Solzenicyn pianista tra due Mondi

17 Incontro col figlio del grande dissidente: «Grazie Stati Uniti, ma il vero amore è la Russia» Solzenicyn, pianista tra due Mondi «Senza musica non vivo» "7v~| FILADELFIA 11 UANDO Aleksandr SolzeI I nicyn lasciò l'ospedale pro1 I vinciate nel Kazakstan dove Y 'era st340 in cu13 per un canV ero addominale, gli davano tre settimane di vita, ma lo avevano anche avvertito: semmai inopinatamente fosse rimasto vivo, non avrebbe mai potuto avere figli, a causa del trattamento (raggi X) che aveva subito. Dieci anni più tardi sposava (in seconde nozze) Natalia Svetlova e uno dopo l'altro, a distanza di un anno tra di loro, nascevano tre figli. Il secondo, Ignat, oggi ventiquattrenne, è quello che gode già di celebrità personale come musicista. Non si è trasferito in Russia al seguito dei genitori, pur recandosi spesso a visitarli; la sua base è a Filadelfia, negli Stati Uniti, con qualche soggiorno di studio e meditazione nella solitaria casa paterna nel Vermont. Molto estroverso da ragazzo, il giovane Solzenicyn si immerge sempre di più in una sua intima ricerca che stenta a rivelare, malgrado l'estrema affabilità e facilità di contatto. C'è un limite da non varcare, e in questo assomiglia alla madre più che al padre. Come mai proprio Filadelfia? «Ho portato a termine i miei studi di pianoforte al Conservatorio Curtis di questa città, una delle due migliori scuote musicali degli Stati Uniti. Allora tutta la famiglia viveva ancora in America. In questo conservatorio ho iniziato un cammino musicale parallelo come direttore d'orchestra». Ignat ritiene di non avere il dono del compositore; se fosse diversamente, dice, da tempo avrebbe sentito il bisogno di provarcisi. Ricordo che all'età di quattro anni, nel Vermont, suonava sul vecchio piano completamente sgangherato rimasto nella casa comprata da suo padre dagli eredi di un uomo d'affari di Nuova York; non conosceva una nota, e naturalmente improvvisava. Mi capitava spesso di ascoltarlo dalla cucina, che non era lontana dalla stanza dei giochi dei bambini dove il pianoforte si trovava. I suoni così estratti da quel vecchio piano completamente stonato facevano presagire un talento insolito. Quel periodo Ignat dice di ricordarlo poco. Forse appartiene a quel mondo al quale è vietata l'entrata. Ammette però che fin da allora capiva «di non poter vivere senza la musica». Oggi la sua vita è da essa interamente assorbita. Parlando di letture nomina en passant, col tono di voce di chi parla di amici particolarmente cari, Shakespeare e Dostoevskij; i compositori preferiti sono Schùbert, Beethoven, Mozart, Bach. «Ma mi sembra che dei compositori si può dire come di tutti gli esseri umani: in ognuno c'è un affascinante mistero, a volte tenero, a volte tragico, sempre bello «Appartei continespesso in da scoprire. Trovo nelle opere di tutti, mi sembra, accenti che mi colpiscono e mi commuovono. Le ultime stagioni musicali sono state molto dense. Ho suonato con le orchestre sinfoniche di San Pietroburgo, Pari- gi, Filadelfia, Montreal. Con l'orchestra di Filadelfia ho suonato il Primo concerto di Brahms, a Filadelfia stessa e poi a Carnegie Hall. Più molti recital di pianoforte nei luoghi più svariati». Non ci sono stati per ora, mi sembra, concerti in Italia, ma Ignat conosce questo Paese: da ragazzo vi ha trascorso alcuni mesi per studio, all'Accademia Musicale di San Gimignano. «Serbo un ricordo pieno di calore e di felicità di quel periodo. Non conosco nessun altro Paese che possieda un così immenso retaggio culturale. Mi sembra, poi, che ci sia in Italia, nella cultura contemporanea e nella vita quotidiana, una particolare eleganza che è il prodotto di questi tesori accumulati nei secoli». Mentre Ignat parla, ricordo la sua prima visita a Roma e l'intensità con la quale scopriva e registrava ogni cosa nella mente e nel cuore. E' difficile dire quale dei due prevalga in lui: forse è un caso di felice integrità, abbastanza tipica per i russi di talento. Arrivato negli Stati Uniti da bambino, Ignat non poteva serbare alcun ricordo della Russia. E' vero che la lingua e la cultura del Paese d'origine erano presenti nella vita in casa, ma la scuola e gli amici erano americani e ben presto i tre fratelli avevano cominciato a usare quella lingua nelle conversazioni tra di loro, mentre con i genitori parlavano russo. Contrariamente a quanto avviene spesso nelle famiglie di emigrati, non c'era nessuna condiscendenza in questo rivolgersi alla famiglia in una lingua che poteva apparire loro come un vestigio della storia. La mia impressione, mentre condividevo