«Donna Rosita nubile» con Galatea Ranzi

LORCA, QUASI CECHOV CARI G NANO LORCA, QUASI CECHOV «Donna Rosita nubile» con Galatea Ranzi Asessant'anni dalla morte di Federico Garcia Lorca voluta dal regime franchista, giunge in scena «Donna Rosita nubile», il dramma scritto dal poeta spagnolo nel 1935, poco prima dello scoppio della guerra civile spagnola. L'allestimento, che inaugura la nuova collaborazione tra il regista Cesare Lievi e Emilia Romagna Teatro, sarà in scena al teatro Carignano da martedì 26 a domenica 31 marzo e si avvale dell'interpretazione di una nutrita schiera di attori. Tra di essi, alcuni tra i migliori interpreti dell'attuale panorama italiano: Galatea Ranzi (attrice scoperta da Luca Ronconi e in questi giorni sugli schermi cinematografici in «Va' dove ti porta il cuore»), Renato Carpentieri (tra i molti film interpretati anche «Caro diario» di Moretti) e poi Barbara Valmorin e Anna Maria Gherardi. Quasi un testo di Cechov in spagnolo. E' stata questa la prima impressione che Lievi, il regista, ha ricevuto dalla lettura del dramma. E in effetti le affinità non mancano: stessa ambientazione borghese, stesso curatissimo gusto nel delineare i personaggi, stessa viva consapevolezza che le illusioni, pur nella sognante precarietà che è loro propria, siano le uniche a render tollerabile la Due scene di «Donna Rosita imbile» AMORI OMOSEX E VOGLIA PI PATERNITÀ' vita. Ma c'è anche l'irruenza mediterranea di suoni e colori, la caparbietà e l'orgoglio, il calore e la passione, il sole che incendia e che a volte fa inaridire per sempre. C'è la Spagna, sospesa tra stupori e asprezze, che rifiuta la storia e travisa la realtà per inventarsi finché è possibile un presente diverso, per potersi sognare il futuro. C'è Donna Rosita. Nel primo atto ha vent'anni e parla in versi; filtra il mondo attraverso la sua immaginazione, è circondata dalle Manole, specchi fedeli della giovinezza. Nel secondo atto ha superato i trent'anni: ragazze sfacciate e senza marito non parlano in versi, li recitano soltanto, parodiando la poesia ormai scomparsa. Lei sta nel mezzo, a metà strada tra ciò che era e ciò che inevitabilmente diverrà. Nel terzo atto ha cinquant'anni ed è sola. La realtà, quella che Donna Rosita per anni si è illusa di dominare con l'immaginazione, celebra la propria vendetta. Perché la salvezza non sta nel tentare di neutralizzarla ricoprendola di sogni e d'illusioni, ma nell'accettarla per quel¬ la che è: con il suo scandire inesorabile del tempo, con la sua necessità di morte. ■ Federico Garcia Lorca trascurava la realtà, non gliene importava nulla della storia e odiava la morte. Amava la musica, la poesia e il teatro. Che per lui erano la vita, nella forma più sgargiante. Quando il 27 luglio del 1936 gli uomini di Franco lo arrestarono e lo portarono a Viznar per fucilarlo, gli spagnoli raccontano con imbarazzo che il poeta «Iloraba corno un nino». L'orgoglio dei condannati che davanti al plotone di esecuzione chiedevano di fumare l'ultima sigaretta per mostrare ai nemici e alla morte come le loro mani non tremassero nell'arrotolare il tabacco, non gli poteva essere più alieno. Federico Garcia Lorca piangeva. Piangeva tutto quel meraviglioso carico di illusioni che fino ad allora aveva occultato l'orribile volto della realtà e della storia. Piangeva la sua vita. E la storia a venire. Monica Bonetto Donna Rosila nubile. Teatro Carignano. Dal 26 al 31 marzo. Tel. 517.6246. Ingresso 36 mila. L'eterno triangolo amoroso di lui, lei e il terzo incomodo (sia uomo o donna) ad alterare equilibri e scatenare reazioni più o meno tragicomiche, ha conosciuto nel corso dei secoli ogni sviluppo possibile. Negli ultimi anni però, grazie a una maggiore e sana tolleranza, si sono affacciati sugli schermi cinematografici come sui palcoscenici, triangoli amorosi che prevedono una sostanziale variante: le coppie base, quelle da cui la storia prende inizio, sono omosessuali. Questo sebbene non cambi di molto la sostanza concede un minimo di novità alle vicende narrate e permette nuove declinazioni di antichi temi. Un esempio cinematografico può essere «Banchetto di nozze» di Ang Lee, mentre a teatro possiamo ricordare «Terapia di gruppo» di Durang, in cui alla coppia formata da due «lui» si annetteva una «lei» a scatenare complicazioni. Questo è più o meno ciò che capita anche in «Carne della mia carne», commedia scritta e diretta da Enri¬ co Luttmann, in scena da martedì 26 a domenica 31 marzo al Teatro Erba. Ne sono protagonisti Antonio Merone, Carola Ovazza (nella foto a destra) e Andrea Panzini. Ovazza e Panzini, tra l'altro, insieme all'autore e regista Luttmann sono i soci fondatori dell'Associazione Culturale Teatré che compie proprio in questo mese il primo anno di vita. L'entusiasmo dei giovani interpreti, sebbene la situazione drammaturgica presentata non sia del tutto originale, pare essere, a detta dei critici che hanno già recensito lo spettacolo, garanzia di una certa freschezza e piacevolezza. La trama si svolge attorno ad un unico quesito: può una coppia omosessuale avere un figlio? Mentre opinionisti illustri, burocrati, moralisti e gente comune si interroga senza giungere ad alcuna conclusione, Marco, giovane omosessuale, decide di risolvere la questione a suo modo e all'insaputa del proprio compagno. Contatta un'amica, Elena, cui offre un vero e proprio contratto: la donna deve impegnarsi a mettere al mondo il figlio che genereranno insieme, dovrà occuparsene per i primi due anni, quindi consegnarglielo. In cambio, per tutto il periodo della gravidanza e per i due anni successivi verrà mantenuta e alla consegna del figlio riceverà una cospicua somma di denaro. Elena, particolarmente indigente e ignara di essere stata coinvolta in un complicato rapporto di coppia, accetta la proposta. Giulio invece, amante di Marco, una volta venuto a scoprire il progetto del suo compagno, mosso dalla gelosia cercherà con ogni mezzo di impedire gli incontri «amorosi» dei due e il compimento del piano. Inevitabili i colpi di scena, le battute e le situazioni del vaudeville, genere apprezzato peraltro da un vasto pubblico. [m.b.]. Carne della mia carne. Teatro Erba, corso Moncalieri 241; tel. 661.54.47. Dal 26 al 31 marzo. Ingresso 28 mila:

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