Maestre dell'eros alle corti medievali di Aldo Cazzullo

Tutti i versi scritti e cantati dalle «trovatrici»: passione, ironia e modernità sorprendente Tutti i versi scritti e cantati dalle «trovatrici»: passione, ironia e modernità sorprendente Maestre dell'eros alle corti medievali f PARIGI 1 0 farò venire nel mio talamo/ e gli darò baci d'amo■ l re, e lo terrò tra le braccia/ -==Jal posto di mio marito». Non c'è possibilità di equivoco: è stata una poetessa a comporre questi versi. Anzi, una trobairitz: una trovatrice. Molti trovatori erano donne. Nobili dame che cantavano \afin'amor e si esibivano in pubblico. Come Clara d'Anduza, contessa di Die, l'autrice della terzina che esalta l'ebbrezza dell'adulterio. Na Bieris, invece, rivolge alla sua amica Maria il primo messaggio d'amore saffico della letteratura moderna. Altrettanto audaci, due sorelle dell'alta nobiltà, Alesina e Carenza, dibattono in una tensori, una canzone dialogata, se sia meglio restare vergini o sposarsi: prendere marito, avverte donna Alesina, può procurare impagabili piaceri, ma «è una grande penitenza fare bambini/ poiché le loro grosse teste sporgono giù basso/ e U ventre si infiamma e duole». Da decenni medievisti e filologi dibattono sull'esistenza delle trovatrici. Georges Duby, ad esempio, l'ha negata. E Eric Kholer, nella sua Sociologia della <cfin'amor», ha sottolineato il carattere essenzialmente maschile della letteratura cortese, nata dalla sublimazione delle smanie amorose dei cadetti delle famiglie nobili per dame maritate e irraggiungibili. Ora Pierre Bec, l'autore di una Anthologie des troubadours (1979) e di una straordinaria raccolta di rime provenzali pornografiche, Burlesque et obscénité chez les troubadours (1986), pone fine alla querelle pubblicando un saggio e un'antologia di versi, da lui tradotti, dovuti a mani femminili: Chants d'amour desfemmes-troubadours, appena uscito in Francia da Stock, nella collezione Moyen Age. Pierre Bec ha messo le mani su documenti inoppugnabili: oltre cinquanta miniature, custodite tra Parigi e la Biblioteca Vaticana, che raffigurano le «trovatricto avvolte in vesti dorate e in manti di ermellino, con un bastone o uno scettro in mano. E venti vidas conservate a Barcellona: piccole biografie, lunghe a volte poche righe, che ci tramandano evocativi nomi di poetesse in langue d'oc, come Na Castelusa e Azalais de Procairagues. Non semplici jongleresses, cantatrici spesso volgari e disprezzate che ripetevano rime composte da altri, come sostengono i detrattori della tesi di Bec, ma autentiche donne di lettere, che vivono nel medesimo mondo cortese e aristocratico dei trovatori, cui sovente sono superiori in rango nobiliare, se non poetico. Come Marie de France, che esercita il suo talento sognatore e nostalgico (in langue d'oil) alla corte inglese di Enrico E Plantageneto e della sua sposa Eleonora d'Aquitania, divorziata dal re di Francia Luigi VII. A Marie si deve il primo sviluppo della leggenda di Tristano e Isotta, tra cui brilla una straordinaria ver- sione poetica del Lai du chèvrefeuille, dove la regina Isotta sfugge alla sorveglianza del marito per ritrovare Tristano in un bosco, e decifra un messaggio dell'amato scritto su un ramo di nocciolo: eco della pratica ancestrale dell'odoro, scrittura critta- ta praticata dai druidi. Ma la vera novità dell'opera di Bec non riguarda tanto il sesso della poesia, quanto la straordinaria inversione dei rapporti di forza sociali che le trovatrici imprimono ai giochi erotici delle corti e della letteratura provenzali. Nell'immaginario del XII secolo, la donna è strumento di peccato e perdizione. Teologi, filosofi, medici si tramandano le massime misogine di Sant'Ambrogio e Sant'Agostino; tanto che, per la scuola medica di Salerno, la più celebre del Medioevo, «la donna è umida e fredda, mentre l'uomo è secco e caldo». Ma i versi adulterini di Clara d'Anduza e le rime lesbiche di Na Bieris sono il segno che, nella quotidianità del Paese occitano, le donne godono di uno status ben diverso, che consente loro di esercitare un'influenza radicale sui costumi, e di condurre in prima persona il gioco d'amore. Le pastorelle irretite e abbandonate di Marcabru e Cavalcanti cedono il posto a nobildonne che guidano la schermaglia della seduzione. La dama invocata e adorata diventa la conquistatrice che attira a sé (o invoca) l'amato. E, per evitare che al piacere del talamo segua l'incombenza della gravidanza, usa filtri magici e ricette segrete. Eppure il pubblico delle corti non trova il messaggio scandaloso, ma accetta questo rovesciamento di ruoli. Lo provano i versi di Azalais de Procairagues dedicati all'assag, la «prova», cerimonia che autorizzava la dama a spogliarsi di fronte all'amico, per mostrarsi in tutta la sua bellezza e ardore amoroso. Pierre Bec contrappone così il modello provenzale (e mediterraneo) della cortesia agli «approcci contemporanei, ancora condizionati dalla misoginia ereditata dall'inizio del secolo e dal militantismo femminista degli Anni Settanta». Dalle liriche delle «trovatrici» riaffiora un codice erotico al femminile che, nato nel Medioevo, «supera quelli contemporanei per leggerezza, passionalità, ironia: in una parola, modernità». Aldo Cazzullo Dall'amore lesbico all'ebbrezza dell'adulterio e alla «penitenza» di fare bambini Una scena del libro di Ezechiele da una miniatura del 1140 (Londra, Biblioteca di Lambeth Palace)

Luoghi citati: Barcellona, Francia, Londra, Parigi, Salerno