Sorrìdente Giovanna d'Arco al rogo nel confronto con figure ignobili di Masolino D'amico

r TEAIR© & TEATRO Sorrìdente Giovanna d'Arco al rogo nel confronto con figure ignobili A storia di Giovanna I d'Arco sembra incredibile a mente fredda, e tuttavia ogni tanto anche oggi ci troviamo davanti a casi di fazioni che sospendono (non dico a tempo indeterminato) contrasti furibondi per mettere ogni cosa nelle mani di una donnina apparentemente armata solo di una incrollabile fiducia in quello eh? fa. Bernard Shaw diede una spiegazione convincente al fenomeno, ma certo non la sola possibile; chi comunque ne cercasse un'altra rimarrà deluso dal trattamento di Paul Claudel, il cui Giovanna d'Arco al rogo semplifica la questione con una drasticità degna di un film di propaganda della Cina maoista. La sua Pulzella infatti, già demandata da Dio a promuovere la pace e l'unità della Francia, è colta poco prima di salire al patibolo, quando visitata da Frate Domenico viene messa a confronto con i suoi nemici, presentati come una serie di figure invariabilmente ignobili, che il poeta copre di contumelie anche tirando in ballo degli animali. Tigre, volpe e serpente per esempio si rifiutano di presiedere il tribunale incaricato di giudicarla, che viene allora presieduto da un Porco, mentre gli altri giudici manovrati da costui sono pecore (una visione più cordiale dell'abbinamento suino-ovini è nell'odierno film «Babe, il maialino coraggioso»). Procedendo con gli stilemi della moralità medievale, Orgoglio, Avarizia ecc. sono i re | (di Francia, Inghilterra, Bor| gogna - questo per la verità Duca), i quali si giocano come a carte la Pulzella: che alla fine però la Vergine e le sante Margherita e Caterina libereranno dalle sofferenze e faranno salire al cielo come fiamma. Questa agiografia a senso unico è sostenuta da robuste, affidabili musiche di Arthur Honegger, particolarmente nei cori che commentano l'azione, anche se le parole della nuova versione di Elio Bartolini in questa zona risultano poco intelligibili. In ogni caso l'allestimento diretto da Antonio Calenda al Politeama Rossetti di Trieste (fino al 14) è assai sontuoso. La nera scena di Bruno Buonincontri, mirabilmente illuminata da Claudio Schmid, ospita un elegante gioco di mimi, spesso in nero con bianche maschere animalesche tenute in mano, ovvero (il coro) nella classica divisa dell'uomo massa da Magritte in poi, ossia monopetto con bombetta; ma altri costumi, sempre di Buonincontri, sono vivacemente coloriti. Giovanna, parte in passato affidata a superdive (in Italia alla Bergman, alla Villi, alla Monconi), torna alla semplicità e, temo, a certa melensaggine del testo, con Daniela Giovanetti ragazzetta dalla testa rapata e dal perenne sorriso soave; Virginio Gazzolo in cotta bianca indossata è il frate che la racconta a se stessa, con una punta di moderna inquietudine. Più di cento persone fra coristi, messi, araldi, folla e orchestra - diretta questa da Julian Kovatchev con risultati che hanno soddisfatto la mia incompetenza - collaborano a 75' amorosamente curati e accolti favorevolmente da un pubblico misto di abbonati alla prosa e alla lirica, che si guardano con una punta di reciproco sospetto. Dopo tanta santità il cronista ha pensato di concedersi un tuffo nel peccato, essendo Luna di fiele di Antonio Syxty (all'Argot di Roma fino al 21) annunciato come un torrido adattamento dal romanzo di Pascal Bruckner già filmato da Roman Polansky. Macché! Per una serie di scenette, è vero, una coppia composta da un paralitico erotomane e la presunta moglie ne irretisce un'altra più normale in un gioco perverso, che conduce ad accoppiamenti misti, di cui quello fra le due donne ha conseguenze fatali; ma data l'unicità dell'argomento, la concitazione imposta dal regista agli attori, che per evitare il realismo urlano e si agitano nevroticamente, e soprattutto lo spaesamento delle due pur simpatiche interpreti, i cui dimenamenti e spoglicchiamenti sono più da Corrida che da Crazy Horse, i 90' dell'operazione non potrebbero turbare i sogni di un ergastolano. Masolino d'Amico A

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