Sognando Moro e Berlinguer
Molti oratori costretti a chiudere i discorsi per permettere a Prodi di parlare nel Tgl D'Alema spiega a Martinazzoli Silvio in tv «Esagera sempre con il trucco e il cerone» Sognando Moro e Berlinguer Ecco ifigli della solidarietà nazionale L'IDENTITÀ' CERCATA NEL PASSATO CMILANO ARMEN Lasorella, la conduttrice della convention dell'Ulivo, addirittura invia una delle bambine che sfoggiano la felpa con il simbolo della coalizione a tirare la giacca a Federico Orlando, colpevole di tirarla troppo per le lunghe. Solo per un caso sfuggono alla stessa sorte due nomi di quella Rai che piace tanto a quella platea: Piero Badaloni, il presidente della regione Lazio figlio del Tgl targato sinistra de; e il principe Idris, personaggio di punta della trasmissione «quelli che il calcio». Ed è Roberto Morrione, regista della kermesse, a pregare Gillo Pontecorvo di tenersi stretto con i tempi. Così il poveretto ha giusto il tempo di polemizzare con Colletti e Vertone candidati del centro-destra prima di arrendersi e rendere chiari a tutti i motivi di tanta fretta: «Debbo finirla qui perchè Prodi deve andare in diretta sul telegiornale». Eh sì, anche nel secondo giorno della convention del centrosinistra l'ossessione da video continua a farla da padrona: l'intero staff della manifestazione fa di •tutto permettere Prodi nelle condizioni di poter parlare nell'ora dei tg di punta, salvo poi incrociare le dita per le doti soporifere del professore. E' fatale, in questi giorni tutti i protagonisti pensano più all'efficàcia delle apparizioni sui media che non al resto. Succede per il Polo, succede per l'Ulivo. Venerdì scorso, al circolo della stampa di Milano, il direttore dell'Avvenire, Dino Beffo, ha rinfacciato allo stesso Prodi - sia pure senza fare nomi - di essersi lamentato con il presidente della Cei, il cardinale Ruini, per la linea del giornale dei vescovi che, a parere del leader del centro-sinistra, è troppo a destra. Per non parlare di D'Alema che sabato sera ha dilettato Martinazzoli sul tema, «Differenze nello stile tv tra il Cavaliere e il sottoscritto». «Io - ha confidato il numero uno di Botteghe Oscure - al massimo accetto un pò di cerone in viso per evitare il luccichio. Berlusconi, invece, si fa accompagnare da un pool di esperti: so che non vuole essere ripreso da dietro, per via dei capelli; ed ancora, che non vuole che gli si sieda accanto uno che appaia più alto. Lui deve essere sempre il più alto, il più bello, il più forte. Con questa logica Fanfani non sarebbe esistito». Eppure, malgrado la civiltà dell'immagine, anche la convention programmatica di Milano è servita a dare un'identità più chiara all'Ulivo. Sono stati gli stessi protagonisti a tracciarla, costruendola soprattutto sul passato. Tra un discorso e l'altro ci si è accorti che al Palatrussardi in questi due giorni c'erano i figli della solidarietà nazionale, i nostalgici di quell'incontro tra due culture diverse, tra due mondi che sono stati anche antagonisti ma che hanno sempre avuto una grande attrazione l'uno per l'altro: quello di un certo cattolicesimo di sinistra, erede di un'anima della de; e quello di una sinistra figlia del pei. «Dob¬ biamo - ha detto lo stesso Prodi - riprendere lo spirito di quegli anni di collaborazione, perchè solo la divisione del muro ha evitato che quelle forze potessero andare avanti per un lungo periodo insieme. Dobbiamo ricreare quella speranza distrutta dagli anni '80». Due mondi che a sentire i ragionamenti di Prodi, di Veltroni, di Leoluca Orlando, vogliono ora dar vita - D'Alema permettendo - addirittura ad un'unica forza politica: il partito democratico. Questi due giorni sono serviti proprio a dare l'immagine del matrimonio da cui potrebbe nascere questo nuovo soggetto politico che ha già i suoi miti citati e ricitati da D'alema e da Prodi: Aldo Moro ed Enrico Berlinguer. L'Ulivo nasce proprio da lì. Del resto nella platea della convention ci sono molti volti che hanno avuto un ruolo di primo piano in quel periodo. Ci sono Luigi Granelli e Virginio Rognoni che ebbero un peso rilevante nella de di Zaccagnini. C'è Antonio Maccanico, che come segretario generale al Quirinale negli anni di Pertini, fu una delle vestali della solidarietà nazionale. E c'è anche un personaggio che ricorda per molti aspetti l'Andreotti del tempo: Lamberto Dini è stato scelto come presidente del Consiglio, un pò come il divo Giulio allora, per la sua immagine di conservatore; e come all'epoca a palazzo Chigi sbocciò l'amore tra Andreotti e il pei, oggi, sempre nel palazzo del governo, Dini si è innamorato del pds. Insomma, molti dei volti, delle storie dei racconti della platea del Palatrussardi ricordano quegli anni. E anche l'incontro di oggi tra queste due culture, tra questi due mondi, è motivato dai protagonisti con un'emergenza: alla fine degli anni '70 fu il terrorismo a determinare quell'intesa; adesso è la paura della destra. Una destra che ieri, malgrado gli appelli al «buonismo», qualcuno è tornato a definire fascista. «C'è il rischio - ha tuonato il segretario dei popolari, Gerardo Bianco - di una manomissione della car¬ ta costituzionale, carta che sancisce le conquiste raggiunte anche con il sangue versato contro il facsismo». «La questione fascista - ha rincarato Prodi - è stata risolta in modo troppo precipitoso, troppo opportunistico». Ma questa operazione, questo matrimonio che ha le radici in quel passato, può anche correre il rischio di apparire una cosa vecchia, di avere in sè i limiti di un ritorno del tempo che fu. Un pericolo che probabilmente ha fiutato solo 0 più vispo della compagnia, Massimo D'alema, che non per nulla ieri si è quasi sgolato per dire dal palco di Milano che la vera novità di queste elezioni è l'Ulivo. «Il nuovo siamo noi» ha ripetuto cme un leit motif il segretario del pds. Proprio per non apparire vecchia questa operazione ha bisogno di un'adeguata politica dell'immagine. Da qui l'importanza di un certo mondo Rai, che, per l'appunto, si formò proprio ai tempi della solidarietà nazionale e di un certo mondo accademico. Per ridare appeal a quel passato c'è bisogno di una rivisitazione culturale, che metta insieme e armonizzi, i valori, i costumi di due mondi diversi. Altrimenti anche in futuro Gerardo Bianco si troverà in imbarazzo quando un rappresentante dell'arcigay gli chiederà come è avvenuto ieri al palatrussardi: «E' vero che lei ha posto il veto alle candidature dei nostri rappresentanti nell'Ulivo? La destra vuole metterci nei campi di concentramento e voi?» Augusto Minzolini Molti oratori costretti a chiudere i discorsi per permettere a Prodi di parlare nel Tgl D'Alema spiega a Martinazzoli Silvio in tv «Esagera sempre con il trucco e il cerone» Qui accanto: Aldo Moro ed Enrico Berlinguer protagonisti della «solidarietà nazionale» Foto grande: Romano Prodi e Walter Veltroni alla convention dell'Ulivo
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