I vescovi sul voto: non è il'48

«Oggi non è in gioco la libertà dell'uomo. Cattolici presenti in liste diverse» «Oggi non è in gioco la libertà dell'uomo. Cattolici presenti in liste diverse» I vescovi sul voto: non è il '48 «La Chiesa è neutrale nei confronti dei due poli» CITTA' DEL VATICANO. Stiamo calmi, non è il '48: i vescovi, riuniti la settimana scorsa in consiglio permanente, tentano di abbassare il livello di conflitto verbale prelettorale, e soprattutto di dissipare l'atmosfera da ultima spiaggia che qualcuno vorrebbe creare. Così il segretario della Conferenza episcopale italiana, monsignor Ennio Antonelli: «Se fossero in gioco, come nel '48, la libertà dell'uomo e della stessa Chiesa, allora i vescovi dovrebbero dare indicazioni più dirette. Ma la situazione è diversa, e la Chiesa rimane sui valori generali». Ma chi scegliere, quando si sarà soli con la scheda? Fino a ieri i vescovi avevano una risposta facile, la de. Ora tutto è più complesso. I vescovi danno indicazioni, ma su quelle indicazioni tutti «dicono in qualche modo di riconoscersi, gli uni sottolineando di più qualche elemento, gli altri soffermandosi di più su aspetti diversi». Per questo sono pienamente legittime le militanze dei cattolici in entrambi gli schieramenti che si confronteranno il 21 aprile. «Del resto - ha ricordato il segretario della Cei - in Italia c'è sia una tradizione di cattolici liberali che una tradizione di cattolici sociali e tutte e due sono considerate espressioni autentiche del cattolicesimo italiano». Nel '48 la chiesa italiana prese posizione diretta e pesante nelle POLEMICA TIVÙ' E URNE PAR condicio, ovvero la parità (in libertà) condizionata. Per una fetta di televisione in più, i politici si accapigliano a suon di comizi e comunicati, lettere e denunce al garante. Ad aprire la polemica di giornata tocca a Walter Veltroni che, davanti alla sede Rai di Milano, esordisce: «La Usta di proscrizione di Storace è agghiacciante. Sono stati indicati con nome e cognome i simpatizzanti dell'Ulivo in una testata, da epurare dopo un eventuale successo. Speravo che la Moratti reagisse. E' la stessa destra che vuole boicottare il Corriere delia Sera, ima destra intollerante, faziosa, che ha fastidio per ogni diversità. Non mi stupisce che un giornale o tg abbiano delle idee politiche, ma non si può manipolare la realta». Non si fa attendere la replica di Marco Taradash: «Di agghiacciante c'è soltanto il fatto che Veltroni, responsabile della lottizzazione o, come allora si diceva, della comunicazione del pei per lunghi anni, non riesca minimamente a liberarsi della mentalità comunista secondo la quale la denuncia della nomenklatura, costruita a forza di sottogoverno e di compromessi, equivale ad attività antipopolari o antiliberali. Veltroni replichi a Storace non con gli insulti ma, se le ha, con delle ragioni». Controreplica Giuseppe Giulietti, per cui «Taradash e i suoi amici del Polo non hanno neanche il senso della vergogna: da una parte tornano a far circolare liste di proscrizione, dall'altra a denunciare il pericolo rosso in Rai. Non rispondiamo con controliste di proscrizione perché non è nel nostro stile e tradizione». Interviene anche uno dei giornalisti «proscritti», Giulio Borrelli del Tgl: «Noi ci sforziamo di essere ecumenici. Questo comportamento non piace a chi cerca di far prevalere la contrapposizione amico-nemico. Noi possiamo solo armarci di santa pazienza». «Quanta pazienza e spirito di tolleranza ci vuole - controbatte Storace -. Ha ragione Borrelli: ci vuole tanta pazienza nel vedere un Tgl che dà 5 minuti di diretta all'Ulivo e che paragona il consenso per D'Alema a quello dei Take That senza che nessuno dica alcunché». Tanta polemica per nulla: perché secondo i dati dell'Osservatorio di Pavia, nei tg Rai degli ultimi dieci giorni c'è un sostanziale equilibrio tra Polo (42,2%) e Ulivo (44,9%) con una leggera prevalenza di quest'ultimo. Nello stesso periodo la Fininvest ha dedicato il 49,7% al Polo e il 41,2% all'Ulivo e Tmc il 41,9% per il Polo e D 41 % per l'Ulivo. Il presidente Rai Letizia Moratti legge i dati ed esulta, poi fa i complimenti CUCCIACI autonomie locali e di corpi sociali intermedi nel quadro dell'unità della nazione; la centralità del lavoro, la giustizia sociale, la libertà e l'efficienza del sistema economico e lo sviluppo dell'occupazione; l'attenzione privilegiata alle aree geografiche meno favorite ed alle fasce più deboli della popolazione. Infine, ultimi due punti: la pace e la solidarietà internazionale, con le conseguenti responsabilità dell'Italia in Europa e nel mondo; il rispetto dell'ambiente e la salvaguardia delle future generazioni. Insomma, la fine dell'unità politica sotto l'ombrello scudocrociato non dovrebbe, almeno nelle speranze e nelle intei doni dei vescovi, mettere il sigillo a una «diaspora culturale dei cattolici, che sono sempre tenuti a rimanere coerenti con i fondamentali principi e contenuti della dottrina sociale della chiesa». «Ma il Papa, - è stato fatto osservare a monsignor Antonelli a Siena sabato scorso ha detto che il mercato non può risolvere i problemi drammatici davanti ai quali ci troviamo». «E' vero; e noi siamo sulla linea del Papa senz'altro, e diciamo insieme con lui che il mercato non risolve», ha ammesso il Segretario della Cei, per poi aggiungere però che «queste non sono indicazioni operative di schieramento». Camillo Ruini, presidente della Conferenza episcopale

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