«Berlusconi Il dominus di Telepiù» di Susanna Marzolla

Processo a Milano. Ex manager Fininvest chiama in causa il Cavaliere Processo a Milano. Ex manager Fininvest chiama in causa il Cavaliere «Berlusconi? Il dominus di Telepiù» La difesa: nessuna tangente MILANO. Un unico argomento, ieri al processo Berlusconi: Telepiù di chi ò (o meglio era, visto che adesso è passata ad una cordata tedesco-sudafricana dei gruppi Kirch e Richemont)? Della Fininvest, e gli altri soci erano solo di facciata (tesi della procura)? Oppure la proprietà era effettivamente divisa, la Fininvest aveva solo il dieci per cento e Silvio Berlusconi se ne interessava così tanto unicamente perché la considerava «una sua creatura» (tesi della difesa)? L'argomento è centrale per il processo: riguarda infatti una tangente da 50 milioni a due finanzieri versata tra dicembre '93 e marzo '94 per coprire - secondo l'accusa - una palese violazione della legge Mammì. Invece per Fininvest era tutto in regola, e questa è l'unica tangente che il gruppo nega di aver pagato. La testimonianza che poteva essere decisiva era quella di Oliver Novick, manager Fininvest che si era occupato proprio della cessione delle quote di Telepiù. Ha portato parecchia acqua al mulino dell'accusa, ma alla domanda cruciale sui rapporti tra i soci, risponde di non sapere: «Non avevo visibilità dei loro rapporti; non ho mai visto contratti; non so se c'erano particolari accordi». Novick, o meglio il suo computer, è stata una miniera di informazioni per la procura. Anche per il periodo in cui Silvio Berlusconi era presidente del Consiglio. Il pm Francesco Greco chiede infatti al testimone: «Ha avuto contatti con Berlusconi, per affari riguardanti le sue aziende, mentre dirigeva il governo?». Novick: «Sì. Berlusconi mi chiese informazioni sulla quotazione in Borsa di Mondadori». Greco: «E la "comunicazione riservata personale" datata settembre '94?». Novick: «Era im appunto che volevo inviare a Berlusconi sulla questione Tcleginco (la tv spagnola di cui Fininvest aveva una quota, ndr). Lui conosceva personalmente l'amministratore Duran e così pensavo di chiedergli un intervento. Ma la lettera non l'ho mai spedita». E sul mancato invio puntano i legali di Berlusconi per spiegare a margine del processo - che lui, da presidente del Consiglio, «non ha compiuto alcuna interferenza» a favore delle sue aziende. E le telefonate sulla Mondadori? «Semplice informativa di un funzionario sui problemi del gruppo», risponde l'avvocato Ennio Amodio. Resta in piedi l'altra questione: l'Ieccessivo?) interessamento sulle sorti di Telepiù. Dice infatti Novick: «Berlusconi dava l'impressione che fosse una cosa sua, in tutti i sensi». E poi: «La Fininvest aveva la possibilità di influire sulla decisione di alcuni soci di vendere o tenere le quote». Ancora: «Fininvest aveva il controllo gestionale di Telepiù; il giorno per giorno era legato al gruppo». Però poi aggiunge: «Berlusconi era molto coinvolto con Telepiù perché l'aveva creata lui; era anche un legame di tipo emotivo». E, sulla reale proprietà delle quote che lui stesso aveva avuto l'incarico di cedere: «Ho avviato una trattativa in termini generali, senza preoccuparmi di chi fossero i venditori». Alla fine, nulla di conclusivo. Tanto meno dai primi soci-amici entranti in Telepiù con un miliardo ciascuno e poi usciti abbastanza rapidamente. Comincia Massimo Moratti (petrolio e Inter): «Avevo letto sui giornali di questa pay-tv; mi pareva un affare interessante. Chiesi a Berlusconi di entrare e mi disse di sì». L'affare si rivela però meno proficuo di quanto sperato e, dopo un pruno aumento di capitale, Moratti vende tutto. Bruno Mentasti (acque minerali) non sottoscrive nemmeno quello: entrato con entusiasmo nell'affare, ne esce dopo pochi mesi. Susanna Marzolla Francesco Greco, pubblico ministero al processo Berlusconi-Fininvest

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