Natalia: le donne, che stupide di Natalia Ginzburg

Natalia: le donne, che stupide IL CASO. Manoscritti inediti dei grandi del '900 all'Università di Roma Natalia: le donne, che stupide Le lettere della Ginzburg a 29 anni rg^l ROMA ili ANTE volte mi sento così I stupida che non so come I farò a scrivere». Parola di *g lima grande scrittrice, Natalia Ginzburg, in una lettera inedita del 26 febbraio 1946 che entra a far parte del nuovo archivio dedicato ai manoscritti degli scrittori del '900 presso la Facoltà di lettere dell'Università di Roma. Uno scritto particolarmente interessante perché in poche righe rappresenta un piccolo trattato sulla stupidità. E anche uno squarcio autobiografico. La Ginzburg abbandona il suo caratteristico aplomb e fa sorprendenti dichiarazioni. «C'è un altro limite - ricorda in questa lettera allo scrittore Silvio Micheli, autore di punta degli Anni 40 e 50 che vinse un Viareggio con Pane duro, e che pubblichiamo integralmente qui sotto - ed è la mia stupidità... » L'archivio dell'Università di Roma ha una lunga storia. Sono dieci anni che il professor Giuliano Manacorda combatte con l'inerzia burocratica, con i fondi sempre carenti per acquistare reperti. Proprio adesso è arrivato il momento in cui i manoscritti, le edizioni rare, le riviste introvabili di questo secolo, che da anni giacciono negli scaffali della libreria intasata di Manacorda (e in quella della professoressa Francesca Bernardini che lo ha aiutato in questa raccolta), imboccano la giusta strada. Vanno cioè a depositarsi nella sede più consona: i locali dell'università di Roma. E' stato il preside della facoltà di Lettere, Emanuele Paratore, a sbloccare il faticoso iter e così, dopo gli archivi di Pavia e di Firenze, anche nella capitale gli studenti e gli esperti avranno a disposizione nuove preziose carte. Per il momento il Fondo creato da Manacorda ospita manoscritti di Giovanni Papini, Natalia Ginzburg, Berto Ricci, Giorgio Caproni, Fidia Gambetti, Gianni Rodari, Giorgio Bassani, Salvatore Quasimodo, Italo Calvino, Cesare Pavese e altri. La raccolta del Fondo è molto varia nei contenuti: insieme a poesie e racconti inediti comprende epistolari, veri laboratori di scrittura degli autori oltre che pozzi di aspetti curiosi, nevrosi, manie dei letterati novecenteschi. In particolar modo, nelle lettere scambiate con Silvio Micheli gli scrittori paiono disposti ad aprirsi, a mostrare tratti insoliti della propria personalità. Non mancano nemmeno i piccoli lapsus, i particolari rivelatori di un'epoca in frenetico cambiamento: Pavese dalla redazione Einaudi scrive a Micheli, autore che pubblica con lo Struzzo, e rivolgendosi a lui nelle missive immediatamente precedenti il 25 luglio '43 gli dà del «voi», poi passa negli scritti del mese successivo al «lei» e nel bel mezzo di una lettera in pieno clima resistenziale gli dà del «tu». Calvino, sempre nella corrispondenza con Micheli, bersaglia con toni polemici l'establishment letterario di quegli anni e si propone di sbaragliarne i rappresentanti più in vista. Congratulandosi con l'amico che ha vinto il Viareggio scrive nel '46: «E' anche una botta per smantellare gli asserragliamenti delle varie "fiere letterarie"... sempre tra i piedi. Ora bisogna che noi ci diamo entro a imparare il trucco di tutti questi signori, il loro intellettualismo, il loro campionario di valori non per usarlo noi ma per mostrare che non è che un giochetto, e non farci trattare da ragazzini e da incompetenti». Il gruppo dei letterari «avversari», a cui si riferisce lo scrittore, era quello che aver va come punto di riferimento la Fiera letteraria della cui redazione facevano parte Alvaro, Cecchi, Contini, Ungaretti. Con improvvisi mutamenti d'umore l'autore del Sentiero dei nidi di ragno oscilla tra ironia e malinconia. «Tu scrivi mangiandoti le unghie? - annota per Micheli l'8 novembre del '46 -. Gli scrittori si dividono in quelli che scrivono mangiandosi le unghie e quelli no. C'è chi scrive leccandosi un dito... Non devi credere che io non abbia idee per romanzi che scriverei... Io ho anche delle idee critiche in testa, ho una teoria sul perfetto romanzo. Anch'io ho cominciato un romanzo: ne ho scritto quattro pagine in una settimana... Ci sono delle giornate... in cui penso se in quella frase ci sta meglio salito o montato)}. E ancora nello stesso epistolario Calvino chiamerà con ironia il suo primo libro fl. sentiero degli stronzi di cane. E poi in un attacco d'ira improvvisa dichiarerà di non «voler più scrivere», di essere «stanco delle difficoltà» e si riprometterà di cambiar mestiere. Anche Giorgio Bassani, quanto a malumori non è da meno di Calvino e in una lettera a Fidia Gambetti che dirigeva la rivista Poeti d'oggi chiede, senza motivo, di distruggere due liriche che gli ha mandato in precedenza. Il Fondo degli autori contemporanei, comunque, non ha esaurito le sue ricerche. Nella prospettiva di Manacorda questo è solo l'inizio. «Aspettiamo - afferma il professore - anche materiali provenienti da casa Quasimodo e poi dalla biblioteca di Nino Palumbo, uno scrittore scomparso da tempo che era in rapporto epistolare con gran parte dell'intellighentia italiana. Ad aprile andrò negli Stati Uniti per verificare le carte di Leo Ferrerò, un protagonista degli Anni 20-30. E poi avendo le possibilità ci sono ancora tanti archivi privati da esplorare». Mirella Seni Documenti di Pavese, Calvino, Quasimodo e molti altri, raccolti in dieci anni da Giuliano Manacorda 1 ^ *T7?Zl*»o> ****** jJ^Uuvtu.; .mm 7*m»^ r Crvt. Hu5*«***£à, ***** ,</U^ IL CASCalvino visto da Levine; a destra, Cesare Pavese e un manoscritto di Calvino Calvino visto da Levine; a destra, Cesare Pavese e un manoscritto di Calvino Natalia Ginzburg

Luoghi citati: Firenze, Pavia, Roma, Stati Uniti