QUANDO PAPA GIOVANNI MIRACOLO' ROSALIA MAGGIO

m m }ericle società dell'anarchia, dell'individualismo naturale e spirituale alienato a se stesso». In altri termini, nel pensiero di Marx, non v'è nulla di meno democratico, di meno corrispondente all'uguaglianza tra gli uomini, della società industriale, individualistica e crudele, che pure cerca in Atene un modello, o più esattamente una copertura. E tuttavia, se l'incalzare dell'analisi storica sempre più evidenzia la «colossale illusione» del modello greco, deve pur esservi una ragione perché questo costantemente si riproponga. E la ragione, verosimilmente, sta nel fatto che quel modello va ben oltre la concezione politica di Atene, s'impone come un esempio di civiltà delle lettere, delle arti, del pensiero in tanti aspetti nuovi o rinnovati. Di tale riconoscimento è alfiere, nella seconda metà dell'Ottocento, uno studioso che, per paradosso, aveva studiato civiltà diverse, quelle semitiche. Si tratta di Ernest Renan, che nel concludere la sua ultima opera, la Storia del popolo d'Israele, dichiara che il giudaismo e il cristianesimo spariranno, mentre il pensiero greco non avrà mai fine. E' una professione di fede tanto più notevole perché viene da uno storico razionalista, che si entusiasma e parla di «miracolo»: «Il miracolo greco, qualcosa che è esistito una sola volta, che non si era mai visto prima di allora, che non si rivedrà mai più, ma il cui effetto durerà in eterno». QUANDO PAPA GIOVANNI MIRACOLO' ROSALIA MAGGIO Dalla tentazione di prostituirsi al set di «Ménage aWitaliana Sabatino Moscati ROSALIA Maggio non è nata a Napoli come gli altri Maggio, ma a Palermo, dato che la compagnia Maggio - Coruzzolo Ciaramella da molti anni aveva preso l'abitudine di trasferirsi in Sicilia per trascorrervi almeno quattro mesi in un giro che partiva da Palermo e vi tornava. Il nome Rosalia è, dunque, un omaggio alla Santa protettrice del capoluogo siciliano. Non è l'ultima Maggio, comunque. Dopo di lei, risulta infatti nata nel 1926 Margherita, che, però è morta e così Rosalia è restata la più giovane, la guagliona per cosi dire dei Maggio. E' stata lei, quindi, quella più prodiga di informazioni non solo su se stessa, ribelle quasi come il fratello Dante, ma anche su tutta la sua straordinaria famiglia. E non si è limitata alle interviste ai giornali tanto spesso infedeli, ma parlando ai microfoni della radio su sollecitazione del regista-psicologo di tendenza junghiana Ottavio Rosati che con lei, Milena Vukotic e Alessandro Haber ha realizzato per la Rai di Torino la videoserie Giocare il sogno - Filmare il sogno basata sulla messa in scena di sogni interpretati da attori. «Una volta partiti i motori delle telecamere, nello studio attrezzato dalla Rai in un locale della collina di Superga un giorno di un freddissimo maggio torinese (1991)» scrive Nino Nasiello nel suo bel libro Tempo di Maggio (Tullio Pironti editore, 1994), «che le "ruselle", in questo mese da sempre in fiore a Napoli, come cantate da cento poeti e altrettante canzoni ("Rose, che belli irose e torna maggio..."), potevi soltanto sognarle, Rosalia "entrò nella parte" per il suo psicodramma. A Rosalia importava poco, per la verità, l'aspetto scientifico del lavoro al quale era stata chiamata da Rosati, anzi da "Ottavio" come, con affettuosità napoletanamente azzeccosa sin dai primi contatti per Filmare un sogno chiama abitualmente il regista-psicologo. Si è solennemente impegnata ad essere sincera, ha finanche giurato in tal senso "sulle anime benedette di papà e di mammà", sottolineando che "i Maggio sono gente d'onore", portando simultaneamente una mano sul petto. Co me in un finale di sceneggiata. Rosalia parla e sembra che tiri fuori la storia del "cascione" personale. Che poi è l'ideale grande baule dal quale gli eredi della Commedia dell'Arte estraevano i "soggetti" comici o drammatici a seconda dell'esigenza delle "piazze", trasformando deboli canovacci in spettacoli completi. Con tanto di protagonista, antagonista, madre nobile, donna di spolvero, amorosa, marno, generico