De Beauvoir, fragile metà di Gabriella Bosco

De Beauvoir, fragile metà il caso. AIO anni dalla morte, la rivelazione nelle lettere «epurate» De Beauvoir, fragile metà Vessillo femminista, soggiogata da Sartre w|L 14 aprile 1986 moriva a I Parigi Simone de Beauvoir. I Dieci anni dopo, l'autrice I del Secondo sesso non è più U la stessa. L'anniversario, che la Francia non ha celebrato ufficialmente, è occasione per fare il punto su una sopravvivenza difficile. Figura faro dell'esistenzialismo al femminile, sacerdotessa del femminismo, simbolo e vessillo della liberazione sessuale. A lungo Simone de Beauvoir è stata considerata tutto questo, per le sue opere ma anche al di là delle opere stesse. Qualifiche che erano talmente note e riconosciute, da risultare superfluo andare ancora a verificarle rileggendo le sue pagine. Poi però le immagini poco alla volta sono parse datate e l'idolo si è infranto, trascinato dall'infrangersi dell'idolo Sartre. E ciò che era successo in positivo per la coppia nel suo insieme in virtù della forza trascinante del filosofo, potrebbe ora succedere anche in negativo. Ciò che è stato rimproverato a lui, viene poco alla volta inevitabilmente trasferito a lei: il volontario lungo accecamento nei confronti del totalitarismo sovietico, il netto e consapevole ritardo nel prendere posizione rispetto all'antisemitismo, un notevole qualunquismo, radicale separazione tra il dire e il fare nell'arrangiamento delle questioni private, lo sfruttamento di persone influenzabili coinvolte in giochi di dipendenza erotico-sentimentale pericolosissimi per la psiche. Ecco perché ha senso, oggi, leggere le lettere private di Simone de Beauvoir: il cospicuo corpus epistolario, sinora inedito in Itaha, che esce da Vallecchi a cura di Ida Savarino, Simone de Beauvoir svelata dalle lettere a Sartre soldato (ne diamo due brani in questa pagina). La figlia adottiva di Simone, Sylvie Le Bon de Beauvoir, decise di farle pubblicare quando nel '91 le ritrovò accuratamente catalogate e riposte in una soffitta. «Dire tutto per dire il vero», scrisse allora Sylvie. Ovvero far venire fuori il vero volto di Simone de Beauvoir Non più l'immagine stereotipa, legata ai notissimi ritratti fotografici con il turbante, della scrittrice seduta a un tavolino dei «Deux Magots», il caffè quartier generale del drappello esistenzialista a Saint Germain-des-Prés. Simone de Beauvoir non amava mettersi in mostra rispondendo a interviste, parlando a ruota libera della propria esperienza e del proprio ruolo. La mancanza di docu menti diretti e autentici rischia di essere determinante, in funzione dell'odierno rinnegamento della coppia Sartre-de Beauvoir. Tanto più che la pochissima documentazione diretta, proprio in virtù della sua pochezza, rischia di essere controproducente. Lo è ad esempio l'intervista a due con Sartre che Simone de Beauvoir aveva concesso dopo lunghe resistenze, poi inclusa nel volume Simone de Beauvoir oggi di Alice Schwarzer. Alla domanda dell'intervistatrice sulle idee della coppia e le eventuali reciproche influenze, Simone de Beauvoir aveva risposto: «E' quel che chiamerei un'osmosi. Le decisioni le prendiamo in comune, i pensieri potrei dire che li sviluppiamo in comune. Ci sono però dei punti sui quali Sartre mi ha influenzata: per esempio, è soprattutto lui il filosofo, e le sue idee filosofiche io le ho adottate». L'ipotesi - volendo - di plagio, sulla base di affermazioni come questa sarebbe ampiamente legittimata. E così quella di scollamento dalla realtà: l'intervista della Schwarzer, realizzata a Roma nel '73 a soli cinque anni dal Maggio francese che aveva portato la coppia Sartre-de Beauvoir sulla bocca di tutti come esempio di comporta mento, faceva luce in maniera inquietante sulla mistificazione quello della coppia aperta era in effetti un gioco intellettuale ideato da Sartre cui Simone si era adeguata per essere all'altezza. Se poi si pensa alla cura quasi maniacale con cui Simone de Beauvoir procedette all'epurazione delle lettere di Sartre quando, morto lui, decise di renderle pubbliche, il sospetto di manipolazione della realtà si fa ancora più netto: le parentesi quadre a matita rossa, che indicano negli originali manoscritti l'interdetto, piovvero a condanna re ciò che atteneva alla sfera della verità di Simone de Beauvoir, i passi in cui Sartre parlava senza veli alla sua anima. Simone voleva con forza che quella parte di lei restas se segreta. Ecco perché dichiarò sempre che le proprie lettere a lui erano andate perdute. Sono carte da cui emerge chiara una grande fragilità. Fragilità non di donna ma di persona. Da qui la necessità, non pacificata, di frapporre degli schermi. «Come vorrei del solido, del vero», scrive Simone a Sartre in un momento di sconforto e di sincerità. Le maschere, il suo «si stema», erano in realtà una difficile, insostenibile sfida. Gabriella Bosco A sinistra una foto giovanile di Simone de Beauvoir. A destra Jean-Paul Sartre nel '39, in divisa da soldato. In alto la celebre coppia che il Maggio francese aveva eletto a modello

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