Gli incerti del «revival religioso» e una pensionata fuori di sé

Gli incerti del «revival religioso» e una pensionata fuori di sé AL GIORNALE Gli incerti del «revival religioso» e una pensionata fuori di sé Fra Eternità-tortura e Aldilà-convegno Gravi problemi tormentano molti indecisi, attualmente, fra il «revival» religioso di numerosi anziani e l'incertezza elettorale di tanti giovani. Infatti, i revivalisti del vecchio nuovo cattolicesimo sembrano divisi - anche nel segreto della cabina - secondo ideali diversissimi del Paradiso. Da una parte, i cultori delle punizioni a tutto campo sognano una Eternità piena di flagellazioni e castighi a tutto spiano: come nelle pale d'altare con supplizi terribili, film e telefilm con lager nazisti cattivissimi e «bestseller» per il grosso pubblico. D'altro lato, gli innumerevoli pensatori italiani formati su Heidegger e Husserl, per non parlare di Nietzsche e Derrida, si prospettano un Aldilà quale eterno convegno-dibattito non-stop coi cardinali Martini e Tonini, e anche con monsignori minori, su temi da Università Gregoriana o Cattolica, e anticipazioni con flash d'agenzia per chi non riesce a resistere sull'attualità di Belzebù. Ma cosa mai accadrebbe in Paradiso se i vari aspiranti convegnisti e conferenzieri, coi loro «interventi» preparati a tavolino, si trovassero immessi nel martirio dei Santi più venerati nei santuari? E se i candidati alle torture più sadomaso del martirologio venissero presentati con un bell'applauso in una tavola rotonda di tipo televisivo, ma durevole come nella Divina Commedia? Le ipotesi teologiche paiono ovviamente accademiche. Ma come risolverle concretamente, sulla scheda del prossimo voto? Alberto Arbasino Promesse vane a una vedova pensionata Sono una pensionata al minimo. La pensione di mio marito morto nel 1990, arrivata la mia miserissima quota per vivere, oggi di 659.000, mi decurtarono quella reversibile di quasi tutto. Fino a dicembre '95 ho sempre percepito 11.000 lire. Avendo frattanto fatto ricorso e riconoscendomi il 60% della reversi¬ bilità mi hanno inviato un acconto di arretrati di circa 80%. Arrivati finalmente al hanno strombazzato che avrebbero dato il 60% della minima alla vedova partendo da aprile. Ma quando mai? Siete una masnada di bugiardi. Avete teso solo mia trappola perché andassimo a votare. Bene, io a votare non ci vado e prego Billia di dichiarare quale stipendio prende pubblicamente. Una pensionata fuori dai gangheri. Bartolomea Piovano, Torino Un ritorno da Salò I telespettatori che hanno assistito alla trasmissione di venerdì sera 5 aprile alle ore 20,30 su Raitre sono sicuramente numerosi. In questa trasmissione si fronteggiano il Polo e l'Ulivo e i partecipanti di spicco delle due Alleanze contrapposte erano da una parte Fini e il professor Urbani e dall'altra il professor Furio Colombo e Rosy Bindi. Ma che quella di venerdì sera non fosse una sera come le altre lo si capì sin dall'inizio per due motivi. 1. L'aggressività che il leader di An ha messo subito in evidenza nel rispondere con marcata durezza e con una punta di sopportazione ai suoi interlocutori. 2. Nella vetrina del Polo trovava posto Giorgio Albertazzi attore noto, ma anche noto come ex ufficiale della Repubblica di Salò e per i fatti da lui compiuti proprio quale ufficiale della Repubblica fondata dal Duce del Fascismo per mettersi al servizio di Hitler dopo l'8 settembre 1943. La sua presenza per quello che Albertazzi ha detto e fatto è stata senza dubbio un ritorno da Salò. Ha detto che dopo la sua partecipazione molto attiva di repubblichino, si staccò da Abiurante, fondatore dell'Msi, per peregrinare in numerose altre forze politiche, tra le quali i radicali e gli anarchici, ma senza mai trovare l'ambiente desiderato. Ora invece è rientrato in politica per l'attrazione che Fini esercita su di lui con la sua personalità; e questo lo conforta nella sua voglia di fare politica come a lui piace. Fino a questo punto è soltanto questione di gusti; ma subito dopo Albertazzi, con aggressività, ha rinfacciato Furio Colombo per essere presente nella parte avversa e lo ha fatto con tono di ammonimento marcato e impetuoso e quasi un'invettiva e un insulto pronunciando la parola «Russia»; con piglio fascista di buona marca. In questo episodio televisivo, non marginale, ci sono dei perché non facili da capire: 1. Perché Fini ha messo in vetrina Albertazzi durante questa campagna elettorale importante in cui i post fascisti tentano di andare al Governo del Paese? 