Monrovia bombe e colera di E. St.

Primi casi del morbo, rischio di epidemia. Gli Usa sospendono il salvataggio degli stranieri Primi casi del morbo, rischio di epidemia. Gli Usa sospendono il salvataggio degli stranieri Monrovia, bombe e colera Ma nella notte s'annuncia la tregua MONROVIA. Saccheggi. Bombardamenti. Stranieri abbandonati a se stessi. La Liberia è di nuovo nel caos. L'alto commissariato dell'Orni per i rifugiati, l'Unicef, le organizzazioni umanitarie hanno annunciato che faranno ripartire il loro personale da Monrovia. Ieri mattina i volontari delle organizzazioni internazionali si sono rifugiati presso l'ambasciata degli Stati Uniti (dove si sono messi in salvo anche due italiani). Giovedì sera - hanno raccontato alcuni di loro all'agenzia di stampa «France Presse» - le sedi delle organizzazioni sono state depredate e saccheggiate. «Hanno detto che questa sera sarebbe: o tornati, e ci avrebbero uccisi», dice un testimone. Nella notte appena trascorsa è stata annunciata una tregua, che potrebbe rivelarsi inconsistente ma ha impegnato la mediazione del Ghana con l'ausilio dell'Onu ed è stata accettata dalle parti in lotta: «Come risultato dei negoziati - ha detto il viceministro degli esteri ghanese, Mohamed Ibn Chambas - è stato concordato un cessate-il-fuoco immediato». La giunta governativa liberiana ha anche accettato che l'Ecomog (forza di pace interafricana, finora poco efficace) isoli gli acquartieramenti del centro di addestramento Barclay, dove sono asserragliati i miliziani del ribelle Roosevelt Johnson. La battaglia è infuriata per tutto il giorno, e le forze americane hanno dovuto rinunciare a rintracciare gli stranieri dispersi. Al telefono della sua villa, dove è assediata con il marito e i tre figli, l'italiana Monique Maconi lancia un nuovo drammatico Sos: «Hanno massacrato anche i nostri cani, i soli che erano rimasti a proteggerci. Temiamo stiano per arrivare i tagliagole. Portateci via». Ieri mattina, Monrovia è stata di nuovo scossa da forti esplosioni. Le truppe governative hanno ripreso a cannoneggiare le caserme in cui sono asserragliati migliaia di sostenitori del leader ribelle Roosevelt Johnson. Alcuni testimoni hanno riferito che due bambini sono stati uccisi e altre 17 persone sono rimaste ferite quando alcuni proiettili di mortaio hanno colpito un'installazione militare. Nella nottata i combattimenti avevano provocato sette morti nella cappella di una caserma. «E' il caos totale. Ci sono saccheggi diffusi e scontri in tutta la città. Sembra che nessuno abbia il controllo», ha commentato il portavoce dell'ambasciata Usa Dudley Sims. Il funzionario americano ha quindi confermato che tre persone hanno saltato la recinzione intorno alla rappresentanza diplomatica e sono state cacciate dalle forze di sicurezza, ma ha negato che vi sia stato uno scontro a fuoco. Nel frattempo le forze statunitensi hanno sgomberato più di 900 persone. All'operazione si unirà fra breve anche un mercantile britannico che incrocia al largo delle coste liberiane. Quanto alla situazione sul campo, si è appreso che le truppe governative stanno saccheggiando e occu- pando diverse case. Dell'esercito regolare fanno parte molti ex ribelli arruolati l'anno scorso dopo il raggiungimento dell'accordo di pace. E la Liberia è ora minacciata dalle epidemie di colera e di meningite che imperversano nell'Africa occidentale. I primi casi di colera si sono verificati ieri in un campo militare. Ma il Paese non dispone dei mezzi per fronteggiare il rischio di epidemie: la ripresa dei combattimenti - ha affermato l'Organizzazione mondiale della Sanità ieri a Ginevra - avrà un gravissimo impatto sulle già scarse prestazioni dei servizi pubblici di sanità. Suor Gaudenzina Aritocchi, in salvo dall'altro ieri a Dakar, dopo aver passato giorni tremendi in Liberia insieme a tre sorelle, racconta la sua odissea come se si liberasse di un peso. «Mi trovavo insieme con le mie sorelle a casa quando sabato pomeriggio hanno cominciato a sparare poco lontano da noi con fucili e armi pesanti ed hanno continuato per ore. Poi sono arrivati i saccheggiatori. Il giorno di Pasqua ci sono entrati in casa per due volte, eravamo terrorizzate. Ci hanno rubato la radio e così siamo rimaste isolate, non potevamo più comunicare con nessuno. I saccheggiatori hanno continuato a venire e hanno rotto tutto, i vetri le porte e quel che non potevano portare via. Sono venuti a salvarci con un'ambulanza che ci ha portato in ospedale. Lì c'erano molti feriti». [e. st.]

Persone citate: Barclay, Dudley Sims, Mohamed Ibn Chambas, Monique Maconi, Roosevelt Johnson