Adelphi fine di un'epoca?

IL CASO* Zolla, Maurensig: ora c'è anche chi «osa» andar via IL CASO* Zolla, Maurensig: ora c'è anche chi «osa» andar via Adelphi, fine di un'epoca? Un 'editrice-simbolo cambia volto stata per anni la casa editrice più riconoscibile. Le copertine di Adelphi hanno rappresentato per più di un ventennio quasi uno status symbol. Non c'era raffinato intellettuale o signore in carriera un po' snob che non si vedesse in giro con uno di quei volumetti dai tenui colori pastello sotto al braccio. L'editrice che ha pubblicato Nietzsche, Benn, Groddeck, Morselli, Simone Weil, Junger, Schnitzler e Brodskij, creata per volontà di Roberto Calasso e di Luciano Foà, ha sempre avuto un marchio estremamente visibile nel firmamento degli editori italiani. Ma la sua stella brilla ancora intensamente o si è un po' appannata negli ultimi tempi? Sin dalla sua nascita l'Adelphi ha riscoperto autori dimenticati o lasciati in purgatorio perché considerati di destra. Ha lanciato provocazioni, spesso ha fatto arricciare il naso ai benpensanti di sinistra (una delle ultime diatribe è stata a proposito della pubblicazione dello scrittore antisemita Leon Bloy). Con buona pace dello snobismo, oggi l'Adelphi ha conquistato fette sempre più larghe di pubblico, «santifica» e offre autori di massa come George Simenon. Eppure, ironia della sorte, proprio mentre una cultura della destra in Italia alza la testa e fa sentire la sua voce, la seducente editrice perde colpi. Ha scritto, pubblicato da Adelphi, Uscite dal mondo lo studioso orientalista Elémire Zolla e adesso - la notizia è stata data proprio ieri dalla Stampa - di uscita clamorosa ne fa un'altra. Abbandona la casa editrice di Calasso e di Foà. Un evento quasi inimmaginabile: infatti il legame tra l'editrice del Tao Tè Ching e de I Ching. Il libro dei Mutamenti e il raffinato esperto di filosofie orientali appariva così forte e così pieno di interessi comuni - Calasso ha quasi terminato un suo nuovo libro sull'India - da non far nemmeno supporre la possibilità di un divorzio. Invece il narratore e saggista lla preferito fuggire verso il lido della Mondadori con l'ultima opera che uscirà a settembre. Come mai? «Non ho un vincolo feudale con nessuno - osserva Zolla -, si tratta di un insieme di motivazioni. Ma non c'è nessuna frattura né di tipo personale né culturale. A guidare le scelte delr l'Adelphi c'è oggi come nel passato la personalità di Calasso che ne determina gli orientamenti». Però anche un altro autore di punta ha fatto la valigia: Paolo Maurensig, esordiente romanziere adelphiano baciato dal successo con il primo libro, La variante di Luneburg. Se ne va via attirato anche lui dalle sirene della Mondadori dove pubblicherà alla fine dell'estate Canone inverso. Che succede? «Moti- vi complessi - afferma cauto lo scrittore -, forse il mio abbandono nasce proprio dal timore che il tempo avrebbe potuto rovinare il rapporto con Calasso, che consideravo di una perfezione assoluta». Comunque la scuderia dell'editrice milanese non è ric- chissima di nuovi narratori italiani. L'ultimo nome individuato dagli adelphiani, quello dell'esordiente Edgardo Franzosini con il suo Raymond Isidore e la sua cattedrale, per esempio, ha mostrato non essere all'altezza del brillante Maurensig. Anche lo scrittore Aldo Busi, scoperto da Calasso e immediatamente diventato un «caso» tra i più interessanti della letteratura italiana degli ultimi anni, dopo la pubblicazione del primo romanzo Seminario sulla gioventù, se ne andò all'improvviso. Cosa pensa della casa editrice che lo ha lanciato? «Oggi i tempi della grande Adelphi sono finiti. Se fossi un editore non mi preoccuperei certo se Zolla se ne va perché non credo raggiunga cifre da capogiro. Ma se mi dice addio Maurensig, allora sì che comincerei a farmi delle domande su che cosa ho sbagliato. Dev'essere successo a lui quello che è capitato a me. Calasso gli deve aver detto: "A te diamo la gloria e noi ci teniamo i soldi". Il mio primo libro fu pagato una miseria, un milione e mezzo». La letteratura della Mitteleuropa è stata uno dei grandi «fondi di investimento» dell'Adelphi che ha portato alla luce e fatto amare tanti autori dell'ex impero austroungarico. Forse questa fonte si è essiccata? «No, per nulla, né per Adelphi né per altri editori - osserva Claudio Magris - ci sono scrittori della Mitteleuropa assolutamente notevoli pubblicati non solo da Adelphi ma anche da Marietti, Bompiani o e/o, che sono stati tradotti solo in parte o non sono stati interamente assimilati. Per esempio Georg Saiko, scrittore notevolissimo che si è ispirato a Joyce, Faulkner, Broch. Oppure Albert Gùtersloh, una specie di Musil cattolico. E poi, ancora da scoprire, ci sono tanti capolavori della letteratura yiddish, come Mendele Mokher Sefarim con dei libri bellissimi quali I viaggi di Beniamino terzo e Shalom Aleikhem, un autore molto amato da Primo Levi». E gli adelphiani abbandonati dai loro autori come reagiscono? «Sono abbandoni fisiologici - assicura Foà -. Zolla è andato da Mondadori perché ha scritto un libro più adatto a quella casa editrice. Con Maurensig abbiamo avuto un'altalena di ripensamenti, ma poi lui è stato attirato da una sostanziosa offerta economica; non mi pare che vi sia un'altra casa editrice che ci assomigli, la voglia di provocazione, di essere diversi continua ad animarci come sempre». Mirella Serri Ha portato i testi della destra nelle biblioteche di sinistra: ora è a disagio nel nuovo clima politico? che lo ha lanciato? «Oggi i tempi della grande Adelphi sono finiti. Se fossi un editore non mi preoccuperei certo se Zolla se ne va perché non credo raggiunga cifre da capogiro. Ma se mi dice addio Maurensig, allora sì che comincerei a farmi delle domande su che cosa ho sbagliato. Dev'essere successo a lui quello che è capitato a me. Calasso gli deve aver detto: "A te diamo la gloria e noi ci teniamo i soldi". Il mio primo libro fu pagato una miseria, un milione e mezzo». Roberto Calasso; qui sopra il marchio dell'Adelphi

Luoghi citati: Adelphi, India, Italia