Pechino a Taiwan: e adesso discutiamo

Pechino a Taiwan; e adesso discutiamo DOPO LE PRESBOENZMM Finite le manovre militari. Lee ribadisce di volere per l'isola un riconoscimento internazionale Pechino a Taiwan; e adesso discutiamo Ma la Cina definisce il voto una «nomina di dirigenti regionali» TAIPEI. Dopo i missili e gli insulti, dopo le diatribe politiche e le manovre militari, nel giorno successivo alle prime elezioni presidenziali democratiche, a Taiwan è giunta l'ora delle parole di distensione tra la Repubblica Popolare Cinese e l'isola nazionalista. Parole che se non riusciranno a rimediare ai danni fatti - psicologici verso i «compatrioti» dell'isola e diplomatici, in particolare, con gli Stati Uniti - aiuteranno quantomeno ad allentare la tensione sullo stretto di Taiwan, dove per un mese la Cina ha condotto manovre militari, per scoraggiare le spinte indipendentiste dell'isola, in risposta alle quali gli Usa hanno inviato la più imponente flotta mai concentrata nell'area dalla guerra del Vietnam. Pechino ha reagito alla vittoria clamorosa a Taiwan dell'uomo che aveva osteggiato con armi e vituperi riproponendo un vertice. La notizia è stata data ieri dal quotidiano di Hong-Kong «Wen Wei Po», di proprietà del governo chiese. Nei commenti ufficiali sui risultati elettorali a Taiwan comunque i cinesi hanno evitato accuratamente la parola «elezioni» sostituendola con l'espressione «attività relative alla nomina dei dirigenti della regione di Taiwan». Taiwan da parte sua ha risposto alla proposta di un vertice, tramite il premier e neoeletto vice presidente Lien Chan, auspicando il dialogo e un accordo di pace. Lee Teng-hui, 73 anni, eletto sabato con il 54 per cento dei voti primo presidente democraticamente scelto nei 5000 anni di storia della nazione cinese, ha però ribadito di voler continuare a cercare per Taiwan quel riconoscimento internazionale che lo ha posto in contrasto con Pechino. Nulla di nuovo è stato in realtà detto, ma i toni a volte contano di più dei contenuti. La sconfitta di Pechino è stata d'altronde addolcita dal segretario generale dell'Orni Boutros Bou- tros-Ghali che, al suo arrivo proprio ieri nella capitale cinese, ha dichiarato subito di non voler parlare di Taiwan poiché «è un affare interno della Cina». La Cina, ha detto quindi Boutros-Ghali, «è membro permanente del Consiglio di sicurezza, ha diritto di veto, è una supeipotenza ed è nell'interesse della Comunità internazionale rafforzare le relazioni che ha con l'Onu». Taiwan sta cercando di ottenere un seggio all'Onu, perché, sostiene Lee Teng-hui, non c'è nessuno che rappresenti gli interessi dei 21 milioni di taiwanesi. La richiesta ha fatto infuriare Pechino che si ritiene l'unico governo legittimo della Cina di cui Taiwan è solo una provincia ribelle. Fonti cinesi affermano che Pechino potrebbe «concedere» a Taiwan di partecipare all'Onu come osservatore. Il ministero degli Esteri cinese Qian Qichen ha fatto in modo di avere a Pechino ieri anche Alfred Nzo, ministro degli Esteri dèi Sud Africa, di gran lunga il più importante dei soli 31 Paesi che riconoscono il governo di Taipei. L'interscambio commerciale tra Cina e Sud Africa è centuplicato a 1,3 miliardi di dollari dello scorso anno, contro i 14 milioni del 199I; e il presidente Nelson Mandela preme perché vengano allacciati rapporti diplomatici con Pechino. E in Cina, le fonti ufficiali cantano vittoria sulle elezioni. Le manovre hanno ottenuto il loro effetto: il partito democratico progressista, a favore dell'indipendenza, è calato dal 33 per cento delle legi- slative di dicembre al 21, spiega l'agenzia «Nuova Cina», seraficamente ignorando il fatto che fino a ieri proprio Lee Teng-hui era accusato di essere il fautore dell'indipendenza. L'analisi è condivisa a Taipei dagli indipendentisti, secondo i quali i missili hanno spaventato i loro elettori. Giustificazione più semplice che ammettere di avere sbagliato politica. Spente le luce delle elezioni, sono anche finite, oggi, le manovre cinesi nella parte Nord-occidentale dello stretto di Taiwan: sembrerebbero per il momento le ultime visto che non ne sono state annunciate altre. [Ansa] Per Boutros-Ghali «il caso Taipei è un affare interno cinese» II premier di Taiwan Lien Chan ed il presidente confermato nelle elezioni di sabato Lee Teng-hui A sinistra, il ministro degli Esteri cinese, Qian Qichen [FOTO REUTERS)

Persone citate: Alfred Nzo, Ghali, Lien Chan, Nelson Mandela, Qian Qichen