Il Tribunale: Belgrado è un governo criminale

I LIMITI DELLA PACE Tribunale: Belgrado è un governo criminale I LIMITI DELLA PACE Bbruxelles L governo della federazione jugoslava o, meglio, di quel che ne resta, è «criminale». L'accusa, lanciata da uno dei procuratori del Tribunale dell'Aia e ripresa dalla prima Camera della stessa corte, ha fatto alzare per lo stupore parecchie sopracciglia. La Repubblica federale jugoslava, di cui fanno oggi parte solo la Serbia ed il Montenegro, è infatti un Paese riconosciuto dall'Onu, e per di più firmatario degli accordi di pace di Dayton, fatto che sta fruttando a Belgrado la levata dell'embargo economico. Il caso è scoppiato ieri, quando la prima Camera del Tribunale internazionale per i crimini di guerra nell'ex Jugoslavia, presieduta dal giudice Claude Jorda, ha pubblicato un ordine di arresto internazionale nei confronti di tre militari serbi. L'ordine era appunto accompagnato da una «censura» di Belgrado, per il suo «rifiuto a cooperare». Già una decina di giorni fa il procuratore Clint Williamson aveva detto che «quando un governo dà rifugio ed appoggio a dei criminali, agli occhi del mondo intero, quel governo diventa esso stesso criminale, ed è esattamente ciò che ha fatto il governo di Belgrado in questo caso». Ma a parlare era la pubblica accusa, e nessuno ci aveva fatto troppo caso. Ieri però, come ha spiegato a La Stampa il portavoce del Tribunale, Christian Chartier, la prima Camera ha «approvato questa dichiarazione, facendola propria. Da un punto di vista morale, il Tribunale condivide la definizione del procuratore», ha proseguito il portavoce, secondo cui «in questo caso specifico si può dire che il Tribunale considera che la Repubblica federale jugoslava si è comportata come uno Stato eliminale». In particolare le autorità di Belgrado vengono accusate di non aver consegnato tre criminali di guerra, e di averne anzi promosso due a gradi più elevati. Il mancato arre- sto dei tre, secondo la Camera, è da imputare «al rifiuto della Repubblica federale jugoslava di cooperare con il Tribunale», un fatto contrario alle norme Onu, e che verrà dunque segnalato al presidente del Consiglio di sicurezza Boutros Ghali. Il processo in questione è quello relativo alla presa della città croata di Vukovar, in Slavonia orientale, da parte dell'esercito jugoslavo. Il 20 novembre del 1991 i militari federali e le milizie serbo-bosniache entrarono in città, portando via dall'ospedale 260 tra civili e militari, disarmati e in gran parte feriti, tutti di nazionalità non serba. Gli uomini furono portati a Sajmiste, dove nella caserma delle truppe federali vennero violentemente picchiati, per essere poi trasferiti ad Ovcara, in un hangar dove era stato preparato un «corridoio della morte»: i prigionieri erano costretti a correre tra due file di serbi armati di mazze. Due morirono subito. Gli altri, ormai circa 300, furono portati a piccoli gruppi vicino a Grabovo, per essere fucilati e seppelliti in fosse comuni. Secondo le testimonianze, confermate da filmati d'epoca e da successive ricerche sul posto, a commettere i «crimini contro l'umanità» furono dei distaccamenti di fanteria della Brigata della Guardia, che nel settore di Vukovar era comandata dal colonnello Mile Mrksic. Il capitano Miroslav Radic guidava il gruppo che si macchiò della strage, mentre Veselin Sljivancanin era il responsabile operativo delle forze federali nel settore. Tutti, secondo il Tribunale, sono colpevoli «non solo per la loro posizione di autorità, ma anche a causa della loro diretta partecipazione agli atti criminosi». Ad accusarli sono undici testimoni oculari, tre dei quali prigionieri croati che miracolosamente erano riusciti a fuggire al massacro. Secondo il Tribunale, dunque, la colpevolezza dei tre non può essere messa in dubbio, ma la Camera ha sottolineato che «le responsabilità politiche e militari dell'operazione vanno attribuite alle autorità di altissimo livello». L'accusa di «governo criminale» lanciata contro Belgrado, allora, non è che un modo per ribadire la condanna per la pulizia etnica che le autorità jugoslave iniziarono a praticare già a Vukovar. Fabio Squillante L'Aia chiede che intervenga l'Onu «Nasconde e premia i massacratori» Il presidente del Tribunale dell'Aia, Antonio Cassese

Persone citate: Antonio Cassese, Boutros Ghali, Christian Chartier, Claude Jorda, Clint Williamson, Fabio Squillante, Mile Mrksic, Miroslav Radic, Veselin Sljivancanin