2. Perché Fini sfida gli avversari ostentando sicurezza e spregiudi- catezza, quasi senza controllo? Vuole recuperare la frangia estrema del suo schieramento e ricompattare tutti gli ex fascisti e quindi disporre di una notevole forza d'urto post-elettorale? Oppure ostenta un ritorno da Salò perché al vertice di Alleanza nazionale c'è una voglia inconscia di un ritorno a Salò; o almeno di un ri¬ torno alle origini del fascismo nonostante la sconfessione del passato fatta a Fiuggi? Siamo, in sintesi, per Alleanza nazionale, al richiamo impellente e nostalgico del fascismo di Mussolini proprio in vista del traguardo da raggiungere il 21 aprile? Le domande non le poniamo ovviamente a Firn, ma le rivolgiamo agli italiani perché ricordino la realtà di una dittatura storicamente vicina e lo facciamo sottolineando che la follia totalitaria durò 20 anni e portò all'Italia lagrime e sangue. Non è sicuramente con un ritorno da Salò e dintorni, provocatore e pieno di sottintesi trasparentissimi, che si risolvono le gravi contraddizioni di questa nostra Italia. Chi pensa a questo ha già fatto una scelta contro superata dalla storia. Cornelio Valetto, Torino Quelle sentenze in scienza e coscienza Sono un ex magistrato e circa il caso Di Pietro non intendo certo criticare il merito delle decisioni dei gup di Brescia, sia perché non conosco gli atti dei procedimenti sia perché, almeno fino a prova del contrario, debbo presumere che le sentenze siano state rese in scienza e coscienza, per puro amore di giustizia e verità. Dunque, per tre volte i pm hanno chiesto il rinvio a giudizio, e per tre volte le richieste sono state disattese. Si tratta di un caso assolutamente eccezionale. A meno di voler pensare (e mi rifiuto di farlo) ad atti deliberatamente persecutori da parte dei pm, è ragionevole ritenere che le richieste di rinvio a giudizio avessero una loro intrinseca plausibilità. Non è possibile che due pubblici accusatori siano stati così impreparati tecnicamente e così privi di buon senso da richiedere il giudizio se non fossero emersi elementi certo opinabili ma non, per così dire, grottescamente destituiti di ogni verisimiglianza. Se così è, se ne deve dedurre che i due gup, per smentire quegli ele¬ menti di accusa di per sé non «campati in aria», hanno approfondito il materiale probatorio, lo hanno verificato ed esaminato con estrema cura ed hanno poi ritenuto, certo in buona fede, che il dottor Di Pietro era innocente. Il problema, però, a mio avviso, non è tanto quello di stabilire se Di Pietro sia stato giustamente o ingiustamente prosciolto. Il vero problema, che interessa una miriade di cittadini, è che i gup, non sempre, certo, ma nella stragrande maggioranza dei casi si adeguano in toto alle richieste dei pm. Perché ima richiesta di rinvio a giudizio venga disattesa, occorre proprio, normalmente, che sia clamorosamente infondate e ai limiti deU'assurdità: cosa che accade ben di rado, e che certamente è difficile credere sia accadute nel nostro caso. Conclusione: al dottor Di Pietro è stato reso un trattamento verosimilmente giusto, sia sul piano sostanziale sia sul piano processuale. Ma è agli altri comuni cittadini imputati che - normalmente almeno non viene allora riservato un trattamento ugualmente giusto. Nei loro confronti la maggioranza dei gup non va certo, come si suol dire, tanto per il sottile ed il rinvio a giudizio viene quasi sempre accordato con unti sorta di automatismo e con l'alibi mentale che, dopo tutto, la verità verrà accertata nel dibattimento. Concetti analoghi mi sembrano essere stati espressi dal dott. Salamone, che ovviamente, ne sa in proposito infinitamente più di me e di chiunque altro. Egli ha detto, invero, che, se al posto di Di Pie tro vi fosse stato qualunque altro cittadino, il rinvio a giudizio sarebbe stato sicuro. Lettera firmata ECeronetti accese la luce «Ci vorrebbe... più luce», così concludeva il suo bellissimo articolo Guidò Ceronetti il 2 aprile. Grazie a Ceronetti e grazie a Lo Stampa che lo ospita. Lanfranco Guidi, Ferrara