«Non colpevolizzate la famiglia»

«Non colpevolizzate la famiglia» I «Non colpevolizzate la famiglia» La Schelotto: «Una ribellione dettata dalla gelosia» I DEGLI ESPERTI SU una cosa sono tutti d'accordo: «Guai a colpevolizzare i genitori». Una storia così va capita, non giudicata e basta. Quella famiglia va aiutata, quel bambino va aiutato, ma nessuno deve puntare l'indice contro i genitori. Lo premette Gianna Schelotto, psicologa, che dice: «Spesso i bambini si disperano perché si sentono poco amati, soprattutto quando arriva un altro fratellino. Forse ha pensato: "Tengono più a lui che a me", forse ha avvertito uno strapotere di questo neonato. Noi non ricordiamo e non immaginiamo quanto possa essere devastante la gelosia nei confronti di un fratellino, che ti "usurpa" quello che ti sei goduto da solo per anni, i giochi, la casa, i genitori. Quello che è accaduto a Torino è eccezionale per il fatto in ré, perché per fortuna pochi bambini si buttano dalla finestra, ma non lo è per il tipo di emozione che ha suscitato quel gesto. L'atto è esasperato, la ricerca del motivo va fatta nella storia personale del bambino». Paolo Crepet, psichiatra, legge in questa storia «non necessariamente un istinto di morte da parte del bambino. Mi pare cioè che non ci sia stata affatto un'intenzione suicida». Ci possono essere, spiega, situazioni sfumate, in cui è prevalente «la necessità del richiamo, una specie di ricatto che viene fatto nei confronti della madre o del padre, in rapporto alla sorellina. Questo succede quando i genitori non sono abbastanza "tutelanti" nei confronti del più grande». Che cosa può avere scatenato questa reazione? «Il rimprovero del padre comporta nel bambino un senso di colpa, acuito dal fatto della consapevolezza di essere andato a disturbare la bambina, che è così protetta dai genitori, che forse gode di un'attenzione eccessiva rispetto a lui. Comunque siano andate le cose, questa vicenda è un segnale di grande tensione e di poca serenità all'interno di una famiglia. E' solo un'ipotesi di lettura dei fatti, ovviamente. Non voglio con queste mie parole giudicare persone e situazioni che non co¬ nosco». Antonio Guidi, ex ministro della Famiglia, neuropsichiatra infantile, premette che «bisogna approfondire ogni caso, con discrezione, per capile». La prima considerazione di Guidi è che «spesso la violenza del bambino (che introietta dall'adulto) è come una bomba a orologeria pronta ad esplodere in qualsiasi momento. Purtroppo gli episodi di violenza che hanno come protagonisti dei bambini sono un fenomeno triste e in aumento, nel nostro tempo. Questo è dovuto al fatto che i bambini vivono come cassintegrati. Persone cioè che non conoscono il loro ruolo nella famiglia, che sono bombardate da informazioni discordanti, che vivono quindi nell'incertezza. Oggi i bambini hanno pochi punti di riferimento: vivono tempi e spazi degli adulti, in città non fatte per loro, in ambienti gestiti da adulti». Tutto questo porta ad un disorientamento, ma su mia cosa l'ex ministro insiste: «I bambini hanno scarsa possibilità di confrontarsi con se stessi e con gli altri. Un tempo esistevano vecchi giochi spontanei che permettevano ai bambini di misurarsi. Oggi mvece vivono in una realtà virtuale, che ne indebolisce le capacità di difesa. Talvolta i bambini cercano di togliersi la vita per motivi futili, un brutto voto a scuola, per esempio. Ma questi motivi sono come le dita sul grilletto di una pistola, che è già carica». [bru. gio.J Nella caduta da dieci metri si è rotto una spalla Sopra Gianna Schelotto. Da sinistra Paolo Crepet e Antonio Guidi

Persone citate: Antonio Guidi, Gianna Schelotto, Guidi, Paolo Crepet, Schelotto

Luoghi citati: Torino