«Renato, affacciati al balcone» di Giovanni Bianconi

«Renato, affacciati al balcone» «Renato, affacciati al balcone» Dal cortile gli amici vip chiedono notizie GIUBILO E INVETTIVE LROMA A più dispiaciuta di non poterlo vedere sembra la portiera: ((Avvoca, io lo devo vede al dottore. Un minuto solo ma lo devo vede. Lo conosco da ventisei anni...». «Signora, non è possibile, lo rimanderebbe in galera», risponde paziente l'avvocato. «Davvero?» «Sì, davvero». Il più sarcastico e velenoso è Luciano De Crescenzo: «Volevo stringergli la mano, ma non è stato possibile, sennò inquinavo le prove. Chissà, con le dita della mano potevo trasmettergli dei messaggi». I più indifferenti sono quelli che giocano a calcetto sul campo del Circolo Belle Arti: «Palla!», gridano senza degnare di uno sguardo il viavai di poliziotti, giornalisti, fotografi, amici e curiosi. Adesso Renato Squillante è in carcere a casa sua. Arresti domiciliari, ha deciso il gip ieri pomeriggio, e così è dalle 19,55 di ieri sera, quando l'ex capo dei gip romani accusato di corruzione è arrivato nella sua abitazione di via Flaminia, dentro una Croma blu della polizia seguita da altre due macchine. E' sceso, e subito un muro di agenti s'è fatto intorno al giudice settantunenne vestito di grigio, sciarpa bordeaux e occhiali, la barba quasi bianca, volto e fisico segnati da quasi tre settimane di prigione. L'hanno scortato fin dentro casa, al terzo piano, dove c'erano la moglie Liliana, i figli e due dei suoi dieci fratelli. Un abbraccio per ciascuno, poi i poliziotti hanno fatto allontanare tutti, identificando chi l'aveva avvicinato. Due parenti venuti da Napoli non sono nemmeno riusciti a salire. Secondo l'ordinanza del gip Squillante - che è a tutti gli effetti ancora un detenuto - può vedere solo i conviventi (cioè la moglie) e gli avvocati. Più tardi è arrivato il medico di fiducia, il professor Dario Spallone, ma non l'ha potuito visitare: ci vuole il permesso del magistrato. «Domani - racconta l'avvocato Flamini Minuto -, cominceremo a parlare del processo. Adesso non era il caso. E' molto provato, ha delle grosse difficoltà di concentrazione, sulle quali ha inciso anche il viaggio che ha appena affrontato. Dobbiamo stabilire quali atti di indagine dovremo svolgere. Piano piano, ma ce la faremo». All'ora di pranzo è stato lo stesso giudice a telefonare alla moglie, per dirle che stava tornando a casa. «Era stanco e affaticato - dice la signora Liliana -, ma contento come tutti. I magistrati si sono resi conto che Renato non ha nulla da coprire o da far sparire qui a Roma, e soprattutto non ha alcuna intenzione di sfuggire alla giustizia. Credo che rimarrà a casa, senza andare in clinica, perché è della famiglia e della sua casa che ha bisogno». Il viaggio da Milano l'ha fatto in aereo, poi in macchina fino a casa. Davanti ai testimoni, tra Squillante e la signora Liliana c'è stato solo un lungo, silenzioso abbraccio. Giù in cortile, il gruppetto di amici che s'è radunato non può salire. E allora parlano tutti con Liliana da un telefonino: De Crescenzo, Ruggero Guarini e la moglie, Muzzi Loffredo, Marisa Laurito, Raffaele La Capria, Mariolina Jannuzzi. Ma anche Melania Rizzoli, il filosofo Lucio Colletti, Adelina Tattilo e altri ancora. «Ciao tesoro, un bacio». Poche parole per ciascuno. Edda Lancetti manda su un mazzo di fiori, e chiede ai giornalisti un po' di carta per scrivere il bigliettino. Era questo il mondo di Renato Squillante fino al 12 marzo scorso, quando è arrivato l'ordine di carce¬ razione dei magistrati di Mani Pulite. Un mondo che adesso si ritrova in cortile, come in un film, impotente e arrabbiato. Il «regista» è Luciano De Crescenzo, che grida contro quelli che sono arrivati in ritardo e che non hanno potuto vedere «Renato» nemmeno dai finestrini della macchina: «Se invece di giocare a carte stavate qui da prima!», urla a Marisa Laurito. «Ma mi avevi detto alle otto!», risponde lei. «Lina, dov'è Lina?», dice un altro. Cerca Lina Wertmùller, che però non c'è; è al cinema, a vedere Casinò, storia di mafia e corruzione. Scende il fratello di Squillante, Vittorio, e piange. De Crescenzo lo prende sottobraccio e lo porta via. Poi torna a farsi intervistare, anche lui con gli occhi arrossati dalle lacrime: «Tornando a casa, Renato ha raggiunto il massimo della felicità. Vinta la prima battaglia, adesso dobbiamo vincere la seconda: deve essere scagionato da tutto, com'è avvenuto per Di Pietro... Se almeno potesse affacciarsi dal balcone». Giovanni Bianconi

Luoghi citati: Milano, Napoli, Roma