Mille volte di Clara Sereni

e volte e volte Clara Sereni MEGLIO INTRODURRE LIEVI LENTEZZE ESTETICI IE e s «Uho detto mille volte di non giocare in camera da pranzo», gridava la mamma. «Al massimo ce l avrai detto 650 volte» rispondevo allora io con vendicativa ironia YtJADEMECUM del recen1 / sore: Malignità, idiozie, lili vori lampanti, escandeW scenze: meschino, incon' I sulto, lacunoso, lassista, esteriore. Mai indisporre licenziando libri editore. Mai invettiva liberatoria lasciarsi estirpare: meglio introdurre lievi lentezze estetiche. Molto indugiar, lasciando l'essenziale. Magari indulgere, levando lodi ermetiche. Millantare, intimare, lamentarsi, lisciare, elogiare. Ma innanzitutto litigare, lesinare, esigere. Manipolare intelligenze, lampanti livori esternando. Mercanteggiare i lucrosi, luculliani emolumenti. Mai impallidire, legittimando le esclusioni... Oppure: Mai indisponibile, legge libri esaurendoli. Misurato, indipendente, libero, lucido, estraneo, maneggia i libri laicamente, empiricamente. Meritandosi i lettori logicamente, esclude. Mantenendosi integro limita lobbies, educatamente. Manovalanza illustre, libero lavoratore editoriale, mantiene il lucignolo, lusso esperienziale: mai indiscusso, limpidamente liquida esotismi, manierismi, integralismi, lamentose lagnanze, esteriorità, micragnosi individualismi, linguacciuti lirismi, elevandoci. «Vostra madre ha mille ragioni di lamentarsi» ci ammoniva papà «Vorrai dire seicentocinquanta», rispondeva mia jratello e tutto finiva in ridere RAVAMO andati a giocare in camera da pranzo, io e mio fratello più piccolo, e non so più quali malestri avessimo combinato. Avevamo forse rigato la tavola con le rotaie del trenino, o sgangherato una sedia, e/o altre cose del genere. Mia madre, quando se ne accorse, venne a sgridarci terribilmente nella nostra stanza. «Ve l'avevo detto mille volte,» gridò, «di non andare a giocare in camera da pranzo!». Dopodiché chiuse a chiave il nostro armadio dei giocattoli, e andò via annunciando che sarebbe rimasto chiuso per una settimana. Noi restammo lì a bofonchiare im¬ musoniti. «Al massimo», dissi io con vendicativa ironia, «ce l'avrà detto seicentocinquanta volte». «Come sarebbe?» disse mio fratello che aveva sei anni, vale a dire quattro meno di me. Io glielo spiegai e lui, prima che potessi fermarlo, andò di là tutto contento a spiegarglielo a mia madre. «Tu magari», sentii che le spiegava, «ce l'avrai detto seicentocinquanta volte, ma mille no». Mia madre venne dritta da me, pallida in faccia. «E ci fai anche lo spiritoso!» disse allungandomi uno schiaffo. Mio padre, quando arrivò per cena, non potè non accorgersi dell'aria che tirava. Ma fece finta di niente. Perché niente, dopo una giornata di lavoro, lo deprimeva di più che doversi associare alle recriminazioni di mia madre per le nostre malefatte. Le quali d'altra parte non dovevano sembrargli così terribili, visto che insomma non avevamo mai fatto crollare i soffitti né dato fuoco alla casa. . Quella sera però, durante la cena, siccome l'aria restava elettrica malgrado i suoi volenterosi, bonari tentativi di diversione, dovette risolversi a chiedere che cosa ci fosse stato. «C'è stato che questi due», cominciò asciutta mia madre, «benché gliel'avessi proibito mille volte, non solo sono venuti a giocare e a far danni qui, ma...». E continuò in crescendo finché, puntando il dito contro «il signorino» (come mi chiamò), non venne al punto del mio cinico «seicentocinquanta»: tanto più cinico e screanzato (fece notare) in quanto neppure detto con franchezza a lei, ma suggerito al mio innocente fratello, che poi era andato insulsarr nte a ridirglielo. Mio padre ci mise un momento a raccapezzarsi in tutto questo, ma quando capì non riuscì, per una fi-azione di secondo, a reprimere quello che apparve come l'inizio di un'incontenibile risata. Poi però, spaventassimo lui stesso, s'alzò addirittura in piedi per darmi anche lui dello screanzato e rimproverare entrambi per l'infrazione del divieto. «Vostra madre», concluse, «ha mille ragioni di lamentarsi di voi». «Seicentocinquanta», disse il mio innocente fratello. Seguì un angoscioso momento di suspense. Poi, con sollievo soprattutto del mio povero padre, fu la mia povera madre a mettersi a ridere per prima. Franco Lucentini

Persone citate: Franco Lucentini