Baudelaire e la sublime finezza del Diavolo; confesso che ho rubato

Baudelaire e la sublime finezza del Diavolo; confesso che ho rubato LETTERE AL GIORNALE Baudelaire e la sublime finezza del Diavolo; confesso che ho rubato Tutti lo sentono nessuno ci crede lì' questa un'età di superstizioni. Crediamo nel 13, nel 17, si stenta a partire, a sposarci, a intraprendere un'arte e una professione in certi giorni della settimana, giriamo con il ferro di cavallo, appendiamo il ciondolo delle corna allo specchietto della macchina proprio per evitare le corna. Sarà perché «di venere e di marte non si sposa e non si parte e non si dà inizio all'arte» che falliscono i nostri affari se intrapresi di venerdì o di martedì. Così gli artisti attribuiscono i loro insuccessi alla sfortuna di aver iniziato la loro opera in quei giorni, i professionisti, i commercianti, noi tutti mandiamo a monte incontri, rapporti di amicizia, cene che cementano la solidarietà con gli altri se per caso vi entri di mezzo il numero 13 e 17 di convitati, di ricorrenza del mese, di qualsivoglia combinazione. Se potessimo salteremmo quelle cifre anche nell'età che trascorriamo tantoché quando arriva pei i nostri figli l'età indesiderata dei 13 o dei 17 anni, sudiamo freddo per loro e li facciamo stare con le corna puntate agli scongiuri per un anno intero. E intanto i matrimoni falliscono, le separazioni e i divorzi aumentano non per il nostro cattivo carattere, o la poca disponibilità a sopportare i reciproci difetti della convivenza, ma, se ci pensiamo bene, perché abbiamo stretto il legame di martedì o di venerdì. Per converso aumenta la nostra fiducia nei maghi, in tutti gli imbroglioni decisi a speculare sul nostro senso di insicurezza per darci promesse di successo, di amore, di ricchezza a piene mani. In tutto questo crediamo, nei numeri, nei tarocchi, nelle sfere di cristallo, e intanto diminuisce in noi la fiducia nel soprannaturale anche di segno maligno perché «alla gente di questo secolo riesce più difficile credere nel Diavolo che amarlo. Tutti lo sentono e nessuno ci crede. Sublime finezza del Diavolo». (L. Baudelaire) Zeno Fortini, Urbino La divinità della natura Su Società e Cultura del 4 aprile, il titolo: «Duello sulla fede tra Severino e Vattimo». Di quanto scritto in seguito, ne ho letto una parte e, poiché il quesito me lo sono posto anch'io, se mi è permesso, voglio esprimere cosa ne penso. Tenuto conto che i miei spirito e cervellino non riescono ad elevarsi nel trascendentale tanto da giungere a conoscere Dio, sono sceso sulla Terra e, osservando la Natura che, facendone parte, la vedo, la tocco e la vivo, non posso non pensare alla Divina Intelligenza di Clù o Cosa l'ha creata. Essa è composta da mfiniti miracoli e meraviglie che vanno da un microrganismo all'Universo dove ne è perfezione la Sua imperfezione e, pertanto, la venero anche se, in Essa, non c'è soltanto il bello ed il buono pur se, così, ne rispetto e venero il Creatore. Certo ne nascono di perplessità e, anche leggendo gli scritti di filosofi, pensatori e religiosi, non si riesce a trovare il bandolo della matassa; neanche sono disposto a credere che la Bibbia, il Corano ed altri credo siano stati scritti da Deità ma da uomini pervasi di misticismo per cui non si possono accettare come «oro colato». La vita non è bella perché il male e insito nella Natura; lo sarebbe, relativamente, se la morte fosse sempre benigna. Giovanni Cesaraccio Volvera (To) Peccatori contro il settimo comandamento Ho recentemente letto che Sua Santità Giovanni Paolo II ha impartito disposizioni ai cattolici affinché, nel corso della confessione, ed in caso di peccati contro le tentazioni carnali, dichiarino non soltanto di aver violato il sesto comandamento, ma rispondano sinceramente alla fatidica domanda: quante volte? Da laico, quale sono, non posso che rispettare tale disposizione, alla quale volontariamente si sottoporranno coloro che libera- mente hanno scelto di adempiere gli obblighi imposti dal magistero ecclesiastico. Da cittadino, tuttavia, mi rammarico che non sia stata dettata una parallela disposizione in base alla quale ai cattolici che hanno violato il settimo comandamento rubando denaro pubblico non venga in sede confessoria posta