Parlamento del Nord è scontro Bossi-Pivetti di Irene Pivetti

Pontida, contrasto tra linea federale e secessionista Pontida, contrasto tra linea federale e secessionista Parlamento del Nord è scontro Bossi-Pivetti PONTIDA DAL NOSTRO INVIATO Le mani in tasca, il piede sinistro che pesta il legno del palco e un broncio improvviso. «Ma cosa mi avete combinato, cos'è 'sta storia?». E adesso, mentre i trentamila del Pratone urlano, applaudono, sbandierano i loro entusiasmi padani per una commossa Irene Pivetti, adesso Umberto Bossi si avvicina all'orecchio di Francesco Speroni, l'ex ministro ora presidente del Parlamento del Nord. E' una sequenza veloce, Bossi è livido, Speroni prende il colore del maglione che indossa, un rosso sangue. «Cosa avete combinato, cos'è 'sta storia dell'emendamento?». Pivetti ha appena finito in gloria e fa un passo indietro... Misteri della Lega. Ha parlato Pivetti e giù applausi, ora tocca a Bossi e giù altri applausi. Però i due, per la prima volta e per giunta nella sacralità di Pontida, stanno mettendo in scena la rissa. Risultato, Bossi e Pivetti nell'anticamera della rottura. Bossi indipendentista attacca 0 «sottoparlamento di Roma», prepara «la Padania alla grande battaglia» e una Lega etnonazionalista. Pivetti fa votare un emendamento che salda il Parlamento del Nord al Parlamento italiano, lo legge a Bossi sul palco, e chiude con due frasi che sono ceffoni: «Sia chiaro che la linea della Lega era e resta quella federale. La Lega non ha solo cuore, ma testa». I leghisti di Angolo Terme, a mezzogiorno, stavano per arrotolare il loro striscione con un «Bentornata Irene!». Non viene, non viene... Venerdì aveva fatto sapere che a Pontida non sarebbe venuta, non sembrava 0 caso. Invece ritornata Irene e patatrac. I leghisti, mentre Bossi è già sul palco, approvano il suo emendamento: «I parlamentari leghisti si impegna no a far sì che, nell'ambito della re visione federale della Costituzione italiana, vengano recepiti i princi pi della Costituzione del Nord». Bossi sul palco non ne sa ancora nulla. Pivetti scivola nel tendone dei cronisti e già si capisce che farà caldo. «Oggi nel Parlamento del Nord, che è poi l'assemblea della Lega, si è votata la Costituzione del Nord. Io ho posto un problema di raccordo tra il testo di una nostra proposta politica, che è la Costituzione del Nord, con la Costituzione italiana. Oggi politicamente nasce la Nazione Padana, e senza una norma che la raccordasse alla Costituzione italiana si poteva interpretare in mille modi. Le mie dimissioni dalla Camera? E perché? Possono chiederle per mille ragioni, magari perché sto antipatica». Il Pratone di Pontida sta applaudendo l'annuncio di Bossi: «In questo momento è stata approvata la Costituzione del Nord! E' nata la Nazione Padana che si mobilita politicamente coniugando la sua azione con l'autodeterminazione dei popoli. Intendiamo mettere a fondamento il diritto inalienabile all'indipendenza! Se la Padania resterà nella Nazione italiana dipenderà solo da un cambiamento in senso profondo e federale dello Stato italiano! Chiunque sarà con noi sarà un fratello, chi tocca o minaccia i simboli della Padania sarà considerato un nemico. Da questo momento non si torna indietro». Ma in tailleur molto rosso e poco nero viene avanti Pivetti. Applausi, lei che alza le braccia felice: «Ciao, come si sta a Pontida non si sta da nessuna parte». Parla della Costituzione appena approvata. Dice che «però mancava un pezzo». A questo punto il piede di Bossi si fa nervoso e quando chiude con «la linea della Lega era e rimane federale» è troppo tardi. Bossi non riesce a star fermo, fulmina Speroni con poche frasi, va al microfono mentre il pratone ancora applaude Pivetti. «Una cosa va detta, per essere ben chiari: del sottoparlamento di Roma al sottoscritto non interessa niente!». Pivetti incassa e se ne va. Patatrac. Lei nel tendone dei cronisti, lui sul palco: «Vi devo dire di non illudervi, dal Parlamento di Roma non arriverà niente! Non posssiamo illuderci con un emen¬ damento o l'altro. Chi va a Roma dovrà essere un manipolo saldo, non di traditori. Al primo tentennamento sarà spazzato via. Non sarò tenero con nessuno e nessuno si illuda! Saremo a Roma senza poltrone, faremo il governo delle carabine del Nord contro ladri e faccendieri di regime! Vi chiedo di votare con un sì». Sìììì. «Libertà, libertà», è il coro del pratone. E Bossi: «Bene, questo è l'emendamento che mancava, l'emendamento libertà e indipendenza!». I trentamila sono tutti per Bossi. Un minuto prima erano tutti per Pivetti. A Bossi il suo emendamento non piace... «Io sono di opinione diversa, e anche l'assemblea che l'ha votato lo è». Sotto il tendono arriva il vocione di Bossi: «Con buona pace per Speroni e per l'Ire ne non ci interessano gli emenda menti per il sottoparlamento di Roma». Pivetti o finge o proprio lo non sente: «Sono opinioni sue. 0 non è d'accordo con il suo Parla mento, e Parlamento del Nord è un modo di dire, o ha detto un'altra cosa. Il congresso della Lega non ha scelto l'indipendentismo». I microfoni le stanno addosso, le domande pure. Di tutto. Allora la Lega è secessionista? Sorriso: «Questione inutile, la linea è quella del congresso di un anno fa al Palatrussardi e di tre settimane fa a San Pellegrino». Andrà con Dini? Stupore: «E a fare che cosa?». Ma Bossi che strada sta prendendo? «La strada di Bossi è quella di attuare la linea del congresso: stare al centro e seguire la via federale». A sentirlo non pare: «Esprime opinioni che divergono. A questo sto». Bossi sta parlando di autodeterminazione della Padania... «E' sempre e solo quello che pensa Bossi». Non è ancora rottura, ma quasi. Pare che Bossi, davvero all'oscuro di tutto, del suo arrivo, del suo emendamento, dell'intervento dal palco, del richiamo alla «linea federale», l'abbia presa male. Pare che anche Pivetti non abbia gradito la replica. Dirà Bossi, in serata: «Non l'ho capita. Eiavamo lì in 40 mila per il nostro autoriconoscimento e lei è venuta a parlare di politica. E' un correre troppo in là. Me la son trovata lì...». E Bossi è rimasto spiazzato, tanto da dover rinunciare a parte del suo intervento e alla lettura della sua Costituzione del Nord. (Pazienza, il Pratone, anche se non la conosce ha approvato lo stesso e con gioia). Dunque i leghisti se ne son sentite raccontare due diverse. Pivetti che crede nella via federale e parlamentare. Bossi che non crede più a niente perché «il sottoparlamento di Roma è una pianta secca». I leghisti se ne sono andati felici. «E tanti, tantissimi. C'era più gente qui che per i 27 partiti dell'Ulivo al Palatrussardi», dice Roberto Maroni. Bossi, a sera, aveva già dimenticato l'intervento di Pivetti: «Mi hanno urlato il loro sì in 40 mila». Difficile che Pivetti abbia già dimenticato la replica di Bossi. Cosa si aspetta dal futuro? «Lasci perdere, non è giornata...». Giovanni Cerniti Il leader della Lega Nord Umberto Bossi A destra: la presidente della Camera Irene Pivetti