IL ROSSONERO di Pierluigi Battista
IL ROSSONERO IL ROSSONERO Bombacci, da compagno a camerata lare parabola politica sul fronte opposto, nella Repubblica di Salò? Come conciliare il Bombacci che Luigi Longo bollò come «supertraditore» ma che, ancora nel pieno della guerra civile, proprio lui che aveva aderito alla Repubblica Sociale Italiana, concionava gli operai genovesi rivolgendosi loro con l'appellativo «compagni»? Appunto, Nicola Bombacci non è stato classificato. 0 meglio, dimenticato e rimosso come un fastidioso incidente della storia, è stato piuttosto classificato o come un patetico caso umano oppure rubricato come una torbida vicenda di malafede e di eterodiretti, ancorché clamorosi, voltafaccia politici. Attorno alla sua figura si è formato, dilatandosi nel tempo, un vero e proprio buco storiografico, una damnatio memoriae che ora viene sfidata dall'ultimo libro di Arrigo Petacco, Il comunista in camicia nera. Nicola Bombacci tra Lenin e Mussolini, pubblicato da Mondadori (pp. 231, L. 29.000). Un libro che è anche mia sonda per esplorare i risvolti anche an¬ tropologici della storia politica e umana del socialismo italiano. Degli umori che hanno contribuito a formare la storia complicata e tortuosa della sinistra italiana. Delle costanti psicologiche che determinano i percorsi politici anche in presenza di giravolte apparentemente incomprensibili. Bombacci, nato nel 1879 a Civitella di Romagna, era un tipico prodotto del socialismo italiano d'inizio secolo: sentimentale, barricadiero, impulsivo, anarcoide e pure un po' pasticcione. Amico e compagno del giovane Mussolini socialista (e del giovamne Pietro Nenni). Oratore eloquente e carismatico. Quando Mussolini rompe con il socialismo e dà inizio all'avventura fascista, il massimalista Bombacci partecipa alla scissione di Livorno e contribuisce alla fondazione del partito comunista. Altra tipologia, altra «antropologia». Il comunismo introduce in Italia una rottura profonda nella storia del movimento operaio, promuove un tipo «umano» totalmente differente da quello che caratterizza il mondo avventuroso e indisciplinato di Bombacci. Il personaggio studiato da Petacco crede di vedere nel comunismo una radicalizzazione del suo spirito antiborghese, del suo ribellismo anticapitalistico. Il guaio è che Bombacci, alla ricerca di un luogo dove il suo pathos antiborghese possa trovare casa ed espressione, crederà di trovarlo in un'onirica, inverosimile, problematica fusione delle due «rivoluzioni» di Lenin e di Mussolini. I comunisti non tarderanno a liberarsi di quella presenza aliena, antropologicamente estranea. E se ne sarebbero liberati con maggiore sbrigatività se Bombacci, come racconta Petacco, non avesse finito per svolgere delicati ruoli d'intermediazione d'affari tra l'Italia fascista e la Russia bolscevica. Diffidenti verso quella figura anomala di agitatore, i comunisti prendono le distanze dal vecchio amico di Mussolini che durante il regime non solo circola indisturbato ma non esita a chiedere un sostegno, anche finanziario, al vecchio amico di gioventù. Nasce qui l'immagine del Bombacci «venduto» al nemico per un piatto di lenticchie. Un'immagine che però trascura l'elemento psicologico del socialista avventuroso che accoglie con entusiasmo la svolta «corporativa» e socializzante del fascismo degli Anni Trenta. Un'assurdità? Forse. Ma nel Bombacci che in piena Repubblica di Salò si rivolge ai suoi ex compagni sostenendo che «il socialismo non lo realizzerà Stalin, ma Mussolini che per vent'anni è stato ostacolato dalla borghesia che poi lo ha tradito», si rivela un uomo animato da un'unica, costante ossessione presente anche nelle più spericolate svolte esistenziali: l'odio per la borghesia e per il capitalismo. Un tratto tutt'altro che anomalo nella psicologia politica italiana (che ha conosciuto più di un caso di contaminazione rosso-nero). La fine tragica di Bombacci ne costituisce semmai il cruento compimento simbolico. Pierluigi Battista
Luoghi citati: Civitella Di Romagna, Italia, Livorno, Russia, Salò
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