«Se lui è un dottor Jekyll allora mi ha fatto fesso»

«Se lui è allerti mi u «Se lui è allerti mi u i un dottor Jekyll ho lotto fesso» posti. Magari le persone ruotavano, ma quelli che io mi ricordo sempre sono Franco Rosi con la moglie Giancarla, Alberto Ronchey, Paolo Villaggio, Nori Corbucci, Lina Wertmuller, Lino Jannuzzi con la signora, e tanti altri. Mi ricordo pure Raffaele La Capria, Ruggero Guarini con la moglie. Si cenava. E poi alla fine arrivava il signor Romano, il titolare, che diceva quanto "a maschio". Gli uomini pagavano la loro quota». Di che si parlava? «Quasi mai di politica. Se guarda i nomi, si va dalla destra alla sinistra. Non era un covo di simpatizzanti del Polo, voglio dire. Io personalmente ho sempre votato repubblicano, prima La Malfa padre, poi La Malfa figlio». E di che cosa si parlava, allora, nelle vostre cene? Fabio Salamone e Antonio Di Pietro BRESCIA DALL'INVIATO «Il gip ha la funzione di filtro di garanzia e di antidoto per impedire che un'accusa affetta da cronica gracilità possa proseguire il proprio corso, ed esporre l'imputato ad un inutile, e per ciò stesso, dannoso dibattimento». Il gip - che scrive così in 95 pagine di motivazioni - è Roberto Spanò. L'imputato è Di Pietro. Il processo è quello per l'informatizzazione, la prima delle tre accuse a Di Pietro, tutte cadute. Le motivazioni sono da ieri sulla scrivania di Salamone e Bonfigli. I due pm hanno tempo 15 giorni per presentare ricorso in appello. «Lo faremo sicuramente», annunciano. Che cosa scrive in queste 95 pagine, Spanò? Come motiva quel doppio «no» del 22 febbraio a rinviare a giudizio Di Pietro? Il giudice parla di accuse «imprudenti, superficiali, «Moltissimo di calcio. Sia io che Renato siamo napoletani e seguiamo le partite. Napoli era un grande argomento di conversazione. Ma il tono era salottieromondano, mai politico. Ogni tanto ci trasferivamo nei salotti veri, quello di Marta Marzotto o di Donatella Pecci Blunt». E interveniva molto, il giudice? «Assolutamente no. Ascoltava, piuttosto. Sa, era un gruppo di parlatori terribili. Paolo Villaggio diceva che avremmo dovuto affittare degli ascoltatori perché parlavamo assieme in dodici e qualcuno che ascolti ci vuole. Si parlava dei film, di teatro, dell'ultimo libro letto, di varie cose». E lei, chi la portò la prima volta? «Eravamo intorno al '78. Lavora-

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