«lo artigiano della politica»

Firenze: nella prima giornata di vera campagna elettorale, Lamberto sceglie lo stile compassato Firenze: nella prima giornata di vera campagna elettorale, Lamberto sceglie lo stile compassato «lo, artigiano della politica» Dini: nasco piccolo per diventare grande FIRENZE DAL NOSTRO INVIATO «I fischi? Che c'entro io? Erano tutti per Bettega...». E meno male che alla fine arriva il brizzolato, intramontabile Bobby-gol, a caricarsi sulle spalle grosse da centravanti della Vecchia Signora quella salva di fischi. Che un po', forse, sono anche per lui; fiorentino sì, tifoso pure, ma pur sempre con la faccia e il vestito del potere. E così, sulla tribuna d'onore dell'Artemio Franchi, Lamberto Dini alla fine riemerge un po' stranito e un po' straniato dal bagno di folla. E così, forse, un po' si guasta pure la sua prima giornata di vera campagna elettorale, partita ieri proprio da Firenze: la sua città, il suo collegio. Una giornata per lui davvero particolare, perché se è vero che Dini ha ormai mostrato, nella romana politique politicienne, la sapienza mediatoria del cardinal Richclieu, è anche vero che nei panni del trascinatore di folle stenta ancora parecchio a ritrovarsi. «Sono un artigiano della politica - confessa ma come tutti gli artigiani nasco piccolo, per diventare grande...». E dunque ieri - sarà stato il tepore della primavera, saranno stati i ritmi più pacati e l'atmosfera colta della città dei Medici - il Dini Bifronte, mezzo tecnico e mezzo politico, per non sbagliare ha ricambiato maschera. Del Lamberto Furioso con l'elmetto in testa e la lingua lunga e velenosa contro i nemici del Polo, ieri, si è stentato a ritrovare traccia. Tra le bancarelle della mostra dell'antiquariato «Diladarno» e il chiostro della Basilica del Carmine, Lamberto torna un austero banchiere-premier. Nella sua città rispolvera il blasone compassato di Bettino Ricasoli, concittadino liberal-moderato di metà Ottocento che lui ama. Arriva alle 10 del mattino in piazza del Carmine, a due passi dalla casa di via del Porcellana dove è nato, insieme all'inseparabile moglie Donatella. Vestito blu gessato con panciotto lui, tailleur con pantaloni e mantellina blu anche lei. Perfetti, misurati, inappuntabili. Forse anche troppo, por questa città sanguigna. «Venite, venite a parlare con gli artigiani», li invita la signora Maria, amica di famiglia e moglie dell'ex ministro Piero Barucci. I coniugi Dini la seguono diligenti, e cominciano a stringere le prime mani. Sono amiche, queste di Firenze, «perché qui - spiega Lamberto - non siamo mica a Torino, dove An ha organizzato la claque di autonomi contro Prodi: gli artigiani fiorentini hanno una storia e una cultura, ma ora dobbiamo dare loro gli incentivi. Hanno ragione a protestare per i troppi adempimenti. Voglio semplificare la vita alla borghesia moderata, che lavora e chiede governi seri e responsabili, e che alle elezioni fa sempre la differenza tra uno schieramento e l'altro. Il Polo mi attacca proprio per questo, perché faccio breccia tra i loro elettori delusi». Qua e là, passeggiando tra gioielli d'epoca ed antiche pale restaurate, il Lamberto moderato indugia e sosta, perché qualche sassolino dalle scarpe, anche nella domenica della bontà, deve pur toglierselo. «Vede confessa il premier - io dovevo rispondere a certi attacchi meschini e strumentali, a certi insulti di questi ultimi giorni, non potevo lasciare che il mio silenzio desse luogo a qualche sospetto nell'opinione pubblica. Le provocazioni sono state e sono tante: ora anche Bossi, come al solito, ci va giù pesante. Ma qui tutti fanno finta di non capire che le cose che facciamo sono solo atti dovuti». Dini accarezza un po' impacciato anche qualche nuca di bambino, ma a Dini mancano lo charme di un Berlusconi o la grinta tribunizia di un Fini. Ci prova, questo sì. Ci prova con un fan un po' troppo entusiasta. Ci prova con la signora Silvana Natali, che gli implora un aiuto per il suo «Istituto per Handicappati Principessa di Piemonte, l'ultimo pubblico rimasto in Toscana». E ci riprova ancora quando un altro artigiano, questa volta dell'argento, gli mette in mano la copia della Coppa Uefa vinta dal Panna e lui un po' imbarazzato lo alza al cielo, con ge- sto quasi propiziatorio: parte un applauso tra la piccola folla degli astanti, e Lamberto torna subito nei suoi panni istituzionali. «Lamberto, mi sei piaciuto di più quando vai giù duro, come in questi ultimi giorni», lo incita Valdo Spini, che lo incrocia fuori dalla mostra. Lui si compiace, ma poi aggiunge a bassa voce: «Ho risposto dente per dente, ma adesso basta, non voglio più continuare ad alimentare que¬ ste polemiche. «Ma si ricordi, chi semina vento raccoglie tempesta, questo Berlusconi e Fini faranno bene a non dimenticarselo, lo vedranno dopo le elezioni...». Ma i sondaggi, presidente? «Bah, neanche li guardo, sono sicuro che andremo bene, molto bene...». Poco importa, a Lamberto il moderato, se Di Pietro non si esprime e non gli dà almeno una sua «benedizione». «Ma non ne abbiamo bisogno - dice lui - anche se gli sono solidale: questa uscita del ministro Caianiello mi ha stupito molto, che altro c'era da sapere sull'abbandono di Di Pietro alla magistratura, dopo che è stato per tanti anni in una posizione così logorante?». E poco importa a Lamberto il moderato, se il rinnovamento italiano non è ancora un partito. Ma non sarà allora, come dice Luttwack, che Dini non ha un vero seguito popolare, ed è espressione di «una democrazia non rappresentativa»? «Ma che dice, crede ancora a quell'estremista di destra di Luttwack? No, guardi, c'era proprio bisogno per l'elettorato a disagio, di un centro come quello che propongo io. Ne vuole una prova? Nel mio ultimo viaggio a Washington ho ricevuto tanti incoraggiamenti. E prima ancora che decidessi di entrare in politica, lei non sa quanti capi di Stato miei amici hanno insistito, perché scendessi in campo...». Nel pomeriggio, in campo scendono invece, e indegnamente, gli undici gigliati di Ranieri, umiliati dalla Juve. Lamberto è lì, Donatella a destra, Valeria Cecchi Gori, mamma del vulcanico Vittorio, a sinistra. «Volevo fare un giro in curva Fiesole - confessa il premier - ma oggi non mi sembra proprio il caso...». La Fiorentina ha perso e sa perché? Perché è saltato il centrocampo» Massimo Giannini Fischi al suo ingresso allo stadio «Che c'entro io? Erano per Bettega» Lamberto Dini solleva una copia della Coppa Uefa realizzata da artigiani fiorentini Qui sotto: Valdo Spini

Luoghi citati: Fiesole, Firenze, Piemonte, Torino, Toscana, Washington