primario...». Ed ecco Rosalia tirar fuori dal «cascione» una storia di mi seria. Miseria nera ai tempi in cui gli studenti facevano or Sessantotto e lei era in pensiero per il sostentamento delle fighe Patti e Doddy, una storia con al primo capitolo l'osservazione dei traffici a pochi passi da casa sua di due prostitute imbellettate e bellocce, in attesa fiduciosa e fruttuosa di clienti. Ogni macchina che si ferma, una delle due sale e s'allontana. Un movimento continuo. E, a un certo punto, Rosalia è presa da un'ispirazione, dice alla amica vicina di casa con cui si sta sfogando: «Mo' me vesto, m'acconcio, mi trucco e provo anch'io a far come quelle all'angolo di via Marconi». L'amica pensa che Rosalia scherzi, ma poi la vede tirar fuori dall'armadio un abitino tutto avvitato che usava spesso in scena, quando doveva recitare da donna provocante. Lo infila, dopo essersi tolta la sottoveste, e passa al trucco senza prestare ascolto alle proteste dell'amica che si affannava a cercar di trattenerla. Finisce di truccarsi. Un trucco molto pesante. Ora non le manca che avviarsi alla porta. Il televisore, però, è restato acceso.,«Fu in quel momento che avvenne il miracolo, sì, il miracolo». Sul teleschermo appare, dilatandosi come per traboccare, il faccione di Papa Giovanni. E Papa Giovanni la guarda. Quello sguardo dal video blocca Rosalia. E' un pasticcio: parla la televisione, parla l'amica. Fa rumore anche il telefono che squilla alla disperata. Rosalia risponde, e sente con un tuffo al cuore all'altra parte del filo la voce del suo agente Ciccio Perti che ha da comunicarle una notizia fantastica. Deve passarla a prendere d'urgenza per accompagnarla alla De Laurentiis a firmare per una sua partecipazione al film Ménage all'italiana. Le vogliono affidare la parte della madre di Romina Power, ma, prima, vogliono vederla. Dopo tutto, cosa c'entra lei, napoletana verace, con quel film?... Ménage all'italiana, 1965, di Franco Indovina, interpreti Ugo Tognazzi, Anna Moffo, Dalida, Monica Silwes, Maria Grazia Buccella, Romina Power, Paola Borboni... Il Mereghetti nel senso di Dizionario dei Film 1996 (Baldini & Castoldi, 1995) si ferma qui nell'elencare i nomi degli interpreti. Al placido Alfredo (Tognazzi) piacciono le donne ma non il matrimonio: con falsi documenti da scapolo ne sposa una decina. Inseguito dalle mogli e dalla polizia trova un'ultima scappatoia. «Storiella di consumo ispira- anche a pregare a Sotto il Monte, al suo paese...». La confessione di Rosalia incrementa prodigiosamente gli ascolti di Raitre di domenica 10 novembre 1991 in seconda serata, pure essendo opposta alla fortunatissima La Domenica Sportiva in onda su Raiuno. Un grande successo, ma, come sempre accade con i grandi successi, anche il fiorire di dubbi accanto all'ammirazione. Dubbi, certo, non sulla recitazione appassionata di Rosalia Maggio, ma sulla sua sincerità, ovvero sulla veridicità del non fatto confessato. Del resto, qualche dubbio aveva sfiorato anche Ottavio Rosati, nel corso della realizzazione dello psicodramma. Così aveva provocato l'eterna guagliona, rinfacciandole il miracolo drammaturgico contemplato in Filumena Marturano, per cui Titina De Filippo nei panni dell'ex prostituta risulta salvata e allontanata dalla tentazione dell'aborto, grazie alla Madonna delle Rose, venerata nell'edicola votiva di un vicolo di Napoli. La risposta di Rosalia all'amico era stata, però, veemente: «Ma che me fotte a me di Filumena Marturano? Filumena sarà stata pure lei una madre, ferse, ma così... Penso che tutte le amico che con tono entusiasta mi comunicava: "Pupella Maggio ha intenzione di far pubblicare un libro sulla sua vita e potrebbe affidarlo a te, vedrai che si farà viva..."». La prima lezione ricevuta dall'editore designato risulta essere stata quella relativa al farsi un buon caffè. La lezione numero 1 : «è fondamentale che prima della bollitura venga messo un cucchiaino di caffè anche nell'acqua della caffettiera». Poca luce in tanto spazio è un testo prezioso per chi voglia approfondire le cognizioni