«Le uccideva e le stuprava» L'ultimo sfregio del mostro

GLI ORRORI IN TRIBUNALE «Le uccideva e le stuprava» L'ultimo sfregio del mostro GLI ORRORI IN TRIBUNALE AOSTA DAL NOSTRO INVIATO E così, questo è un mostro. Anzi, com'è di moda oggi, un serial killer: tutta un'altra cosa, lo chiamano in questo modo a Quantico, Virginia, accademia dell'Ibi. Un mostro perché, dice l'accusa, ha ucciso un uomo e tre ragazze e ci ha fatto l'amore, se così si può dire, prima di sezionarne i corpi e poi bruciarli. Ora lo processano, alla Corte di assise di Aosta. Ha confessato, anche quello che non si sarebbe aspettato nessuno, e sembra un processo semplice. Crudele, ma facile. L'unica cosa un po' complessa, la quantificazione della pena. E invece no, lui ci ha ripensato a tutto quello che ha detto e si è convinto che sia tutto falso. E il 16 febbraio scorso, venerdì, giorno di sant'Elia, ha scritto una lettera al difensore, due facciate fitte fitte, grafia arrotondata: «Le scrivo questa lettera per narrarle delle cose molto importanti. Le devo confessare che io non sono responsabile della morte di quell'uomo e della sparizione di quelle ragazze, non so quale sia stato il loro destino. Tutto è cominciato a causa di assurde precedenti coincidenze che poi, a giugno del '95, ho considerato fortuite e hanno fatto sì che io potessi raccontare tutte quelle cose». Parola di Matteucci Andrea, di anni 34, scalpellino, accusato di essere un pluriomicida. Un mostro. Ma non un pazzo, precisano lo psichiatra Anselmo Zanalda e il criminologo Francesco Bruno. Ora dicono che questo giovanotto non è matto, non secondo quello che s'intende comunemente: al massimo uno seminfermo di mente. Uno che «soffre di un disturbo complesso della personalità», sottolinea il professor Bruno. E il professor Zanalda: «C'era in lui un grosso disordine sull'autocontrollo». Eppure, sembra così controllato, ora, seduto al suo posto d'imputato, accanto al pm, dietro al tavolo lungo. Indossa una tuta azzurra con le righe bianche e nere sulle maniche e calza scarpe da ginnastica, Tutto molto in ordine. Capelli tagliati al punto giusto, biondi, con appena una spruzzata di bianco. Gli occhi puntati in basso; un timido, uno che teme di disturbare, che vorrebbe non farsi mai notare, che quando lo chiami ti guarda in volto quasi sorridendo e ti porge la mano, come se fossi un amico di vecchia data. L'accusa dice che con quelle mani ha fatto di tutto. E lui pure lo ha raccontato. A coltellate ha ammazzato Domenico Raso, nel 1980: era un omosessuale, aveva 50 anni. E aveva pure due figli. Questo fatto avrebbe sconvolto il timido e tormentato Matteucci. Anche se, sostengono lo psichiatra e il criminologo, in lui prevale il «rapporto con la morte. Non si crea il problema di spegnere una vita, perché preferisce morta la persona che ha scelto in quel momento. Lui "parla" con il morto». Non è facile accettare che uno fa certe cose perché quello che ha patito da bimbo lo ha ferito fino a squarciargli il cervello. Eppure è così, assicura il professor Bruno: «Ha avuto un'infanzia tremenda e chi gli ha fatto più male di tutti è la madre, è lei che non riesce a perdonare, mentre il padre vero è stato una delusione». Sua madre, come la ricorda: un giorno, aveva 14 anni, Andrea Matteucci pensò di fare una rapina in una macelleria. Non lo presero neppure sul serio, quando lo videro sulla soglia, una scacciacani in pugno. Ma lui andò in commissariato, si accusò del colpo. Quando chiamarono la madre, Maria Pandiscia, questa, dice lui, «fece un riconoscimento come se avesse visto un cadavere all'obitorio». Perché quel figlio non lo aveva mai voluto, e tanto meno lo vuole ora, anzi, rifiuta perfino di deporre e di guardarlo. E lui ricorda quando lei gli diceva: «Non chiamarmi mamma, chiamami Maria la vacca». Lui allora non sapeva che cosa fare. Sballottato da un istituto all'altro, e poi in un centro di accoglienza. Abbandonato. Sì, le prostitute le odiava. «Maria la vacca» gli era sempre davanti agli occhi, un'ossessione. Ora i clinici ci dicono che aspettava di diventare grande per poter uccidere. Lui racconterà alla polizia di considerarsi «la spada del Signore che doveva ripulire il mon- do». Ma dopo quel primo delitto non fece più nulla, per quasi 12 anni, bloccato dal fatto che l'uomo ammazzato avesse due figli. Ecco, avrebbe domandato sempre alle ragazze se avessero figli. Chissà quante si sono salvate rispondendo: «Sì». Daniela Zago, torinese, scomparve il 5 dicembre 1991 : aveva 26 anni e due figli, ma forse non glielo disse. Fu uccisa con una pistola ammazzabuoi. «Non aveva il diritto di togliere la madre a quei bambini», protesta ora Rosa Zago, che ha 63 anni ed è disperata perché di sua figlia non hanno trovato un segno. «E' un vi¬ scido. E la madre, peggio di lui: mi ha anche baciata». Poi ci sono state Clara Ormanei Bee, nigeriana, 26 anni, martedì 30 agosto 1994, e Albana Dakovi, 20 anni, fuggita dall'Albania, uccisa il 12 giugno 1995. Le ammazzava e poi ci faceva all'amore. «Così, per un atto di spregio», spiega il professor Zanalda. 0 per vendetta, perché quelle non gli avevano dato retta o gli avevano chiesto più soldi, oppure gli avevano imposto di «far presto»: insomma gli avevano fatto capire che lui, a loro, non interessava proprio per niente. Uccideva e se non poteva liberarsi subito del corpo, se lo portava nel furgone. Quando andò a firmare alla caserma dei carabinieri di Saint Pierre, lasciò il corpo di Albana Dakovi sotto il sedile. Poi lo sotterrò, perché gli era venuta fretta di liberarsene. Ma più tardi, dice il professor Zanalda, «lo disseppellì e ci fece all'amore, anzi ci fece quell'atto di spregio. E lui ci "parlava" col corpo. E' un parlare particolare, naturalmente». Tutto questo il timido, riservato Matteucci lo aveva raccontato agli psichiatri. «Non gli avevamo chiesto niente, ce l'ha detto lui. E ha detto che aveva compiuto atti sessuali sui cadaveri e ha spiegato come». Poi, quei corpi, li tagliava e li bruciava in un bidone, davanti a casa. Un mostro inavvicinabile, dunque? No, dice con un filo di voce Daniela Brunelli, che è stata sua moglie ed ha avuto un figlio, da lui, e si son lasciati qualche anno fa, «perché non c'era più niente che ci legasse». Ma lui era uno tranquillo. Litigi? quelli che ci sono in ogni coppia. «Ma ha sempre detto che odiava la madre». Una famiglia: ecco che cosa non aveva mai sentito attorno a sé, che gli era sfuggito dalle dita. Ed eccolo lì il bimbo, terribilmente indifeso: eppure è il mostro. Vincenzo Tessandorì Ma davanti ai giudici il serial-killer di Aosta ritratta la confessione Sotto: Andrea Matteucci, 34 anni, all'arrivo in tribunale. A destra: l'imputato di una catena di omicidi in aula. A sinistra: il monitor degli avvocati difensori

Luoghi citati: Albania, Aosta, Bee, Virginia