« Galante Garrone come le Br » di Giuliano FerraraGuido Tiberga

« « Galante Garrone come le Br » Il giurista attaccato su Radiotre da Ferrara LO SCIOPERO DELLA FAME ALESSANDRO Galante Garrone come Renato Curcio, il giurista come il capo delle Br. Lo ha detto ieri, alla radio, il direttore del Foglio Giuliano Ferrara. Un paragone tanto assurdo quanto violento, in cui Galante Garrone è descritto come un anziano signore che passa la sua «augusta ma incancrenita vecchiaia a giocare con le persone come se fossero simboli...». L'attacco va in onda di prima mattina, su Radiotre: l'ex ministro berlusconiano conduce «Prima pagina» e dedica l'apertura del suo programma alla Stampa. Comincia leggendo un ampio brano della lunga intervista a Liliana Squillante, pubblicata ieri in terza pagina, in cui la moglie del giudice arrestato difende la figura umana e professionale del marito. Poi passa al «fondo» di Galante Garrone, molto critico con lo sciopero della fame che Squillante ha iniziato in aperta polemica con i colleghi magistrati che non hanno consentito la sua scarcerazione. Un giudice, ha scritto Galante Garrone, deve sempre rispettare la giustizia. Secondo Ferrara, questa posizione «nasconde un profondo radicale disprezzo della persona umana; Galante Garrone ragiona esattamente come ragionava Renalo Curcio, come ragionavano le Brigate rosse quando dicevano: "Signor giudice, io sparo alla toga, se dentro la toga c'è lei non ci posso fare niente"...». Nel 1977, quando il vicedirettore della Stampa Curio Casalegno fu ucciso dai terroristi, Galante Garrone ne raccolse il testimone ideale. «Per questo il paragone di Giuliano Ferrara mi indigna - dice Arrigo Levi, l'allora direttore del giornale - è il segno di una decadenza del dibattito politico cui non mi aspettavo che si potesse arrivare. Soprattutto non pensavo potesse arrivarci uno come Ferrara, che allora si trovava dalla stessa parte della barricata di Galante Garrone e di Casalegno e che ora non dovrebbe dimenticare il significato delle parole». Anche Norberto Bobbio è indignato. «Indignato e spaventato - precisa -. Questa è una cosa che fa paura, anche perché è la prima volta che la radio si fa strumento di un'aggressione del genere. Mi domando, anzi tutti dobbiamo domandarci, come è possibile accusare dal servizio pubblico non dico Galante Garrone, che tutti conosciamo come uomo venerando, ma qualsiasi persona di essere come un brigatista rosso? Mi chiedo che cosa ne pensino i dirigenti della Rai. L'enormità di questa invettiva sgomenta. Ma ci rendiamo conto? - continua Bobbio -. Una frase del genere nell'Italia di oggi viene pronunciata dai microfoni della radio pubblica, contro l'amico di Casalegno, il giurista che ha sempre scritto parole nette e implacabili contro il terrorismo. Ma la verità e la realtà storica non contano più. Resta soltanto la violenza dell'insulto politico. Ecco perché dobbiamo spaventarci di un fatto di gravità eccezionale, oltre ogni limite». I/uscita ri i Ferrara provoca 'T "ore di reazioni negative. «Se in questa vicenda c'è terrorismo è proprio in questo modo di fare giornalismo - dice Giorgio Bocca -, anche perché l'intervento di Galante Garrone mi sembrava molto civile: se un magistrato di alto livello come Renato Squillante dimostra con i fatti di non credere alla giustizia, che dia le dimissioni. Ma d'altra parte, Ferrara non è una sorpresa. E' un uomo colto, capace di dire cose intelligenti, di fare un bel giornale. E poi tira fuori questi lampi di terrorismo...». L'esternazione a «Prima pagina» lascia l'amaro in bocca anche a chi è entrato spesso in polemica con Galante. «Se si potesse fare un paragone con la Storia senza sembrare troppo presuntuosi - sorride Indro Montanelli -, direi che lui è un giacobino e io un girondino. Ma questo non signifi- ca nulla: sul piano comportamentale è un esempio di dirittura, di coerenza, di democrazia, di legalità. Come si può paragonarlo ai brigatisti? - continua - E poi Galante Garrone ha scritto che se esistono motivi di salute la detenzione di Renato Squillante deve cessare subito. Che cosa c'è di eversivo in tutto ciò? Come si può dire che chi scrive queste cose ragiona come ragionavano i brigatisti? Mi sembra follia...». Sullo stesso piano del grande vecchio del giornalismo italiano un giovane intellettuale di destra. «Certi paragoni azzardati li ho sentiti fare spesso, riferiti a gente che faceva politica nei miei paraggi - spiega Marcello Veneziani -. Per questo non mi piace che si facciano altrove. Galante Garrone? Non mi è mai piaciuta la sua analisi storica del '900. Ma certi paragoni no, non hanno senso. Sono forzature paradossali, d'accordo, ma è troppo facile accusare di terrorismo chi ha opinioni diverse dalle nostre. Anche perché, e lo dice uno che non ama Galante Garrone, il suo fondo di ieri mi sembrava molto equilibrato». Un'opinione che fa infuriare Nicola Matteucci, altro intellettuale di destra. «Eqjuilibrato? - sbotta - Quel fondo era vergognoso. Squillante non è un gangster, è un giudice di grande prestigio: metterlo in carcere in questo modo è un'offesa alla magistratura onesta. E allora lo sciopero della fame non è soltanto un diritto. E' una cosa giusta, e di grande dignità. Piuttosto, prima di scrivere Galante Garrone dovrebbe ripassarsi il codice. E per le persone anziane la carcerazione preventiva è consentita solo in casi straordinari». Così scriveva sulla Stampa di ieri Alessandro Galante Garrone: «Se sussistono, seriamente comprovati da imparziali esperti medici, motivi di salute, non si prolunghi neppure di un giorno, di un'ora la sua detenzione. Tanto più che, avendo egli superato di un anno la settantina, il suo imprigionamento sarebbe giustificato solo per ragioni eccezionali...». Guido Tiberga Norberto Bobbio: mi spaventa che la radio di Stato dia spazio a invettive che negano la realtà Da sinistra: Indro Montanelli e Norberto Bobbio? Nella foto grande a destra: il direttore del «Foglio» Giuliano Ferrara

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