Scrittori al telefono epistolari addio

discussione. Morte di un genere letterario? discussione. Morte di un genere letterario? Scrittori al telefono epistolari addio f*ìARTEGGIO addio. Un I i genere morente, minato I dal telefono, dal fax, da I i Internet. E' il grido di \à I dolore lanciato dal Figaro littéraire in chiusura del Salone del Libro di Parigi, dedicato proprio a questo tema nel nome di Madame de Sévigné. Per esorcizzare la fine di un vero e proprio genere letterario, il giornale francese ha chiesto a sedici scrittori la prova di un loro scambio di lettere e con quelle ha riempito due pagine. Potremmo fare lo stesso in Italia? I nostri autori sono pessimisti. A partire da Vincenzo Consolo che l'epistolario ha praticato con Leonardo Sciascia ma che ammette: «Ora, più che altro, la lettera è divenuta un modo garbato per complimentarsi con amici, per esempio in occasione dell'uscita di un libro, ma non è quella frequentazione costante, così utile ad ambedue, chi scrive e chi riceve». Attenzione, però, dice Consolo, «è vero che telefono, fax o Internet hanno sostituito l'epistolario, ma non sono gli unici colpevoli. E' accaduto altro: lo scambio di pensieri affidati a carta e busta era appannaggio di un'epoca in cui esisteva una società letteraria che oggi non esiste più, è sostituita dall'isolamento dello scrittore, dall'urgenza di produrre per essere presenti. Adesso si lavora a cottimo per consegnare il prodotto, che sarà subito scalzato da altri. Provo angoscia quando vedo la vita brevissima che hanno oggi i libri». Ha conservato lettere sufficienti per rempire un paio di volumi Giampaolo Rugarli: «Non soltanto scambi con scrittori, ma anche con storici, saggisti, docenti universitari, magari a intervalli di mesi, per fare il punto». Lui, comunque, persevera e riconosce nella sua generazione una sorta di «feticismo della lettera, un rapporto fisico con i concetti espressi». Intorno a sé vede attenuarsi questa abitudine, «forse non In Francia il salone del libro ha celebrato la fine del «carteggio d'autore» Vincenzo Consolo; da sinistra Giampaolo Rugarli e Michele Prisco morire, perché almeno i più anziani continuano, mentre i giovani sono invischiati nella rapidità, nella logica di fare tanto e presto, e, spesso, in un delirio di grandezza, nella voglia di arrivare subito». Le generazioni del computer, del fax, del telefono sono dunque le vere nemiche di un genere? Parrebbe di sì. Per Michele Prisco stanno effettivamente «uccidendo un genere letterario». Dice: «Io conservo due o tre amici con i quali proseguo quella consuetudine indipendentemente dalle telefonate. L'epistolario non è importante soltanto per i concetti, le riflessioni che permette di esprimere nel profondo, ma anche perché consente di entrare nel laboratorio, nella psicologia dell'autore». Ciò che la pagina asettica uscita da una stampante, priva di correzioni, non permetterà più? «Senza nessuna polemica con il computer, io credo che la pagina non nasca da un intervento, ma sia semplicemente poggiata sul foglio». Non è detto che le nuove generazioni si sentano così lontane dal carteggio, seppur in misura ridotta e più personale. Cristina Comencini scrive e conserva. Dice: «Mia sorella vive a Parigi. E' ovvio che ci sentiamo per telefono, strumento per il quale non nutro alcun amore, però le cose più importanti gliele scrivo perché la lettera consente un'altra introspezione. Lavoro al compu- Ma secondo gli italiani non è così: e per ipiù giovani c'è la posta elettronica ter, scrivo lettere a macchina». E ricorda: «Quando stavo per pubblicare il mio primo libro, le sue osservazioni Natalia Ginzburg le metteva per scritto. Le ho conservate, così come conservo copia di quelle che mando io. E' un grande strumento per approfondire. Non a

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