Disposto a dire sì a qualsiasi orrore

Disposto a dire sì a qualsiasi orrore ANALISI Disposto a dire sì a qualsiasi orrore NON è vero che Priebke, e gli altri come lui, abbiano «obbedito agli ordini». Che avessero una qualunque, anche minima, riserva sugli ordini che eseguivano. Quel turpe sbaglio nel conteggio, per cui Priebke spinse nello fosse, perché fossero massacrati, cinque prigionieri in più, sta lì a dire che non ci fu alcuna resistenza nell'eseguire l'ordine, non ci fu rassegnazione; ci fu qualcosa di più efficace, qualcosa di cui l'ordine aveva bisogno, su cui contava: la disposizione all'obbedienza, anzi all'incremento. Sono appena tornato da una visita ad Auschwitz: il direttore del museo, Henryk Swiebocki, amico di Primo Levi, mi raccontava (e sta scritto nel libro-guida del Lager) che le SS godevano di una licenza-premio ogni volta che sventavano ima fuga, ammazzando il prigioniero: molte di loro interpretavano la direttiva andando tra i prigionieri e sparando a caso. Quei contributi individuali, alla spicciolata, al massacro generale, mostravano a chi aveva dato l'ordine che l'ordino veniva eseguito con ottima disposizione di mente e coscienza. Dunque, l'ordine poteva anche essere aggravato. E lo fu, mfatti. Sul finire della guerra venivano emessi ordini inimmaginabili tre, quattro anni prima. Uno è quello delle Fosse Ardeatine. Chi dava l'ordine lo dava perché sapeva che sarebbe stato obbedito. E' la catena delle obbedienze che ha permesso la catena degli ordini. Quella dell'«obbedivo agli ordini» è una tesi che porta a un responsabile unico. Ogni colpevole, per quanto alto in grado, aveva su di sé uno di grado più alto, sul quale scaricare la responsabilità. Perciò la tesi dell'obbedienza innocente è la tesi di Hitler unico colpevole, perché l'unico che poteva volere. Gli altri avevano il dovere della fedeltà. Lo SS se l'erano scritto nel motto: «11 mio onore si chiama fedeltà». Quel motto significa che l'unica colpa è la disobbedienza, tutto il resto ò merito. Le SS erano un corpo di polizia, composto di volontari che, per essere arruolati, doveI vano dare il massimo affidaI mento. Molti lo davano porche arruolandosi in quel corpo restavano nelle retrovie, a mantenere l'ordine nelle zone occupato, tra civili-vecchi-donnebambini, od evitavano il fronte. La crudeltà serviva a coprire, anche ai propri occhi, la paura. Ma molti lo davano per sùicera adesione al programma, è qui che si misurava 1? loro idoneità all'arruolamento. La scelta della fedeltà è sempre una accettazione del programma: per questo non dovrebbe esistere una obbedienza incolpevole dentro il corpo dello SS, dovrebbe esistere il concetto di colpa nella semplice appartenenza a quel corpo. Non è la stessa cosa fare il soldato in un esercito, e sia pure l'esercito di uno Stato retto da una dittatura, e militare nel corpo di sostegno della dittatura, con giuramento di obbedienza a ciò che la dittatura ordinerà. Quando fu scoperto in Argentina Priebke dichiarò che alle Fosse Ardeatine lui non aveva ammazzato pei sonalmente nessuno. Poi disse uno. Ieri ha ammesso due. La reticenza sul numero ha una grande importanza: l'ufficiale «deve» ammazzare personalmente per dare l'esempio ai sottoposti, «spingerli a obbedire». Ammazzando personalmente, spiega anche qual è la fine dei sottoposti, se non obbediscono: a Marzabotto un soldato tedesco si rifiutò di sparare, e fu immediatamente ucciso con un colpo alla nuca. Perciò l'ufficiale Priebke non fu soltanto un obbediente: fu un «creatore di obbedienza». E' per questo che non riesce a mostrarsi pentito: chi è convinto dell'ordine che riceve e che a sua volta dà, quando poi perde e vien chiamato in giudizio può arrivare al «rammarico» per la sconfitta, non al «pentimento» per la colpa. Basterebbe, per risolvere il problema, che fossero le vittime a indicare i colpevoli, alzandosi dai Lager, dai forni, dalle stragi, puntando il dito: chi crede che dalle Ardeatine il dito punterebbe verso Berlino sbaglia. Su Priebke lo punterebbero tutti i 330 ammazzati per un ordine che lui esegui con passione. Più i cinque che lui vi aggiunse personalmente. Como dire, più dell'unanimità. Ferdinando Cantori

Persone citate: Ferdinando Cantori, Henryk Swiebocki, Hitler, Priebke, Primo Levi

Luoghi citati: Auschwitz, Berlino, Como, Marzabotto