Frenata del ministro «Non parlo del processo»

Polo diviso su Caianiello Frenata del ministro «Non parlo del processo» TRIBUNALI E POLITICA «SMILANO IGNOR ministro», inizia secco l'avvocato Dinoia. Poi per 28 righe va all'attacco del ministro della giustizia Caianiello che sabato - a freddo aveva detto: «Chi dismette la toga con protervia deve chiarirne le ragioni». «Le sue accuse contro Di Pietro sono gratuite e infondate», esordisce il legale che - questa mattina a Brescia - sarà impegnato a difendere l'ex magistrato simbolo di Mani pulito dall'accusa di concussione, nella terza e ultima udienza preliminare voluta dai pm Salamone e Bonfigli. In serata, al Tg5 e al Tgl, il ministro Caianiello fa una parziale marcia indietro. E dice: «Non mi riferisco al processo in corso a Brescia. Mi ero chiesto solo: perchè un magistrato che stava compiendo un'opera così merito- ria, di cui ho nostalgia, ha lasciato la toga senza dare, allora, alcuna spiegazione?». Chi non vuole affatto entrare in questa querelle sono i due magistrati bresciani. Spiega Salamone: «Non mi pare il caso di parlare. Vedremo in aula, quello che abbiamo da dire. Soprattutto su questo argomento delle dimissioni». Si fa alta la temperatura a Brescia. E l'avvocato Dinoia non si nasconde dietro a un dito. Teme che le parole del ministro possano pesare più del dovuto sulla decisione del gip Anna Di Martino, chiamato a valutare se ci sono elementi per inandare o meno Di Pietro a giudizio. Il legale dell'ex magistrato si chiede e chiede al ministro: «Quale serenità avremo noi tutti quando entreremo in quell'aula di giustizia, sapendo che il ministro della Giustizia in persona ha bollato Di Pietro come protervo ed è arrivato a sostenere anche che si sarebbe "caricato di compiti forse più grandi di lui"?». L'avvocato Dinoia non si ferma qui. E al ministro «spara» una raffica di domande: «Quale potrà essere lo stato d'animo di Di Pietro? E quello degli altri imputati, ai quali vengono contestati reati connessi alle dimissioni di Di Pietro? E' questo il suo contributo alla corretta amministrazione della giustizia?». In chiusura, il legale via fax «bacchetta» il ministro Guardasigilli. E gli dà il voto, che naturalmente è una bocciatura: «Lei ha affermato solennemente che 'l'indipendenza e la libertà non devono essere proclamate, ma vanno conquistate giorno per giorno'. Parole sacrosante. Ma non così, signor ministro, non così». E così l'ultimo appuntamento giudiziario per Antonio Di Pietro che ha già vinto due udienze su tre si apre con un po' di scintille. Normale, visto che il personaggio è Di Pietro. Normale visto che lui, a parte quel «mi tirano per la giacchetta» non è mai voluto entrare «troppo» in questa storia di dimissioni. «Dimissioni con protervia», giudica il ministro. «Le ha spiegate più volte», replica l'avvocato Dinoia. Per quell'addio alla toga del 6 dicembre '94 i sostituti procuratori bresciani Salamone e Bonfigli ipotizzano una sfilza di reati. Così a Broscia oggi, accanto a un Di Pietro imputato per abuso d'ufficio per la vicenda del concorso dell'amico Rea, c'è un Di Pietro parte lesa, vittima di quel complotto che vede sul banco degli imputati ex ministri, imprenditori e ispettori ministeriali. Concorso in concussione, l'accusa per tutti. A partire dall'ex ministro della Difesa Cesare Previti che avvisò gli ispettori che Gorrini della Maa era pronto a vuotare il sacco sulle presunte malefatte dell'allora magistrato numero uno. Con l'ex ministro, imputati dello stesso reato, Paolo Berlusconi e gli ispettori di via Arenula Domenico De Biase e Ugo Dinacci. Che aprirono e chiusero in un amen, a dimissioni avvenute, quell'inchiesta misteriosa. Adesso tutti negano che ci sia stato un complotto. Anche Previti e Di Pietro, che all'ex ministro ha scritto una lettera allegata agli atti: «Nessuno mi ha chiesto di dimettermi. La mia è stata una scelta personale». Fabio Potetti L'avvocato Dinoia «Così il guardasigilli difende l'indipendenza della magistratura?»

Luoghi citati: Brescia