India un Paese in cammino

Spigolature europee India, un Paese in cammino L'India cresce con ritmi del 6-7% annuo; intensi gli investimenti recenti in infrastrutture. Per l'Unione Industriale di Torino la decisione di aprire un «Liaison Office» in India fu una decisione conseguente a precise premesse. Sin dagli inizi degli anni 90, era chiaro che l'Asia sarebbe divenuta sempre più il mercato del futuro; su questa base, si decise, nel 1993, di aprire un ufficio di rappresentanza in Cina e, nel 1994, di effettuare la stessa operazione in India. Cina ed India, i pilastri dell'Asia. Cina ed India: in pratica, mezzo mondo. Ciò ovviamente non significa scordare altre nazioni asiatiche anche più ricche ed evolute, significa solo avere un occhio di riguardo alle dimensioni dei mercati e soprattutto alle loro potenzialità a breve, medio e lungo termine. Ma se la «decisione Cina» non creò troppi problemi - tanta è stata l'attenzione giornalistica verso quel Paese - per l'India, obiettivamente qualche perplessità venne sollevata. Perplessità legate all'immagine di questo Paese, o quanto meno all'immagine che di questo Paese ci è sempre stata data: l'India è un Paese povero. Onestamente, se l'India non è un Paese ricco, non è neanche un Paese povero. Forse, la descrizione più obiettiva è: l'India è «anche» un Paese povero. Come potremmo definire povero un Paese che: ha una classe media di oltre 200 milioni di persone; è leader nella produzione di software; cresce ad un ritmo co¬ stante del 6-7% annuo; solo nel settore della componentistica auto ha 54 aziende con certificazione ISO 9000. E' vero che l'India è popolata da quasi un miliardo di persone e che la Cina cresce del 15% annuo, ma queste rischiano di essere solo valutazioni statistiche. L'India è un Paese industrioso ed industrializzato e certamente non sono le offerte e le opportunità che mancano. Mancano, semmai, le possibilità concrete di accettare o portare avanti queste offerte; manca, la conoscenza del Paese, soprattutto per quanto concerne usi e abitudini, comportamenti diffusi e problemi, che in ogni momento si devono presentare. Problemi soprattutto di servizi e di infrastrutture, più che di produzione; di strade e di comunicazioni, più che di qualità. Problemi, che si stanno risolvendo: non a caso, dal 1991 al 1994, il 57% degli investimenti sono stati dedicati alle infrastrutture ed i cambiamenti si percepiscono concretamente, anche quando si manca da solo un mese dal Paese. I telefoni cellulari, per esempio, stanno invadendo l'India e solo 4 mesi fa non esistevano. Nuovi modelli d'auto sono usciti o stanno per essere immessi sul mercato: Daewoo - Peugeot Mercedes - Fiat - Ford - GM (Opel) - Honda - Hyundai sono i nomi di aziende automobilistiche che hanno concluso accordi con partner locali. Il gotha del¬ l'auto è, ormai, presente in India e forse la predizione delle 800.000 auto prodotte nel 2000 contro le 300.000 attuali non è fantascienza. L'India insegna che tutto è possibile, forse anche l'impossibile, visto che, come segnala l'Asian Automotive Business Review citando dati del 1993, in India c'è un'automobile ogni 165,9 abitanti ed il PNL prò capite è di US$ 307. Sempre volendo rimanere nel paragone con il gigante giallo, nel 1992, in Cina, c'era un'auto ogni 200 abitanti ed il PNL prò capite era di US$ 370. Anuhe le medie aziende associate all'Unione Industriale iniziano a guardare l'India con maggiore attenzione, forse perché il tessuto economico dei due Paesi è, in realtà, molto simile: esistono grandi aziende e grandi gruppi, ma l'economia si poggia e cresce grazie alle società di medie dimensioni, ovviamente con tutte le problematiche proprie di queste aziende. Sono, comunque, problematiche comuni, che vengono affrontate tra imprenditori e non tra imprenditori e burocrati di Stato: questo facilita le relazioni d'affari. Aziende operanti nel settore della pelle e della finta pelle stanno trovando buone opportunità, così come aziende che producono utensili, aziende con produzioni specializzate nei settori auto, gomma, chimica, fino alla fornitura di stabilimenti «chiavi in mano», senza dimenticare il design industriale. L'esperienza in India, fatta dall'Unione Industriale, non può che definirsi positiva. Il rapporto umano che si instaura con gli indiani è immediato; certo non si deve pretendere di comprendere la mentalità di un popolo che ha 5 mila anni di storia e sarebbe presuntuoso da parte di molti occidentali sostenere di conoscere bene gli indiani: comprendere profondamente certi fatti, certi atteggiamenti, certi modi di essere è tutta un'altra cosa che conoscerli sufficientemente per poter intavolare una trattativa. L'India, che il progresso sta stravolgendo, è ancora per certi versi misteriosa. Da un punto di vista professionale, si assiste ad una crescita se non vorticosa, costante; a un desiderio di fare, come in Italia negli anni 50 e 60, e soprattutto si intravede un futuro, sicuramente non facile, ma tangibile. Le possibilità di joint-venture sono concrete e reali, così come effettive sono le possibilità di successo, a condizione che si tenga presente non solo e non tanto la necessità di investire, quanto l'impegno di personale: senza un controllo ed un contatto costante, il rischio di una gestione totalmente indiana è molto elevato con tutte le conseguenze del caso, mentre una presenza assidua porterebbe a risultati di grande rilievo, in un mercato ormai proiettato verso una forte espansione.