Lo smoking da capitale sui palazzi di Cavour di Cesare Martinetti

Lo smoking da capitale sui palazzi di Cavour Lo smoking da capitale sui palazzi di Cavour I SOGNI m UNA CITTA' VALENTINO Castellani ha l'aria di un uomo felice mentre guarda giù dalle finestre del suo ufficio di sindaco e vede la piazzetta del municipio riguadagnata alle geometrie austere del barocco piemontese, senza le auto che si accatastavano in parcheggi affastellati, linda e pulita come una scacchiera con al centro il monumento al Conte Verde, senza più le rotaie del tram che ne corrugavano la pelle: «Si ricorda?» E' così cambiata, Torino, che anche la first lady Donatella Dini appena arrivata in prefettura si lancia in un'allegoria adatta alla prima serata da capitale europea: «Mancavamo da un anno, io e mio marito, e ci è sembrata una città in abito da sera». Castellani è nel suo ufficio dove ha appena ricevuto Francesco Rutelli, sindaco di una città condannata ad essere capitale ed in procinto di affrontare sfide bibliche, come il giubileo e, forse, le Olimpiadi. Eppure anche Rutelli dice che c'è qualcosa da imparare dal «metodo torinese» impiegato per affrontare la kermesse europea: «Un ottimo lavoro - dice Rutelli -, potessi usare lo stesso sistema e le stesse procedure sarei il sindaco più felice del mondo...». Si passeggia per piazza Carignano con la sabbia del porfido appena ridisegnato che scricciola sotto i passi: sembra di essere in una foto Alinari di inizio secolo. Nessun'auto, geometrie pulite, l'ingresso del cavouriano ristorante del Cambio, le vetrine della gelateria Pepino, la statua di Vincenzo Gioberti che contempla il memento risorgimentale su Palazzo Carignano, sede del primo Parlamento italiano: «Qui nacque Vittorio Emanuele II». Eppure sotto il portone di questo palazzo non molti anni fa si sono sparati due spacciatori in una contesa di territorio. Adesso ci camminano le scolaresche in gita, come quella della media romana Montessori che è venuta fin qui per incontrare, casualmente, il proprio sindaco a pas- seggio: «Mi hanno chiamato - dice Rutelli - e ci siamo salutati: dicevano che questa città è proprio bella». E sì, l'Europa ha fatto questo miracolo. Ce lo raccontano Roberto Francescon e Bruno Bovio, due tassisti del 57.30 che da quel posto speciale fatto di incontri fugaci, rapide confessioni e colleriche impressioni che è un'auto pubblica hanno misurato l'atteggiamento della gente nei confronti della Torino che cambiava: «Prima dicevano che si stavano spendendo male i soldi. Ora dicono che sembra un'altra città». Piazza Vittorio digrada verso il Po lungo un itinerario di fiori (violette, primule, rododendri e azalee), fari e faretti ihuminano le volte ridipinte dei portici di via Po, la facciata di palazzo Reale ha ritrovato i colori sabaudi (bianco avorio con fasce grigio chiaro e azzurrine), angoli e marciapiedi rimodellati per dare più spazio ai pedoni e per impedire alle auto il parcheggio agli incroci, paletti di metallo verde scuro e bocce di granito chiaro che hanno ridisegnato i confini di un centro restituito ai torinesi. , «Cose che restano», dice Castellani che si dilunga in una spiegazione complicata per dire che in Italia le opere pubbliche si riescono a fare bene in situazioni «eccezionali», ma senza ricorrere a «strumenti eccezionali», che in genere hanno sempre portato dietro di loro «sprechi e ruberie». Il sindaco pensa alla fatua e sospetta stagione dei Mondiali 1990: «Si sono fatte delle follie che pagheremo per molti anni». Per esempio? «Lo Stadio delle Alpb>. Ma nella storia di Torino c'è anche quell'altra epopea dissennata che fu l'Esposizione del centenario dell'unità nazionale, «Italia 61», palazzi e padiglioni di esposizione e perfino un breve tratto di monorotaia (allora avveniristica ipotesi di trasporto pubblico) che - finita la grande sagra inaugurata dal presidente Gronchi - rimasero per decenni ad arrugginire e testimoniare una volta di più che lo Stato non sa spendere i soldi dei cittadini. Castellani ricorda: ((Allora ero studente al Politecnico e adesso, quasi quarant'anni dopo, da sindaco devo ancora fare i conti con le manutenzioni». Questa volta si sono spesi venti miliardi arrivati dal governo e altri sedici della città. La diplomazia europea tessuta da Castellani negli ultimi due anni ha portato al Lingotto (altro simbolo di un passato che si rovescia e si trasforma in un simbolo del futuro) prima l'assemblea della Nato, ora quella dell'Unione europea. Torino s'è scossa, dice il sindaco, dalle sue «aristocratiche pigrizie». A Castellani ora il compito di trasmettere anche alle periferie (da cui sono partite molte lettere di protesta) il segno di questo cambiamento. Orgoglio torinese che s'è riverberato anche nella cena molto esclusiva organizzata a palazzo Barolo dal Consiglio per le relazioni fra Italia e Stati Uniti a cui hanno partecipato decine di illustri ospiti italiani e stranieri. Ha salutato tutti l'avvocato Gianni Agnelli: «Domani Torino sarà per poche ore capitale d'Eu¬ ropa». S'è parlato d'Europa, ma anche di quest'atmosfera torinese: «Sono molto contenta per Torino - ha detto il ministro degli Esteri Susanna Agnelli - e Torino ha dimostrato di essere contenta di sé». Arrigo Levi, direttore de La Stampa negli Anni Settanta: «La conosco bene e finalmente oggi tutti possono capire che Torino è una delle capitali d'Europa. Io ho sempre pensato che fosse una città prima piemontese, poi europea e solo dopo italiana». Luca di Montezemolo, che ha fatto da autista al presidente della Fiat Cesare Romiti, su una Ferrari 456 grigio metanizzata: «Spero che la gente abbia girato per le strade e si sia accorta di quanto è cambiata». Paolo Cantarella, amministratore delegato della Fiat: «Torino sta riscoprendo se stessa, ed è molto bello». Lo ha notato anche un non torinese come Leonardo Mondadori: «Ho il cuore napoletano, ma mi piacciono queste atmosfere nordiche». Atmosfere d'Europa. Cesare Martinetti