obbligatoria¬ mente la domanda: quanto? Ma forse sono un ingenuo, perché i molti cattolici che hanno molto rubato, non solo non l'hanno finora confessato ai giudici, ma molto probabilmente neanche ai propri confessori. A. Sciolla Lagrange Torino Troppi slogan sul Sud assistito Si parla spesso di Mezzogiorno e meridionalismo, si parla tanto di efficientismo contrapposto ad assistenzialismo. Non che se ne approfondisca il contenuto, è uno slogan e come tale funziona. I due concetti da una parte politica vengono spesso usati come distintivi di due realtà differenti, ed il punto referenziale è di per sé evidente. Nord produttivo ed efficiente, volenteroso e capace, Sud improduttivo e povero, inefficiente ed assistito. Nessuno o quasi approfondisce la vera realtà delle cose, poiché si tratta solo di verità parziali. Parte del Sud prima della recessione agricola, non era affatto povero ed improduttivo. E' stato l'ultimo quinquennio a provocare lo sfascio. L'agricoltura della Sicilia orientale era ricca, Catania e l'area vicina, dinamica e produttiva per l'apporto delle piccole e medie imprese. Altre zone felici esistevano in Sicilia ed in altre parte del Meridione. Primo errore, valutare intere regioni, senza operare le debite analisi differenziate. La realtà di Catania è certo differente da altre aree povere del Mezzogiorno. Secondo errore, mancanza di memoria storica, misconoscenza della storia economica meridionale, e di alcune scelte dei governi nazionali, che nel tempo si sono distinti in decisioni dalle conseguenze negative per il Meridione. Altro punto dolente, la lascivia e l'inefficienza delle classi dirigenti meridionali, unite all'avidità delle classi dirigenti del Settentrione. La storia eh' tali errori è lunga, si potrebbe partire dal tacito patto d'accordo fra la borghesia industriale del Nord e la borghesia agraria meridionale, che se pur transcodificata nel tempo ha agito in modo sotteso, profondo. Gli investimenti produttivi, con aree industriali collegate fra loro, con sistemi di viabilità moderni ed efficienti, con autostrade collegate agli aeroporti ed ai porti, sono state realizzate o no al Nord? e le cattedrali nel deserto invece, al Sud. Casi del destino, o scelte storicamente riconducibili a taciti accordi di gramsciana memoria. Il marxismo non c'entra nulla, Gramsci è stato uno storico lucido e razionale, che ha ricostruito criticamente tale vicenda. Se non la si finisce di usare gli slogan, e si inizia un serio ragionamento, eliminando dalla discussione retoriche verbali, luoghi comuni ed impliciti atteggiamenti di pseudosuperiorità, nulla sarà mai risolto in Italia. Un esempio vorrei portare: nonostante la grave recessione econo mica a Paterno, città etnea un tempo fiorente nell'agrumicoltu ra, si sta realizzando un'area in dustriale fondata su piccole e me die imprese, funzionali per la tra sformazione dei prodotti agricoli. Altri progetti legati all'agriturismo sono in progettazione, e ten dono a creare una linea di collega mento fra la collina storica, un unicum dell'architettura normanna in Sicilia (comprende la Torre normanna del XII secolo, abitata da Federico II, e meravigliose strutture chiesastiche medievali), al percorso dei mulini. Edifici ot tocenteschi, questi ultimi, costruiti su roccaforti arabe della fine del primo millennio dell'era cristiana, ed una zona periferica, Le Salinelle, ricca di ritrovamenti di epoca greco-romana. Dopo centinaia di anni di silenzio, questa realtà sta emergendo Prescindendo dalle retoriche verbali e dai luoghi comuni sul meridionalismo, un vero limite delle classi dirigenti del Sud, è stato il non riuscire a valorizzare il patrimonio esistente. Salvo Fallica, Paterno Catania Grossman e la fine di Rabin Ho letto la mia intervista pubbL cata ieri sul vostro giornale e sono rimasto stupito nel vedere il titolo che afferma, come se fossero parole mie, che io avrei previsto l'assassinio del primo minsitro Yitzhak Rabin. Non ho mai profe rito parole del genere, né esse ri flettono il mio pensiero. Chiunque legga l'intervista constaterà che in essa non vi è niente che possa indurre ad affermare una cosa del genere. David Grossman, Gerusalemme

Luoghi citati: Catania, Gerusalemme, Italia, Paterno, Sicilia, Torino