sulla tribù dei Maggio. A esempio: «Mio padre si chiamava Domenico e da ragazzo, per guadagnare qualche soldo, si mise a fare il barbiere. Ora, siccome a quei tempi i barbieri suonavano tutti il mandolino, anche lui si ingegnò a pizzicare questo bellissimo strumento. Ci riuscì così bene che cominciarono a chiamarlo a fare le serenate... Papà, era proprio nu' bello guaglione. E, siccome teneva pure 'na buona voce, succedeva a volte che quando andava a fare una serenata a una ragazza, questa dimenticava lo spasimante che aveva ordinato l'omaggio e si innamorava di lui, il mandolinista cantante... Capitò che un giorno si Rosalia Maggio, un'erede della Commedia dell'Arte ta a un fatto di cronaca: fiacco» recita la sinossi. In realtà ad Alfredo i matrimoni piacciono troppo e proprio per questo rischia. «Un film movimentato, ma senza denti...» lo definisce sibillinamente Giovanni Grazzini nella recensione sul Corrierone. Ma per Rosalia Maggio è davvero il ricordo di un miracolo. «Senza cambiare vestito misi uno scialle sulle spalle e scesi in strada. Perti arrivò di lì a poco, andammo alla De Laurentiis, firmai il contratto e mi diedero anche un anticipo di duecentomila lire tutte in una botta. Mi sentii venir meno quando il cassiere della produzione contò le banconote per passarmele. Pregai Perti, che mi riaccompagnava a casa, di fermarsi davanti a un pizzicagnolo e lo salutai: Ciccio, mo' tengo che ffa'. Entrai nel negozio e feci una spesa grande, come chi può usa fare soprattutto alla vigilia di Natale, che è una festa per tutti, anche per i puverielle. Spesi trentamila lire e mi portai a casa un sacco di ben di Dio... Ma, prima di tornare a casa, entrai in una chiesa e, piangendo, ringraziai Papa Giovanni che mi aveva salvato due volte. Da allora sono una sua devotissima, sono andata mamme, esclusa qualcuna, fanno questo per i figli. Si prostituiscono pure per non far mancare niente ai figli. Sì, sì. Ho sentito in televisione che una mamma andava a comprare la droga per il figlio. Eh, più sacrificio di questo?...». Quando affida ai microfoni questa confessione, Rosalia ha settant'anni, ma si sente guagliona come sempre. «Mia sorella ha avuto una grande sventura, quella di essere bella. E' una vera fregatura, perché in vecchiaia non ti rassegni. Io ho lasciato il teatro al momento giusto. Lei vorrebbe insistere e fa male...» sentenzia l'ultraottantenne Pupella Maggio nel suo affascinante libro Poca luce in tanto spazio (Grassetti editore, 1995). Un singolare libro costruito dalla grande attrice, selezionando tra le interviste rilasciate in varie occasioni le affermazioni che a lei sono apparse più significative. Racconta Carlo Grassetti, esprimendo ancora il suo stupore: «Era una tranquilla serata primaverile atta a riordinare appunti ed idee per un editore come me che deve bilanciarsi per far collimare risorse economiche con aspirazioni. Una telefonata mi distolse dai pensieri. Era un accampò a Napoli un circo equestre nel quale lavoravano cinque sorelle, una più sfiziosa dell'altra. Una delle cinque Antonietta Gravante, aveva il ruolo di "eccentrica" ed era brava nel fare tante cose: sape va ballare, sapeva "dire le poe sie" e cantava pure le canzonette di successo, così papà quando la vide e la sentì, se ne innamorò. «Successe perciò che lasciò il suo mestiere di barbiere, ed entrò a far parte del circo: aveva sedici anni... Papà e mamma si sposarono che lui aveva diciotto anni e lei diciassette. Insieme, perché anche nel lavoro volevano rimanere uniti, formarono un "duetto" che andò a raccogliere successi a Parigi; dove si esibivano nientemeno che alle Folies Bergères... Andavano a Parigi a fare i duetti e intanto continuavano a far fi gli. Mamma li faceva, li allattava e poi li dava a nonna. Lavo ravamo tutti, noi ragazzini in una compagnia che faceva sceneggiate il pomeriggio, poi venne la legge di Mussolini che impediva ai minori di lavorare In un certo qual modo era an che una famiglia severa: mio fratello Enzo fumò la prima sigaretta davanti a mamma a trent'anni. In teatro, da grandi,