la loro vita nei primi anni dopo il trasferimento negli Stati Uniti, è sempre stata che Aleksandr e Natalia avessero veramente saputo trasmettere ai figli la fede nella presenza di una Russia temporaneamente invisibile ma perfettamente concreta. Rimane il fatto che l'incontro fisico e personale con la patria dei genitori (i tre ragazzi Solzenicyn sono cittadini americani) è avvenuto quando Ignat era già una persona adulta. Come vive e come definisce egli stesso il suo rapporto con questi due Paesi? «E' un legame fortissimo in entrambi i casi, ma di natura differente. Amo l'America, conosco i suoi usi e costumi, li capisco; ho molti amici americani; ho un attaccamento che definirei fisico a quelle regioni della Nuova Inghilterra dove sono cresciuto insieme ai miei fratelli. Dirò di più: appartenendo a entrambi i continenti, quello europeo e quello americano, penso che gli europei sono spesso ingrati verso gli Stati Uniti o che comunque non sanno comprendere questo Paese. Rimane pur sempre il Paese più libero e più generoso, che per ben due volte ha salvato l'Europa in questo secolo. Quanto alla Russia, ci avevano insegnato ad amarla fin da quando eravamo piccolissimi. Da re/ '93 hdei genitra i Pae bambino e da adolescente sono sempre vissuto nella convinzione che un giorno sarei tornato in Russia ed avrei potuto esserle utile. A casa non solo parlavamo russo, ma studiavamo la storia, la letteratura, leggevamo poesie in russo. Nell'autunno del 1993 c'è stato il primo impatto reale con questo Paese. L'amore e la fedeltà fino ad allora in un certo qual modo teorici si sono tramutati in una realtà concreta. Penso che provo per la Russia un sentimento addirittura più profondo di quello che mi lega all'America. Il suo futuro è molto importante per me, i suoi problemi mi riguardano direttamente, sono i miei problemi. Oggi la Russia sta traversando un difficilissimo periodo di transizione. E' chiaro da dove viene, ma è assolutamente incomprensibile e imprevedibile dove vada. La mia speranza è che si rafforzi in modo tale da riusci¬ re a nutrire la propria gente, poi che occupi il posto che le spetta fra i Paesi liberi e benestanti». L'interesse appassionato che gran parte dell'umanità (in Russia forse più che altrove) prova per l'arte e in particolare l'amore per la musica: qual è, secondo Ignat, l'origine di questi sentimenti? «Non riesco a capacitarmi - dice - del fatto che un'opera musicale, un quadro o un romanzo di alcuni secoli fa continui a commuovere i posteri, provocando lagrime o gioia, disperazione o estasi. Quel che io vedo nell'arte di più prezioso, e che è forse alla radice dell'eterna attrazione che esercita sull'umanità, è un miracolo di comunicazione che si instaura tra il creatore dell'opera e 0 pubblico. E' per me l'aspetto inafferrabile e irresistibile dell'arte, Ascoltiamo il Requiem di Mozart o la Nona di Beethoven e vi troviamo l'espressione, l'incarnazione di sentimenti ed emozioni che tutti in qualche modo conosciamo o abbiamo sfiorato, ma che non sappiamo, non voghamo o non osiamo esprimere. Comunicando attraverso l'arte con un grande creatore ciascuno di noi trova se stesso, impara a conoscersi e capisce di non essere solo. A mio parere è questo il più grande e più fecondo mistero dell'arte». Per anni Ignat studiò a Londra con la grande maestra di piano Maria Curcio, napoletana di origine, alla quale io presentò Mstislav Rostropovich, convinto che egli non avrebbe potuto avere una maestra migliore di questa grande dame italiana della musica. A quell'epoca la sua famiglia e molti amici si chiedevano se l'essere figlio di un padre così celebre e così spesso controverso non sarebbe stato per lui un grave handicap, esponendolo a facili lusinghe ma anche a violente avversioni. Ignat dice che era conscio del problema ma molto tranquillo. «Nessuno sceglie i propri genitori, ma sono convinto che l'esempio di mio padre è stato una fonte d'ispirazione, per l'onestà e il coraggio che hanno caratterizzato la sua vita. Il suo amore totale per il lavoro dello scrittore era un continuo incoraggiamento. Forse gli esperti psicologi dissentiranno, ma io sono sicuro che i figli rispondono alla sfida posta dalla forte personalità dei genitori cercando di raggiungerli, magari di superarli. Per questo mi ritengo fortunato». Irina Alberti «Appartengo a entrambi i continenti magli europei sono spesso ingrati con gli americani» re/ '93 ha conosciuto la patria dei genitori: «Merita un posto tra i Paesi liberi e benestanti» Aleksandr Solzenicyn e la seconda moglie Natalia Svetlova, a Roma nel 1994. Sopra, Ignat Solzenicyn