Guernica il torero della discordia

m N Picti Gudi Montanelli rilancia la tesi di Messori: quadro ispirato a un «matador», non alla città Guernica, il torero della discordia Una lunga querelle, gli studiosi non ci credono m N giorno del 1940, Fabio Picasso si trovava davanti a una riproduzione di Guernica in compagnia di un ufficiale tedesco. «L'ha fatto lei?», chiese il militare. «No, veramente l'avete fatto voi», rispose l'artista. Una tesi comunemente accettata, ma non da Vittorio Messori, che qualche anno fa l'aveva contestata in un articolo su Avvenire. Il leggendario quadro, simbolo deÙ'antimilitarismo, non sarebbe stato concepito per ricordare il bombardamento della cittadi¬ na basca rasa al suolo nel 1937 dalla Luftwaffe nazista, ma per onorare un beniamino di Picasso, morto tragicamente, il torero Joselito. Ora Indro Montanelli rilancia clamorosamente la teoria nella sua «Stanza» quotidiana sulla pagina delle «Opinioni» del Corriere della Sera, citando con ampiezza, le parole dello scrittore cattolico. Sono tratte dal libro Le cose della vita (edizioni San Paolo, 19L5): «Da buon spagnolo, Pablo Ruiz Blasco y Picasso amava le corride. Fu dunque sconvolto dalla tragica morte di un suo beniamino, il famoso torero Joselito. Per celebrarne la memoria mise in cantiere un'enorme tela di 8 metri per 3 e mezzo, che gremì di figure tragicamente atteggiate, a colori luttuosi. Finita che l'ebbe, la chiamò En muerte del torero Joselito. Correva però il 1937, in Spagna infuriava la guerra civile e il governo anarco-social-comunista si rivolse a Picasso per avere da lui un quadro per il padighone repubblicano al'Esposizione universale in programma a Parigi per l'anno dopo. Il Picasso (che diventerà, non a caso, uno degli artisti più ricchi della storia) ebbe una pensata geniale: fece qualche modifica alla tela per il torero, la ribattezzò Guernica e la vendette al governo "popolare" per la non modica cifra di 300 mila pesetas dell'epoca. Qualcosa come qualche miliardo - pare due o tre - di lire di oggi, che furono versati da Stalin attraverso il Comintern». Fermiamoci qui. Ce n'è abbastanza per far drizzare i capelli non solo a «una certa sinistra» (come dice Emilio Fido nell'imitazione di Corrado Guzzanti), ma anche al più bellicoso dei critici d'arte: «E' una bufala colossale - dice Federico Zeri -. Su Guernica ne hanno dette di tutti i colori. Questa è una leggenda». Messori non demorde: «Basta guardare il quadro: che cosa ci fanno un toro e un cavallo?». Se¬ condo Javer Tusell, lo studioso che ha curato la storia del recupero di Guernica pubblicata dalla Berkeley University, «la storia di Picasso e Joselito è un'assurdità mai sentita. Il toro e il cavallo sono simboli dovuti al fatto che a Picasso rimaneva nella memoria la crudeltà delle "corridas" nella città natale di Malaga». Messori assicura di poter esibire tutte le ((pezze d'appoggio»: «Che Picasso amasse la corrida è storicamente inconfutabile. Ma oggi è politicamente scorrettissimo essere appassionati di corrida. Toccare Guernica per una certa cultura è come, parlando di altri "seguaci", criticare il quadro della Consolata. Non è un caso se Montanelli, testimone oculare della guerra di Spagna, ha fatto la citazione». L'ispanista Angela Bianchini precisa innanzitutto come nel governo spagnolo che commissionò il quadro di anarchici non ce ne fossero. ((Anche ammettendo lo spunto del torero, rimane incontrovertibile come l'episodio che sottende Guernica sia quello della città martire. Infiniti pittori possono aver cominciato un quadro ma la destinazione è quella finale. Guernica, inoltre, fu preceduto da una serie di incisioni intitolate Sogno e menzogna di Franco: il movente politico è lampante». Cario Grande Zeri: «Una bufala colossale, ne dicono di tutti i colori su quell'opera» Lo scrittore cattolico: «Imiti di una certa sinistra sono intoccabili» Un particolare di «Guernica»

Luoghi citati: Guernica, Malaga, Parigi, San Paolo, Spagna