Bloccato un commando di quindici sicari cinesi

Bloccato un commando eli quindici sicari cinesi Bloccato un commando eli quindici sicari cinesi LA GUERRA SEGRETA TAIPEI . NOSTRO SERVIZIO Taiwan risponde ai giochi di guerra della Cina Popolare allineando i suoi carri armati. Ieri il ministero della Difesa ha invitato i corrispondenti stranieri presenti sull'isola, che ormai sono più di 150 provementi da ogni parte del mondo, a visitare la base militare di Hukau, nella provincia settentrionale di Hsinchu circa 50 km a Ovest di Taipei. Il generale Kao, capelli a spazzola e occhi a mandorla, spiega alla stampa che l'armata dell'isola è pronta ad opporsi alle forze comuniste. Nella base di Hukau sfilano una cinquantina di carri armati, di fabbricazione americana ma assemblati a Taiwan. Non modernissimi, ma in perfetta efficienza. I carristi alzano le mani nel segno di vittoria. Alcuni sono poco più che ragazzi. Tra di loro anche qualche donna. Passando davanti ai giornalisti, tra il frastuono dei cingoli, urlano qualcosa in cinese. Gridano «Shze-shze» («grazie»). Ringraziano per l'attenzione internazionale verso il destino della loro isola. Probabilmente sanno che senza la copertura delle portaerei americane, malgrado la retorica dei loro generali, difficilmente l'armata di Taiwan, inferiore a quella Cinese sotto tutti gli aspetti, potrebbe avere la meglio in un conflitto,. E mentre il gruppo navale della portaerei nucleare «Nimitz» si sta avvicinando alle coste orientali dell'isola, la tensione nello stretto aumenta. Oggi sono proseguite le operazioni di evacuazione delle Isole Matsu, vicinissime (meno di 35 km) alle coste cinesi. L'intera popolazione, formata da oltre 6000 persone, è stata trasferita a Taipei con un ponte aereo militare. L'emergenza armata, infatti, non si giocherà (se si giocherà) nella base di Hukau o in nessun'altra postazione di Taiwan, ma proprio sugli isolotti a ridosso delle coste cinesi, come le Matsu, le Kinmen o il piccolo scoglio di Wuchiu, che ieri è stato praticamente «invaso» da più di 500 marines dell'esercito taiwanese. Le isole esterne, fra l'altro, non rientrano neppure nel trattato di cooperazione militare firmato dagli Usa dopo la crisi dello Stretto del 1950, nel quale gli americani si impegnano a mettere in atto non meglio specificate azioni militari in risposta ad ogni tentativo di attacco contro Taiwan. Già a quel!'epoca, del resto, l'America aveva cercato di convincere Chiang Kai-shek ad abbandonare le isole esterne, ritenute virtualmente indifendibili. Chiang rifiutò, pur sapendo perfettamente che proprio quelle sarebbero state il primo obiettivo strate¬ gico degli attacchi di Pechino. E oggi molti ufficiali ritengono assai probabile che la Cina Popolare decida di impossessarsi di uno di questi obiettivi militari «facili» con un'azione-lampo a scopo intimidatorio. Altri analisti ritengono invece improbabile che Pechino rischi le conseguenze di una crisi internazionale solo per la conquista di uno scoglio, seppure fortemente simbolico, e pensano piuttosto che la Cina sceglierà l'opzione di un blocco navale attorno all'isola, per metterne in ginocchio l'economia e costringerla a più miti consigli. Intanto oggi anche la campagna elettorale è piombata in piena atmosfera militare. Il direttore del National Security Bureau, Mr. Hu, ha rivelato che nei giorni scorsi è stato sventato un complotto per assassinare il candidato pro-indipendenza del Democratic Progressive Party (Dpp), l'avvocato Peng Ming-min, arrestando quindici persone. Di conseguenza sono state rinforzate tutte le misure di sicurezza per la protezione dei candidati, che si sono presentati alle conferenze stampa di oggi scortati da macchine della polizia e mezzi blindati, sorvegliati a vista da guardie armate di mitra e indossando giubbotti anti¬ proiettile, in un'atmosfera vagamente latino-americana. Hu, pur non attribuendo esplicitamente a Pechino la paternità del complotto, ha dichiarato che le quindici persone arrestate erano tutte «cittadini della Repubblica Popolare». E ieri una bomba è stata trovata dalla polizia nel centro di Taipei. L'ordigno era avvolto in un quotidiano e piazzato ai piedi di una cabina telefonica della stazione ferroviaria. Marco Lupis Il candidato indipendentista di Taiwan, Peng Ming-min

Persone citate: Chiang Kai-shek, Lupis, Matsu, Peng Ming-min