fininvest anticristiana», mettendo in mbarazzo l'Ulivo: D'Alema lo a difeso («condivido in pieno»), ma in privato ha confessato una erta sorpresa per la sortita del rofessore; Lamberto Dini ha etto di non aver mai «pensato d una Fininvest anti-cristiaa», il segretario della Cisl Sero D'Antoni ha infilato il suo go avvelenato sostenendo che i «scristianizzazione della tv a già parlato il Papa e meglio i Prodi», mentre il verde Mauo Paissan ha giudicato «poco nteressante valutare il gradi di ristianità delle emittenti tv». g qstrano un tasso di oscurantismo che preoccupa. Per le tv esiste un mercato e i telespettatori hanno la possibilità di cambiare canale...». E vista l'aria che tira, Fini risfodera i «matrimoni» tra gay: «Mi sembra difficile pche Prodi avna. Il segretIl la PrRomano dnel mirino 0 11 E

Luoghi citati: Bologna, Bolsena, Gradoli, Roma, Viterbo